"Significativa la concezione deterministica di Marco Aurelio Antonino, che, nei suoi "Ricordi", si manifesta nella forma di una angosciosa preoccupazione di determinare la propria esistenza individuale come necessità assoluta: così il senso del dovere, la bontà, lo scrupolo eccessivo nell'evitare errori personali, ecc. devono per lui poggiare su un fondamento certo e necessario. Egli non accetta, quindi, la contraddizione esistente tra la necessità della sua esistenza complessiva di imperatore e il caso relativo alla propria esistenza individuale.
Per Antonino "Ogni cosa è profondamente intrecciata con le altre; sacro è il filo che tiene legate le cose. Nessuna, certamente, può dirsi estranea a un'altra". Il caso individuale viene, in questo modo, respinto e sostituito dalla connessione causale di tutte le cose, che egli attribuisce alla Provvidenza divina. "Del resto -scrive- a un bove nulla può accadere che non sia bovino; a una vigna nulla che non appartenga all'ordine delle viti; né a una pietra cosa estranea all'ordine petrigno".
E' qui espresso, ingenuamente, l'errore tipico del determinismo riduzionistico che non distingue qualitativamente la condizione della singola cosa da quella del suo genere e dal complesso particolare al quale può casualmente appartenere. Al singolo bove, infatti, poteva capitare più di una sorte oltre a quella specifica del suo genere: dal condurre un aratro a diventare oggetto di culto, dal finire "sacrificato" su un altare o, più frequentemente, in forma di bistecche alla griglia. E a una singola pietra poteva capitare di finire, per caso, calpestata in un selciato oppure adorata in un altare, o, peggio ancora, utilizzata per una lapidazione.
E' qui espresso, ingenuamente, l'errore tipico del determinismo riduzionistico che non distingue qualitativamente la condizione della singola cosa da quella del suo genere e dal complesso particolare al quale può casualmente appartenere. Al singolo bove, infatti, poteva capitare più di una sorte oltre a quella specifica del suo genere: dal condurre un aratro a diventare oggetto di culto, dal finire "sacrificato" su un altare o, più frequentemente, in forma di bistecche alla griglia. E a una singola pietra poteva capitare di finire, per caso, calpestata in un selciato oppure adorata in un altare, o, peggio ancora, utilizzata per una lapidazione.
Riguardo alla provvidenza divina, Antonino è perplesso in relazione a due possibili interpretazioni, che anticipano il riduzionismo teologico del Seicento (Leibniz, Bayle, ecc.): o "la mente universale provvede coll'impulso del suo dovere ai singoli fatti", "oppure una volta per sempre quella volontà ha provveduto, e il successivo svolgersi degli eventi dipende da quella prima determinazione". Come si vede, la teologia può giustificare il suo determinismo divino con due possibili soluzioni, l'una più imbarazzante dell'altra.
Ma Antonino è còlto da un dubbio indeterministico che suscita in lui un'interessante riflessione, con la quale chiudiamo il discorso: "Insomma, se vi è un Dio, tutto procede bene, se un caso, ebbene non procedere tu pure a caso". Insomma, o è la necessità deterministica o è il caso indeterministico. Ma se il singolo individuo è sottoposto al caso, ciò non significa che egli debba necessariamente comportarsi a casaccio."
* Scritti del 1985
* Scritti del 1985
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