mercoledì 8 novembre 2017

A proposito dell'Unità d'Italia: il metodo cavouriano e il metodo garibaldino" 6)*

"La politica italiana, dall'unità ad oggi, è stata contrassegnata da due metodi opposti che derivano dai due principali artefici dell'unificazione, Cavour e Garibaldi.

1) Come capo incontrastato del parlamento piemontese, Cavour sa come cogliere tutte le opportunità, comprendere tutte le sfumature, aggirare gli ostacoli, utilizzare l'intrigo e la corruzione pur di raggiungere i risultati voluti. Ma quando gli avvenimenti prendono la forma di azione militare e rivoluzionaria, perde il controllo della situazione e dei suoi nervi. Il suo metodo non lo sostiene più ed egli comincia ad agitarsi fino al parossismo. Con Cavour l'arte politica del compromesso e dell'intrigo, spinta all'estremo dell'azione militare, si rovescia nell'invettiva più appassionata e nel rifiuto inflessibile del compromesso.

Così, quando Napoleone manifesta la sua volontà di chiudere rapidamente la guerra contro gli austriaci, con l'approvazione e il benestare del re Vittorio Emanuele, Cavour si oppone fino a mettere a repentaglio la propria posizione e carriera politica. Nel momento in cui l'azione militare porta alcuni frutti, ma non quelli sperati nell'immediato, Cavour perde la qualità politica che lo contraddistingueva: l'arte del compromesso, l'arte della paziente tessitura, ed "eroicamente", si potrebbe dire "alla garibaldina", mette a repentaglio se stesso.

2) Come generale, Garibaldi è duttile, accorto e astuto, sa come manovrare con decisione e senza timori, accettando i rischi dell'inferiorità numerica, manifestando personale eroismo e suscitandolo nelle sue truppe. Ma, quando gli avvenimenti prendono una piega politica, egli perde il controllo della situazione e di se stesso. Il suo metodo non lo sostiene più: la sua invettiva incosciente e sconnessa lo porta a cadere vittima di meschini intrighi.

La più precisa definizione delle due personalità più importanti della storia dell'unità d'Italia è la seguente: Cavour fu un politico intrigante fino al limite dell'incosciente eroismo (quando dalla diplomazia politica si passò alle armi) e Garibaldi fu un generale eroico, fino all'intrigo più incosciente (quando dalle armi si passò alla diplomazia politica).

L'uno fu la mente politica quanto l'altro il braccio militare dell'unificazione italiana. Ma quando le circostanze portarono l'uno nel campo dell'altro, risultò evidente che l'Italia avrebbe potuto ottenere ben altri risultati se, come aveva insegnato Clausewitz, entrambi avessero collaborato portando ciascuno il contributo personale dell'arte propria, rispettivamente, la politica e la guerra, invece d'invadere il campo altrui.

Essi non furono un unico cervello e un unico corpo su due gambe (arte politica e arte militare), ma furono due cervelli e due corpi, ciascuno con una gamba valida e una zoppa. Inevitabile che, su un terreno accidentato come fu quello della rivoluzione democratica e della guerra di liberazione nazionale, essi dovessero inciampare, spesso, con la gamba claudicante.

La politica italiana, in seguito, ha ereditato i difetti delle due massime personalità dell'unificazione. L'attuale "democrazia zoppa" altro non è che questo: ha ereditato da Garibaldi, il "garibaldinismo parlamentare incosciente, che diviene facile vittima degli intriganti; e ha ereditato da Cavour l'intrigo "militare", che diviene facile vittima degli incoscienti". Come non intravedere oggi, rispettivamente, Craxi e Andreotti?


* Scritti del 1985

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