sabato 2 dicembre 2017

1) Il carattere feticcio della merce e il suo arcano

Dice Marx che la merce sembra, a prima vista una cosa ovvia e persino triviale, ma dalla "sua analisi risulta che è una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezze metafisiche e di capricci teologici". Quindi, si chiede: "Di dove sorge dunque il carattere enigmatico del prodotto di lavoro appena assume la forma di merce?" E risponde: "Evidentemente, proprio da tale forma". Per gli scopi della nostra indagine è fondamentale tornare alla distinzione che Marx opera tra i "lavori privati" e il "lavoro sociale complessivo", Egli dice che: "Gli oggetti d'uso diventano merci, in genere, soltanto perché sono prodotti di lavori privati, eseguiti indipendentemente l'uno dall'altro. Il complesso di tali lavori privati costituisce il lavoro sociale complessivo".

E' solo se si concepisce questa distinzione qualitativa che si può comprendere la differenza che passa tra la necessità e il caso, ossia tra ciò che può essere definito nella legge scientifica e ciò che non può esserlo. I singoli lavori privati appartengono alla sfera del caso, mentre il complesso di tali lavori, ossia il lavoro sociale complessivo, appartiene alla sfera della necessità. I lavori privati -scrive Marx- producono oggetti utili, valori d'uso e "solo all'interno dello scambio reciproco i prodotti del lavoro ricevono un'oggettività di valore socialmente uguale, separata dalla loro oggettività d'uso materialmente differente. Questa scissione del lavoro in cose utili e cose di valore si effettua praticamente soltanto appena lo scambio ha acquistato estensione ed importanza sufficienti affinché cose utili vengano prodotte per lo scambio, vale a dire affinché nella stessa produzione venga tenuto conto del carattere di valore delle cose".

E così le merci seguono, per così dire, la sorte loro derivata dalla differente considerazione del lavoro che le ha prodotte; quindi, anche le merci vanno considerate dal duplice punto di vista delle singole cose utili (prodotte dai lavori privatti) e del complesso delle cose di valore (prodotte dal lavoro sociale complessivo): le prime, tra loro materialmente differenti, le seconde, tra loro socialmente uguali. Possiamo, perciò, considerare le cose utili come appartenenti alla sfera del caso e le cose di valore come appartenenti alla sfera della necessità.

In sostanza, la distinzione operata da Marx tra lavori privati e lavoro sociale complessivo, e tra cose utili e cose di valore, ci permette di sostenere che il punto di partenza, ossia i lavori privati che producono cose utili, rientra nella sfera del caso, e che il punto d'arrivo, ossia le cose di valore prodotte dal lavoro sociale complessivo, rappresenta la necessità nella quale il caso si è rovesciato. E questo passaggio dal caso singolo alla necessità complessiva rappresenta il modo nel quale si manifesta il processo di produzione e di circolazione semplice delle merci.

Nella realtà della produzione e della circolazione semplice delle merci, le due sfere, quella del caso e quella della necessità, pur separate, sono inscindibili e interdipendenti, rappresentando i due poli di una contraddizione dialettica, poli che si rovesciano continuamente l'uno nell'altro. Ciò che la scienza dell'economia politica deve fare, come ogni altra scienza, è di operare la giusta distinzione tra le due sfere, per poter depurare il fenomeno dal caso, eseguire  l'analisi della necessità e scoprire le sue leggi (prima fra tutte, posta a fondamento, la dipendenza della necessità dal caso).

Si tratta, dunque, di vedere come avviene il passaggio dalla sfera dei singoli produttori di singoli generi di merci alla sfera della necessità del complesso dei produttori di tutti i generi di merci. Punto di partenza è l'interesse dei singoli produttori a sapere quanti prodotti altrui riceveranno  per il proprio prodotto. E' il problema di sapere "in quale proporzione si scambiano i prodotti". Scrive Marx che osserva: "Appena queste proporzioni sono maturate raggiungendo una certa stabilità abituale, sembrano sgorgare dalla natura dei prodotti del lavoro, cosicché per esempio una tonnellata di ferro e due once d'oro sono di eguale valore allo stesso modo che una libbra d'oro e una libbra di ferro sono di eguale peso nonostante le loro differenti qualità chimiche e fisiche. Di fatto il carattere di valore dei prodotti del lavoro si consolida soltanto attraverso la loro attuazione come grandezze di valore".

Abbiamo visto che la casualità dei singoli lavori privati si rovescia nell'opposto, nella necessità del lavoro sociale complessivo, e che la casualità dei singoli valori d'uso si rovescia, a sua volta, nell'opposto, nella necessità del valore di scambio. Ma ciò appare come se la necessità del valore di scambio fosse un effetto naturale dei singoli lavori privati, come se i valori d'uso fossero già naturalmente valori di scambio. Sembra, cioè, che la determinazione di valore dei prodotti del lavoro complessivo fosse puramente casuale, come lo è la sfera dei singoli prodotti dei singoli lavori privati.

Invece: "Le grandezze di valore cambiano continuamente, indipendentemente dalla prescienza e dall'azione dei permutanti, per i quali il loro proprio movimento sociale assume la forma di un movimento di cose, sotto il cui controllo essi si trovano, invece di averle sotto il proprio controllo. Occorre che ci sia una produzione di merci completamente sviluppata, prima che dall'esperienza stessa nasca la cognizione scientifica che i lavori privati -compiuti indipendentemente l'uno dall'altro, ma dipendenti l'uno dall'altro da ogni parte come articolazioni naturali spontanee della divisione sociale del lavoro- vengano continuamente ridotti alla loro misura socialmente proporzionale, perché nei rapporti di scambio dei loro prodotti, casuali e sempre oscillanti, trionfa con la forza di una legge naturale regolatrice, il tempo di lavoro socialmente necessario per la produzione, così come per esempio trionfa la forza della legge di gravità, quando la casa ci capitombola sulla testa".

Marx scopre che la legge naturale del tempo di lavoro socialmente necessario è la necessità nella quale si rovesciano i rapporti di scambio casuali e sempre oscillanti dei prodotti dei lavori privati. Ma sembra non essere consapevole del rovesciamento dialettico del caso nella necessità, altrimenti l'avrebbe affermato esplicitamente. Invece, afferma: "La determinazione  della grandezza di valore mediante il tempo di lavoro è quindi un arcano celato, sotto i movimenti appariscenti dei valori  relativi delle merci. La sua scoperta elimina la parvenza della determinazione casuale della grandezza di valore dei prodotti del lavoro, ma non elimina affatto la sua forma oggettiva".

Il determinismo imperante nell'Ottocento non poteva ammettere che il caso "determinasse", ossia stabilisse la necessità, nella forma di media statistica. E, del resto, Marx, pur avendo trovato la soluzione, non ha visto in questa il fondamento di una nuova logica:  la dialettica di caso e necessità. L'uomo è parte della natura, è la specie animale più evoluta, prodotta dall'evoluzione cieca e inconsapevole della materia. L'uomo, creando il processo capitalistico di produzione e di scambio, ha creato un processo sociale naturale; naturale in quanto processo sorto in maniera spontanea, inconsapevole, non predeterminata, e perciò fuori dal controllo del suo creatore, allo stesso modo nel quale è incontrollabile qualsiasi processo naturale.

In definitiva, la conoscenza dei processi naturali, compreso quello della produzione umana, sebbene costituisca il punto di partenza per poterli porre sotto controllo, non modifica la loro oggettività, ossia la loro cieca necessità. "La scomposizione scientifica dell'aria nei suoi elementi ha lasciato sussistere nella fisica l'atmosfera come forma corporea", ha notato ironicamente Marx. La scoperta dell'arcano della merce non elimina affatto la sua forma oggettiva. La scoperta della cieca necessità non è ancora libertà: è soltanto la base sulla quale può fondarsi la libertà.


Tratto da "La dialettica caso-necessità nella storia" (2003-2005)

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