lunedì 31 luglio 2017

Caso e necessità da Monod a Boniolo: di male in peggio!

Nel Capitolo 8 del libro "Filosofia e scienza della vita" (2008), scritto a più mani dal professor Boniolo e dai suoi allievi-assistenti, il principale autore affronta il tema "Monod e il caso e la necessità". Partendo dalla convinzione che Monod non abbia chiarito a fondo la questione del rapporto caso-necessità, Boniolo la prende molto alla larga partendo da Galileo. Ma nel criticare, a mia volta, la sua incomprensione dei rapporti di causa-effetto e di caso-necessità, mi limiterò ai tempi nostri, prendendo subito in considerazione il suo formalismo.

Al punto 1), dopo aver preso in considerazione i sistemi deterministici, Boniolo afferma: "Quando accade che non riusciamo a determinare univocamente l'evoluzione di un sistema siamo di fronte a un sistema non deterministico, ossia a un sistema probabilistico". Si tratta della probabilità laplaciana, conseguente la nostra ignoranza a determinare un sistema, ecc. Ma poi si chiede: "E il caso?" La sua risposta è un modo molto sofistico di sbarazzarsi del problema: "Non esiste il caso a livello di rappresentazione scientifica, sebbene possa esistere a livello metafisico (?!)"

Una simile risposta, persino in corsivo, sembra qualificare il nostro autore come un determinista assoluto che respinge il caso alla maniera degli antichi greci. Ma, poi, egli sembra concedere una chance al caso: "Senza addentrarci in questioni metafisiche, per evitare ogni problema (sic!) è sufficiente essere un pò cauti (!) e affermare che la scienza ci parla anche di eventi casuali e, di conseguenza, anche di processi casuali. Con questo s'intende che ci sono eventi la cui realizzazione è legata a cause che, per qualche motivo, sono indeterminate o indeterminabili (!), ma che tuttavia possono essere trattati con leggi di probabilità. Ne segue che, se proprio si volesse parlare di leggi del caso, dovremmo intendere leggi di probabilità'".

E fin qui nulla di nuovo. Questa è la posizione tradizionale del determinismo classico del Settecento e dell'Ottocento (Laplace, ecc.), che accettò a malincuore la probabilità statistica solo a motivo dell'ignoranza delle cause. La novità consiste, invece, nel fatto che Boniolo compie un'operazione illogica, per il principale fine che intende raggiungere: "1) Il determinismo non deve essere identificato con la causalità. Infatti, mentre ogni sistema deterministico è causale, o può essere ridotto a sistema causale, non ogni sistema causale è deterministico (!?), come prova il fatto che vi sono sistemi causali probabilistici (sic!), ossia sistemi dove dato un evento-causa non sempre abbiamo un correlato evento-effetto".

Occorre qui sottolineare che, nonostante studi decennali, chi scrive non aveva mai incontrato una simile distinzione tra determinismo e causalità. Ma se manca l'effetto dove sta la causa? Da sempre causa ed effetto si sono determinati a vicenda, tanto che Hegel giudicò il loro rapporto una tautologia. Boniolo risponde con esempi empirici, cioè ponendosi su un terreno non propriamente gnoseologico: "Per esempio, mentre è corretto sostenere che il fumo causa il cancro, è invece errato affermare che il fumo determina il cancro, poiché c'è un legame causale di tipo probabilistico tra cancro e fumo"

Ciò che qui non si comprende è il fondamento teorico di questa distinzione tra causalità e determinismo. Innanzi tutto, Hegel lo aveva visto bene, il rapporto causa-effetto è una tautologia: esiste la causa perché esiste l'effetto e viceversa. Mentre, una causa che produce probabilità non è mai esistita. Ciò che, invece, appare chiaro è che Boniolo è così fermamente causalista da sacrificare alla causa persino le probabilità, in questo modo dimostrando d'essere un sostenitore assoluto del rapporto di causa-effetto, anche a costo di sacrificare il concetto di determinismo, sul quale rovesciare tutte le contraddizioni irrisolte che favoriscono il caso e sottraggono la necessità alla causalità.

Come qui di seguito: "Non dobbiamo dimenticare, infatti, che all'interno dei sistemi biologici e biomedici vi è spazio quasi solo per la causalità probabilistica". Se in questo modo Boniolo ha creduto di poter criticare Monod sul piano filosofico, non poteva certo accorgersi di aver inventato una mostruosità teorica. Tradotta in maniera concettualmente corretta, la sua pretesa "causalità probabilistica" è, realmente, il caso probabilistico, ovvero il caso relativo al singolo che si rovescia dialetticamente nella necessità della frequenza statistica relativa al complesso.

Al punto 2) egli poi dichiara, sulla sua parola, che "il determinismo non deve affatto essere identificato con la prevedibilità", imbarcandosi in distinguo contraddittori che solo lui ha creato in barba alla storia della teoria della conoscenza. Inoltre, sempre sulla sua parola, dichiara: "3) Il determinismo scientifico non nega il libero arbitrio". Insomma, Boniolo vuole ripararsi anticipatamente dalle contraddizioni che inevitabilmente sorgono tra sua teoria e le numerose teorie del passato.

Ma è soprattutto sulle molteplici definizioni di casualità che egli mostra d'essere rimasto pur sempre ancorato al passato, quando per casuale si intendeva solo ciò che rimaneva indeterminato perchè ancora ignoto. Nella sua disanima compare persino la vecchia concezione aristotelica del caso come risultato di interazione fra due catene causali distinte. Insomma, Boniolo è un causalista assoluto che, però, non accetta d'essere considerato un determinista assoluto. Per lui la causa è onnipresente e non scompare neppure di fronte agli urti casuali dei componenti di una cellula, che pure egli considera troppo numerosi per essere determinati. In parole povere: per lui, se il determinismo in natura è spesso disatteso, la causa non lo è mai, anche se può essere ridotta a probabilità: è così che nasce la causa probabilistica! Un altro ossimoro!

In questa visione che annulla completamente il caso, riducendolo a causa probabile, sorge inevitabilmente "5. Il problema della necessità". Qui Boniolo sembra imitare Aristotele, pur con la sua personale difficoltà a definire la necessità: "Tuttavia, pur se avessimo chiarito astrattamente che cos'è la necessità, avremmo sempre bisogno di correlare la necessità logica con la necessità fisica e con la necessità biologica".

Da circa un trentennio l'autore di questo blog studia per verificare, nelle scienze della natura e della società umana, una nuova teoria della conoscenza, fondata sulla dialettica caso-necessità. Perciò, dovrebbe essere abbastanza sorpreso che un professore universitario, con un nutrito seguito di assistenti collaboratori, abbia il problema di definire la necessità in fisica e in biologia. Se non è sorpreso è perché sa con certezza che senza definire l'oggettivo caso è impossibile definire l'oggettiva necessità, rapresentando entrambi i rispettivi poli della dialettica caso-necessità.

Infine, Boniolo si chiede: "Allora che cos'è la necessità biologica? Sicuramente né Monod, né del resto alcun altro finora, sembra averlo chiarito. Ebbene, questo è un problema filosofico serio, un problema che è ancora nell'agenda dei filosofi della biologia, un problema su cui prima o poi occorrerà puntare l'attenzione..."

Perché "prima o poi" e non subito? Forse, per non dover prendere in considerazione gli "Studi e riflessioni di un autodidatta"?

2 commenti:

  1. Chi è lei ?
    Si manifesti !
    Pietro De Michelis, è uno pseudonimo ?

    RispondiElimina
  2. Mi scusi per il ritardo dovuto alla "distrazione" della memoria. Le risponderò che sono uno studioso che ha avuto un'intuizione nel lontano 1985 e da allora ha studiato per verificare la dialettica caso-necessità nella teoria della conoscenza, in fisica, in biologia e nella storia. I libri studiati sono stati non pochi. Vicino ai mille e ho la barba... come Garibaldi.

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...