sabato 8 luglio 2017

I] I cosiddetti costituenti ultimi della materia

La materia si presenta in diverse forme sia a livello microscopico che a livello macroscopico. Il denominatore comune di ogni forma materiale è rappresentabile concettualmente come energia, che, nella formula di Einstein, E=mc2, rappresenta la vera essenza della materia. Quando l'energia si manifesta come radiazione, calore, ecc., in queste forme, modifica determinati stati della materia. E qui vale il principio dialettico secondo il quale una diversa quantità si rovescia in una diversa qualità. Ciò che può essere inteso anche come distruzione di una determinata forma materiale e creazione di un'altra forma materiale.

I fisici, che vedono principalmente la quantità senza considerare affatto la dialettica quantità-qualità, credono che la materia vada indagata nella forma di composti dei quali sia necessario conoscere i componenti, e giù giù fino ai componenti ultimi. L'idea  di uno o più componenti ultimi della materia offre loro il vantaggio di poter utilizzare lo strumento matematico senza dover troppo scervellarsi nel tentativo di riflettere la natura mediante concetti e nessi logici.

A causa di questa preferenza per la quantità, i fisici quantistici, che studiano le particelle, dimenticano persino di applicare agli esperimenti realizzati negli acceleratori quel principio che applicarono all'osservazione dell'elettrone mediante il fotone: ossia, che l'osservazione "disturba", modificandolo, l'oggetto dell'indagine stessa. L'energia utilizzata in questi esperimenti è, infatti, talmente elevata da non permettere di "vedere" il medesimo oggetto, perché trasformato in qualcosa d'altro. Si tratta, perciò, di comprendere questa trasformazione.

Quando i fisici quantistici pensano di trovare altri costituenti ultimi della materia, a distanze inferiori alla 10 -16 cm, compiono più di un errore di metodo: 1) se fosse possibile trovare costituenti ultimi, non esisterebbe un limite a questa ricerca, perché la "distanza" di 10 -16 cm è molto lontana dalla minima "distanza" ipotizzata per la "massa di Planck" -il massimo di energia raggiungibile teoricamente e raggiunto praticamente, forse, soltanto nel big bang; 2) non tengono presente che ogni diversa forma materiale è il risultato di una evoluzione della materia fisica, evoluzione fondata su un grande dispendio di energia; 3) non considerano che questa evoluzione è irreversibile perché l'energia dissipata è perduta realmente per l'attuale ciclo, e questa perdita significa che le forme materiali primordiali sono nel frattempo scomparse.

L'estinzione non è un fenomeno della sola materia vivente. Anche se, a differenza della materia vivente che non può tornare in vita, la materia fisica che si è estinta, quando riceve un adeguato apporto di energia, può "resuscitare". Nel mondo organico ciò che si estingue o scompare del tutto o rimane come fossile. Nel mondo inorganico ciò che si estingue scompare, ma poiché la sua esistenza dipende soltanto da un dato livello di energia (più elevato), ogni raggiungimento locale di quel dato livello di energia significa "resuscitare" la determinata forma materiale precedentemente estinta. E' ciò che avviene comunemente negli acceleratori di particelle.

Ma se, ad esempio, si fornisce energia sufficiente a "liberare"  protoni e neutroni da un atomo, che cosa vedremo? I componenti di questo atomo o non piuttosto le particelle com'erano prima di combinarsi entro l'atomo con perdita di energia? In altre parole, possono nell'atomo esistere i nucleoni come elementi soltanto legati e che un pò di energia può liberare? Se la risposta fosse affermativa, così infatti la pensano i fisici, domandiamoci ancora: possono i quark esistere nel nucleone come elementi legati? Poiché il difetto di massa dei quark è così elevato che gli attuali acceleratori non sono ancora riusciti a "liberarli", tra i quark liberi e i "quark" entro il nucleone c'è evidentemente un'enorme differenza di energia.

Insomma, quando si parla di quark, il paradosso è che non riusciamo a vederli liberi perché la loro libertà richiede una "cauzione" di energia che non siamo in grado di pagare, e non riusciamo a vederli "incarcerati" nel nucleone per il solito motivo che per vederli dovremmo prima liberarli. Ma, a livello di energia inferiore, qual è quello dei nucleoni, se non possiamo vederli dentro il nucleo atomico, possiamo però vederli liberati perché possiamo pagare la "cauzione" di energia.

I quark rappresentano, perciò, forme materiali primordiali, che potevano esistere in un universo ancora molto caldo e che, forse, possono ancora esistere in nuclei galattici molto caldi, in momenti di forti compressioni gravitazionali che siano in grado di raggiungere la loro energia, cosidetta, di legame (o difetto di massa). Potremmo, perciò, dire che allo stesso modo in cui, nelle distanze infinitamente grandi, possiamo vedere la materia macroscopica com'era miliardi di anni fa, così, nelle distanze infinitamenti piccole, subnucleari, possiamo vedere, ricreandone le condizioni energetiche, la materia microscopica com'era ai primordi dell'universo.

Ma occorre aver chiara l'idea che, entro una forma materiale non esistono elementi componenti, così come non esistono protoni e neutroni in un atomo, o quark in un nucleone. Ciò che i fisici chiamano, ora, energia di legame, ora, difetto di massa altro non è che la manifestazione del fatto che diversi nucleoni, costretti in un atomo (o diversi quark costretti in un nucleone), con perdita di energia, dànno una combinazione qualitativamente diversa, che nulla ha a che vedere con un composto, i cui componenti sarebbero tenuti insieme da una forza.

La visione semplicistica e riduzionistica di una materia composta di componenti, riducibili a costituenti ultimi, se aveva un senso in un'epoca nella quale la materia fisica non sembrava seguire processi evolutivi, -e l'individuazione dei "componenti" non richiedeva grande dispendio di energia, e quindi una modificazione quantitativa tale da modificare anche la qualità- oggi non ha più alcun senso. Ma la fisica quantistica, invece di studiare il movimento della materia, ossia l'energia, si è data al preteso studio di cose e oggetti che essa chiama particelle, scomponibile e ricomponibili.

A questo proposito, occorre ricordare almeno un paio di cose ai fisici contemporanei: la prima riguarda ciò che la scuola di Copenaghen aveva denunciato come osservazione che disturba: l'osservazione in fisica trasforma sempre l'oggetto osservato perché lo investe di energia, e ogni assorbimento di energia, oltre a una certa soglia, significa cambiamento di qualità. Insomma, il fisico sperimentale "disturba" a tal punto da ricreare forme materiali primordiali che si sono "estinte" in quelle attuali. La seconda cosa da ricordare riguarda la lunga querelle tra la concezione corpuscolare e quella ondulatoria della materia, "risolta" da Bohr con un compromesso che pose sullo stesso piano il concetto di onda e il concetto di corpuscolo.

Ma gli epigoni di Bohr hanno posto la particella sul trono della fisica quantistica. La particella, ormai, è tutto: è oggetto ed è movimento, è campo, esiste ancor prima di esserci, proviene dal nulla, può essere reale, ma anche virtuale. Così, la ricerca delle particelle è divenuta un'ossessione dalla quale la fisica non può essere liberata in altro modo che dal crollo del suo enorme castello di carta (carta riempita di modelli matematici, fondati per la maggior parte su esperimenti soltanto ideali).

La situazione paradossale della fisica quantistica è che l'idealismo, che la permea fin dal tempo della scuola di Copenaghen, ha trasformato il corpuscolo materiale in astratte particelle distanti dalla realtà e dalla intuizione, ma protagoniste di modelli matematici, e, nel contempo, ha costretto enormi macchine molto dispendiose, a cercarle proprio come se fossero oggetti reali. Sarebbe ora di rendersi conto che occorre tornare allo studio del movimento della materia, ossia dell'energia, inteso come dialettica repulsione-attrazione. Gli acceleratori sarebbero, in questo senso, strumenti formidabili.

Tratto da "La dialettica caso-necessità in Fisica" Volume secondo (1993-2002)

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