Il fondamento riduzionistico dell'immaginario mondo a quattro dimensioni
Nella concezione dialettica l'oggetto necessario da indagare è il complesso, mentre i singoli elementi che lo costituiscono sono sottoposti al caso. Il riduzionismo metafisico parte, invece, dal singolo oggetto di un complesso e cerca di determinarlo come fondamento necessario della sua indagine. Il riduzionismo della geometria si esprime col concetto di punto. Nella geometria relativistica il fondamento riduzionistico è rappresentato dal concetto di evento: "Un punto dello spazio-tempo, cioè un dato istante in un dato luogo, viene chiamato "evento"* L'evento, così definito, è il punto di partenza per la definizione geometrica di concetti come lunghezza, distanza, intervallo, e per la determinazione di formule corrispondenti.
Ma che cosa rappresenta il concetto di evento dello spazio-tempo? Che cosa riflette? Come è stato pensato? Il fisico R.M. Wald ha cercato di rispondere a queste domande in "Teoria del big bang e buchi neri" (1995). Egli parte dalla seguente domanda: "Quali sono le proprietà intriseche dello spazio e del tempo?" Come Eddington anche Wald sembra cercare proprietà oggettive dello spazio e del tempo, ma precisa che per proprietà intrinseche egli intende proprietà che siano "senza riferimento agli oggetti e ai campi che possono essere presenti e senza riferimento agli osservatori che li studiano".
Le proprietà che Wald cerca sono puramente geometriche, così come geometrica è la definizione di concetto di evento: "nel linguaggio quotidiano, un evento è qualcosa che avviene in un certo luogo e in un certo momento. Per noi ogni punto dello spazio, e in ogni istante di tempo (anche se in quel punto e in quell'istante non si verifica niente di particolare), sarà definito un evento. Si può pensare che lo spazio e il tempo siano costituiti di eventi: la somma di tutti questi eventi comprende tutto lo spazio e tutto il tempo".
Questa definizione, fisicamente senza senso, è una pura astrazione geometrica: gli "eventi" sono generici punti nello spazio, in ogni istante, che non riflettono nulla di fisico. Che poi la somma di tutti questi "eventi" dia come risultato lo spazio-tempo inseparabile è una conseguenza che non deriva direttamente dalla definizione di evento. Wald si limita a rassicurare il lettore: "corrisponde alla verità (sic!) il pensare lo spazio-tempo come due concetti inseparabili".
"La prima caratteristica importante dello spazio-tempo sta nel fatto che esso è quadrimensionale". Wald, di nuovo, assicura il lettore che non si deve stupire di questo, perché "in realtà, l'affermazione che lo spazio-tempo è quadrimensionale è un dato di fatto che non ha niente di arcano (e che anzi è noto a tutti). Corrisponde semplicemente a dire che per definire un evento occorre sempre dare quattro numeri, uno che si riferisce al tempo e gli altri tre per definire le posizioni nello spazio".
Quattro numeri, dei quali tre sono relativi alle tre coordinate cartesiane e uno è relativo al tempo, non producono immediatamente l'idea dello spazio-tempo quadrimensionale, altrimenti quest'idea non avrebbe atteso tanti secoli prima di manifestarsi nella mente di un fisico un pò autistico come Einstein. Ma andiamo avanti: arrivati a questo punto Wald afferma semplicemente che per descrivere gli eventi che si verificano nello spazio-tempo è molto utile tracciare disegni, chiamati diagrammi quadrimensionali. Lo spazio-tempo quadrimensionale, fin qui, è dunque, soltanto, un'utile convenzione geometrica.
Prendiamo ora in considerazione un testo specialistico utilizato nel Corso di fisica teorica dell'università di Mosca, negli anni quranta, scritto da L. Landau e E. Lifsits: "Teoria dei campi". E consideriamo la seguente definizione: "Useremo spesso in seguito il concetto di evento: un evento è definito dal punto e dall'istante in cui avviene". In questa definizione, come anche nella precedente definizione di Wald, l'evento è definito dal punto e dall'istante, dunque punto e istante sono concetti separati. Si tratta di una definizione ancora tridimensionale, con l'aggiunta del tempo come qualcosa di separato, distinto dalle coordinate spaziali.
E lo stesso si può dire anche per la successiva definizione: "Un evento relativo ad una particella materiale è quindi determinato dalle tre coordinate di questa particella e dall'istante in cui esso si è verificato". L'unica differenza tra i fisici russi e Wald è che i primi definiscono l'evento in relazione alla materia, mentre il secondo lo definisce come generico evento. Ma come si passa da questa tridimensionale definizione di evento allo spazio-tempo quadrimensionale? Secondo Landau e Lifsits: "Per ragioni di chiarezza, è talvolta comodo utilizzare un immaginario spazio quadrimensionale sui cui assi si pongono le tre coordinate spaziali e il tempo. In questo spazio un evento sarà rappresentato da un punto".
Concepire un "immaginario spazio quadrimensionale" non è la stessa cosa che concepire lo spazio-tempo quadrimensionale o, peggio ancora, lo spazio-tempo quadrimensionale come il reale mondo assoluto di Eddington. La differenza tra l'immaginaria quadrimensionalità come utile finzione e la reale quadrimensionalità come proprietà intrinseca del mondo assoluto è il risultato di una differente concezione interpretativa. Si tratta di un problema di teoria della conoscenza, di un problema sul quale i fisici si sono sempre divisi non sapendo come risolverlo.
Abbiamo già incontrato questo problema nella fisica quantistica, problema che ha prodotto divisioni tra fisici materialisti, idealisti e agnostici. Abbiamo anche già preso in considerazione la spensierata nonchalance gnoseologica di Einstein, il quale, per sua stessa ammissione, poteva essere ora "realista" (ossia materialista), ora idealista, ora machista, ecc., senza sentirsi minimamente toccato da scrupoli di coerenza. Così fan tutti: i fisici relativisti non sono coerenti dal punto di vista gnoseologico, ma tutti accettano lo spazio-tempo quadrimensionale, ciascuno con la propria versione interpretativa; e solo pochi criticano seriamente le versioni opposte.
Eddington, che possiamo definire un materialista ingenuo, sostiene, nella sua concezione sulla "natura delle cose", sia la realtà degli atomi, sia la realtà dello spazio-tempo quadrimensionale, in contrapposizione al convenzionalismo. A chi pensa che l'universo quadrimensionale sia semplicemente "un'illustrazione di processi matematici", risponde che "l'universo a quattro dimensioni non è una semplice illustrazione; è il mondo reale della fisica, cui si arriva nel modo mediante il quale la fisica ha sempre (a diritto o a torto) mirato alla realtà".
Per maggiore precisione, Eddington sostiene che "l'universo reale a tre dimensioni è un concetto antiquato, e deve essere sostituito dallo spazio-tempo a quattro dimensioni con proprietà non euclidee". Ora, astraendo da ogni concezione generale "sulla natura delle cose", rimane il fatto particolare che un universo, fino allora concepito con tre dimensioni (coordinate) spaziali, è stato sostituito da un universo a quattro dimensioni (coordinate) con l'introduzione della dimensione (coordinata) temporale. Ma come può la misura del tempo, ossia la misura della successione temporale delle cose (fenomeni, processi) acquisire una nuova dimensione analoga alle tre dimensioni spaziali, come pretende la relatività di Einstein?
Poiché a questa domanda abbiamo già risposto nel precedente capitolo dimostrando che l'introduzione del tempo come quarta dimensione era solo apparente (non t ma -c2t2 è il termine introdotto nella equazione di Lorentz), è sufficiente aggiungere, qui, che l'apparente introduzione della quarta dimensione temporale ha permesso l'annullamento delle tre coordinate spaziali e di quella apparentemente temporale, sostituite da quattro generiche coordinate di un astratto continuo quadrimensionale curvilineo, il quale, a sua volta, ha annullato lo spazio e il tempo quali concetti fondamentali per rappresentare le qualità della materia come lunghezza, distanza e movimento.
* Definizione di Eddington.
Tratto da "La dialettica caso-necessità in fisica" (1993-2002)
* Definizione di Eddington.
Tratto da "La dialettica caso-necessità in fisica" (1993-2002)
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