domenica 23 luglio 2017

Sulle origini della vita

Il paragrafo che segue introduce il mio breve saggio, pubblicato nell'estate del 2009, dal titolo "Chi ha frainteso Darwin?" Vale la pena di riproporlo perché chiarisce la realtà dell'origine della vita nella Terra come conseguenza della dialettica caso-necessità della evoluzione della materia nel cosmo.

"Sulle origini della vita

E' un errore di metodo ritenere di poter risolvere la questione della evoluzione della materia alla forma vivente, previo accordo sul principale contrassegno della vita. E' un limitato modo di pensare quello che imposta la questione delle origini della vita chiedendosi quale sia la prima manifestazione della materia che possa essere ritenuta vivente e stabilire il primo gradino della vita individuando il primo essere vivente.

Ciò che chiamiamo vita è una fase del processo della evoluzione della materia. E noi siamo ancora molto lontani dal riflettere realmente il processo evolutivo della materia alla forma vivente, anche perché ci manca ancora la riflessione del reale processo evolutivo della materia non vivente. Si tratta principalmente del processo di evoluzione molecolare, a partire dagli atomi. L'evoluzione dagli atomi alle molecole dà luogo a quei processi chimici che, su un terreno fertile come il nostro pianeta, rappresentano una fase della evoluzione delle forme materiali fino alla forma vivente.

Dalle piccole molecole inorganiche alle grandi molecole organiche: una tappa di questa evoluzione. Un altro passo avanti: le catene di nucleotidi e di aminoacidi. E siamo solo all'inizio del processo. Ma l'attenzione dei biologi molecolari è tutta concentrata in questa fase, dove ritengono di trovare il "segreto" della vita, intesa come atto unico della creazione. Questo limitato modo di pensare risente della vecchia influenza teologica, e non si rende conto di favorire le sue persistenti pretese.

La mia tesi sostiene, invece, che la vita si è originata in un lungo e complesso processo, che, per comodità di sintesi, possiamo separare in tre fasi concatenate: 1) la fecondazione, 2) la gestazione, 3) la vera e propria nascita.

Ciò che attrae l'attenzione dei biologi molecolari è la prima fase, quella della fecondazione, che non garantisce di per sè il successo della forma vivente potendo risolversi anche in un "aborto". Non è un caso che, da questo punto di vista, si possano immaginare altri pianeti nei quali la vita non abbia attecchito, o si possano immaginare che anche nel nostro pianeta la "vita" abbia dovuto subire cadute, e quindi essersi fecondata più volte.

Una concezione evolutiva fondata sul dispendio non si stupisce di questo, ma lo ritiene inessenziale. Perché, se le condizioni per l'evoluzione della vita esistono in un dato pianeta, è solo un caso che possano produrla, e un caso eccezionale. Occorrono, quindi, molti mondi come il nostro perché la vita possa evolvere pienamente fino alla forma cosciente. E non c'è altro da sapere su questo. Invece, occorre sapere che la vita, come processo evolutivo della materia, ha delle fasi e si compie interamente soltanto se tutte le fasi si succedono fino a originare la "coscienza della materia": l'uomo.

Per i biologi molecolari, quando la materia nella sua evoluzione ha raggiunto la fase dei batteri e dei virus, è già troppo avanti; così non ci permetterebbe di scoprire il segreto della vita sul nostro pianeta. La nostra tesi afferma, invece, che la fase dei batteri e dei virus è la fase iniziale della gestazione. Per attendere la vera e propria nascita della vita, occorre che i procarioti e i virus, nel loro lungo e contrastato rapporto, diano luogo agli eucarioti, costituiti di elementi procariotici e virali entrati in simbiosi.

In sostanza, non c'è alcun mistero da scoprire e nessun atto di creazione, ma un lunghissimo processo evolutivo, per comprendere il quale occorre ricostruire i contrassegni delle tre fasi di fecondazione, gestazione e nascita e del loro passare l'una nell'altra. In altre parole, l'origine della vita si risolve nella ricostruzione della lunga serie di processi dispendiosi che cominciano con la fecondazione, che ha prodotto batteri e virus, continuano con la gestazione, durante la quale dai batteri e virus è sorta la cellula eucariotica; infine, con la nascita, durante la quale gli eucarioti hanno cominciato a costituirsi in colonie e a evolvere in organismi pluricellualri di specie diverse: l'"esplosione del Cambriano".

E tutto questo è avvenuto con grande dispendio ad ogni fase, a ragione del caso e della conseguente cieca necessità dell'evoluzione della materia. Ora, a chi mostra stupore per il fatto che processi così dispendiosi e "probabilistici" abbiano avuto "successo" su questo pianeta, si può solo rispondere che la regola della eccezione statistica è la sola garanzia di questo successo, che noi possiamo apprezzare soltanto perché questo pianeta è riuscito a portare l'evoluzione della materia vivente fino alla vita cosciente. Ma una rarità così eccezionale può essere solo il risultato di un enorme dispendio grazie a un numero elevatissimo di pianeti come il nostro, nei quali la vita o non ha attecchito o si è fermata alla prima o alla seconda fase.

In conclusione: troppo banale e insulso sarebbe gridare vittoria per aver trovato ciò che non si troverà mai: e cioè il primordiale essere che possa essere chiamato vivente, risultato apparentemente economico e improvviso di una particolare combinazione della materia. Troppo banale dire, ad esempio, che l'RNA rappresenta la nascita della vita, oppure che sono le catene polipeptidiche a meritare questo onore, oppure che la nascita della vita coincide con il momento in cui una membrana racchiuse elementi metabolici, ecc. ecc. Perché di questi momenti il passato del nostro pianeta è stato ricco, ossia dispendioso; inoltre, tra i grandi numeri di pianeti nel cosmo, alcuni hanno avuto e avranno, come la Terra, simili momenti.

Occuparsi della origine della vita non significa, perciò, rendere conto di momenti economici, improvvisi, imprecisati; significa, invece, riscostruire il lungo e dispendioso processo della evoluzione della materia guidato dalla cieca dialettica di caso e necessità."

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