Abbiamo già considerato, a proposito del "buco nero", che l'unica questione seria è la comprensione dello stato della materia alla massima densità, questione già posta dai newtoniani che avevano ipotizzato l'impossibilità, per qualsiasi forma materiale, compresa la luce, di sfuggire all'enorme attrazione gravitazionale di un corpo estremamente denso.
Vedremo ora, seguendo uno dei maggior fisici del momento, Roger Penrose, che la teoria della relatività, nonostante affermi l'inadeguatezza della teoria gravitazionale newtoniana, è costretta a ribadire più volte asserzioni "newtoniane", mentre, in senso relativistico, riesce solo a concepire caratteristiche strane -poste sempre tra virgolette, come ad esempio la "caduta" dentro il "buco nero" -che non hanno alcun reale significato.
Vedremo ora, seguendo uno dei maggior fisici del momento, Roger Penrose, che la teoria della relatività, nonostante affermi l'inadeguatezza della teoria gravitazionale newtoniana, è costretta a ribadire più volte asserzioni "newtoniane", mentre, in senso relativistico, riesce solo a concepire caratteristiche strane -poste sempre tra virgolette, come ad esempio la "caduta" dentro il "buco nero" -che non hanno alcun reale significato.
Secondo Roger Penrose*, per densità ancora più grandi di quelle relative alle stelle di neutroni, non è possibile ottenere uno stato di equilibrio stabile. "La teoria gravitazionale newtoniana è allora del tutto inadeguata a trattare il problema e dobbiamo rivolgerci alla teoria della relatività generale di Einstein. Nel far ciò siamo portati a un modello così strano che in confronto persino una stella di neutroni sembra una banalità". Ma vediamo, punto per punto, la descrizione e la specificazione del modello strano di "buco nero" di Penrose. Cominciamo con la prima definizione.
1) "Un buco nero è una regione dello spazio in cui è "caduta" una stella (o un insieme di stelle o di altri corpi) e dal quale non può sfuggire né luce, né materia né segnali di altro tipo". Come si può leggere, qui troviamo due asserzioni, una newtoniana, sulla impossibilità di fuga della materia e della luce, l'altra relativistica, sulla "caduta" dentro "un buco nero": la prima intelligibile, la seconda "strana".
2) "Il buco nero è caratterizzato da una superficie sferica il cui raggio è proporzionale alla massa del buco. Questa superficie è detta "orizzonte degli eventi"; la proprietà che definisce è che i segnali emessi dall'interno non possono sfuggire, mentre da un qualsiasi altro punto esterno ad essa, i segnali possono essere emessi e sfuggire". Per definizione, il "buco nero" è dunque non solo una regione dello spazio, ma anche una superficie sferica, chiamata convenzionalmente "orizzonte degli eventi" per caratterizzare in linguaggio relativistico il principale contrassegno newtoniano per i corpi estremamente densi: l'impossibilità persino per la luce di sfuggire alla loro enorme attrazione gravitazionaIe. Vedremo subito che, pur aggiungendo parecchie stranezze, Penrose non fa che reiterare il solito contrassegno newtoniano.
3) "Il corpo al cui collasso era dovuta l'esistenza del buco nero è sprofondato all'interno dell'orizzonte assoluto. Il campo gravitazionale all'interno dell'orizzonte è diventato così potente che la luce stessa viene attratta al suo interno".
4) "All'interno dell'orizzonte assoluto dell'evento l'attrazione è divenuta così intensa da rendere assolutamente impossibile il moto verso l'esterno. Sull'orizzonte stesso la luce può "segnare il tempo", mantenendosi per l'eternità sempre alla stessa distanza dal centro del buco".
Se locuzioni come "orizzonte assoluto" (di quanti assoluti si è fatta carico la relatività!), "segnare il tempo", ecc. sono strane, ancor più strano è che esse ruotino sempre attorno al solito contrassegno newtoniano. E meno male che i newtoniani erano troppo banali a riferire il potente campo gravitazionale a un corpo supermassiccio, mentre i relativisti sono solo strani a riferirlo a un buco privo di materia!
Vogliamo ricordare, a questo punto, ciò che abbiamo già detto attorno all'attrazione gravitazionale, superiore alla velocità di fuga persino della luce. Come intepretare questo concetto in termini fisici? Che la luce non possa uscire da un campo gravitazionale così intenso, ma che possa sussistere al suo interno, oppure che alla luce è preclusa ogni forma di esistenza all'interno di questo campo gravitazionale?
La soluzione fisica più realistica è, a nostro avviso, che il gigantesco collasso, relativo ai cosiddetti "buchi neri", proietti all'esterno tutta l'energia elettromagnetica preesistente nel corpo originario, dando origine a una materia degenerata, fortemente addensata dall'attrazione gravitazionale, ovvero a uno stato che rappresenta il reale limite estremo di densità della materia. E lo stato di massima densità della materia non può certo coincidere con la sua sparizione!
5) Penrose è, invece, di altra idea: "E' molto soddisfacente fornire una descrizione spazio-temporale anziché una descrizione di tipo puramente spaziale come quella data finora**. In una rappresentazione spazio-temporale si elimina una coordinata spaziale e la si sostituisce con una temporale. Tale rappresentazione ci dà una visione istantanea di ciò che è avvenuto in ogni tempo, eliminando la necessità di più "istantanee" successive di una situazione in sviluppo".
1) "Un buco nero è una regione dello spazio in cui è "caduta" una stella (o un insieme di stelle o di altri corpi) e dal quale non può sfuggire né luce, né materia né segnali di altro tipo". Come si può leggere, qui troviamo due asserzioni, una newtoniana, sulla impossibilità di fuga della materia e della luce, l'altra relativistica, sulla "caduta" dentro "un buco nero": la prima intelligibile, la seconda "strana".
2) "Il buco nero è caratterizzato da una superficie sferica il cui raggio è proporzionale alla massa del buco. Questa superficie è detta "orizzonte degli eventi"; la proprietà che definisce è che i segnali emessi dall'interno non possono sfuggire, mentre da un qualsiasi altro punto esterno ad essa, i segnali possono essere emessi e sfuggire". Per definizione, il "buco nero" è dunque non solo una regione dello spazio, ma anche una superficie sferica, chiamata convenzionalmente "orizzonte degli eventi" per caratterizzare in linguaggio relativistico il principale contrassegno newtoniano per i corpi estremamente densi: l'impossibilità persino per la luce di sfuggire alla loro enorme attrazione gravitazionaIe. Vedremo subito che, pur aggiungendo parecchie stranezze, Penrose non fa che reiterare il solito contrassegno newtoniano.
3) "Il corpo al cui collasso era dovuta l'esistenza del buco nero è sprofondato all'interno dell'orizzonte assoluto. Il campo gravitazionale all'interno dell'orizzonte è diventato così potente che la luce stessa viene attratta al suo interno".
4) "All'interno dell'orizzonte assoluto dell'evento l'attrazione è divenuta così intensa da rendere assolutamente impossibile il moto verso l'esterno. Sull'orizzonte stesso la luce può "segnare il tempo", mantenendosi per l'eternità sempre alla stessa distanza dal centro del buco".
Se locuzioni come "orizzonte assoluto" (di quanti assoluti si è fatta carico la relatività!), "segnare il tempo", ecc. sono strane, ancor più strano è che esse ruotino sempre attorno al solito contrassegno newtoniano. E meno male che i newtoniani erano troppo banali a riferire il potente campo gravitazionale a un corpo supermassiccio, mentre i relativisti sono solo strani a riferirlo a un buco privo di materia!
Vogliamo ricordare, a questo punto, ciò che abbiamo già detto attorno all'attrazione gravitazionale, superiore alla velocità di fuga persino della luce. Come intepretare questo concetto in termini fisici? Che la luce non possa uscire da un campo gravitazionale così intenso, ma che possa sussistere al suo interno, oppure che alla luce è preclusa ogni forma di esistenza all'interno di questo campo gravitazionale?
La soluzione fisica più realistica è, a nostro avviso, che il gigantesco collasso, relativo ai cosiddetti "buchi neri", proietti all'esterno tutta l'energia elettromagnetica preesistente nel corpo originario, dando origine a una materia degenerata, fortemente addensata dall'attrazione gravitazionale, ovvero a uno stato che rappresenta il reale limite estremo di densità della materia. E lo stato di massima densità della materia non può certo coincidere con la sua sparizione!
5) Penrose è, invece, di altra idea: "E' molto soddisfacente fornire una descrizione spazio-temporale anziché una descrizione di tipo puramente spaziale come quella data finora**. In una rappresentazione spazio-temporale si elimina una coordinata spaziale e la si sostituisce con una temporale. Tale rappresentazione ci dà una visione istantanea di ciò che è avvenuto in ogni tempo, eliminando la necessità di più "istantanee" successive di una situazione in sviluppo".
Il vantaggio della rappresentazione "relativistica" spazio-temporale sarebbe dunque di fornire una sola istantanea al posto di tante: ossia l'istantanea riassuntiva, in ogni tempo, di un evento che si sviluppa nel tempo! Se molte istantanee possono dare un filmato, che cosa può dare l'istantanea di un filmato? Solo un'assurdità. Insomma, non solo si pretende d'avere una visione statica di ciò che è dinamico, ma si pretende persino d'avere una visione statica, istantanea, "di una situazione in sviluppo".
Questo strano risultato non è, però, altro che la speciosa interpretazione di un espediente geometrico: la sostituzione di una coordinata spaziale con una coordinata temporale. Poiché geometricamente non si possono disegnare le quattro dimensioni che la teoria della relatività (ristretta!) concepisce per lo spazio-tempo (ossia tre coordinate spaziali e una temporale), ma se ne possono disegnare solo tre, la cosiddetta rappresentazione spazio-temporale non è altro che una rappresentazione tridimensionale.
Ciò comporta l'inevitabile sacrificio di una coordinata spaziale a favore di quella temporale. Rispetto alla "banale" rappresentazione spaziale tridimensionale, la rappresentazione tridimensionale relativistica presenta la stranezza che nel disegno continuiamo ad avere una rappresentazione tridimensionale spaziale, perché il tempo è disegnato come coordinata spaziale: insomma il tempo è reso visibile nel diagramma relativistico come dimensione spaziale.
E' con questa mostruosa rappresentazione tridimensionale che i fisici credono di illustrare "la storia del collasso di una stella fino al buco nero". Se questa è la loro illusione, vediamo quali chimere possono sorgere a partire da essa, sempre seguendo Penrose.
6) "Qual è il destino del corpo originario che collassò dando luogo al buco nero? Facendo l'ipotesi che si mantenga un'esatta simmetria sferica proprio fino al centro, la risposta fornita dalla teoria generale della relatività è catastrofica (sic!). Secondo la teoria della relatività generale la curvatura dello spazio-tempo aumenterebbe illimitatamente avvicinandosi al centro.*** Non solo la materia del corpo originario è compressa fino a una densità infinita -cioè fino all'annientamento effettivo (sic!)- ma anche il vuoto dello spazio-tempo fuori del corpo diviene infinitamente curvo" .
L'"annientamento della materia", la "densità infinita" della materia, il suo "annientamento", il vuoto "infinitamente curvo", ecco alcuni dei mostriciattoli partoriti dalla mostruosa rappresentazione spazio-temporale curvilinea, teoria quest'ultima che, pur mostrando da tempo la propria inconsistenza, è mantenuta in vita solo perché i fisici non si tirano indietro neppure di fronte alle più strampalate conseguenze.
7) Così, le conclusioni catastrofiche sul "buco nero", hanno una ricaduta altrettanto catastrofica sull'analoga situazione del big bang: anche qui "la curvatura dello spazio-tempo diventa infinita". Ma può un universo sorgere da un big bang che, in analogia ad un "buco nero", dovrebbe consistere in un annientamento della materia?
Analizzeremo in seguito questo paradosso; qui ci limitiamo a osservare che, se dessimo retta alla teoria fin qui esaminata, non potremmo evitare di asserire che il big bang può produrre solo un "buco nero"! Fisicamente, però, il gigantesco collasso di tutta la materia dell'universo non può avere come unico risultato la formazione di una massa oscura chiusa in se stessa per attrazione gravitazionale. La stessa cosa si può dire anche per i collassi stellari o galattici. Dobbiamo, perciò, necessariamente, ipotizzare che una parte della materia, in forma di particelle energetiche, repulsive, venga proiettata all'esterno, mentre un'altra parte debba degenerare in forma di massa oscura = massima densità della materia, priva di energia repulsiva e completamente sotto il dominio della propria gravitazione.
Per concludere questo paragrafo, vediamo che Penrose deve avere qualche dubbio sulla teoria relativistica dei "buchi neri", se sente il bisogno di precisare: "Si possono sollevare molte obiezioni circa l'accettabilità di questo modello come una descrizione realistica (!) di quel che succede effettivamente in natura, a prescindere da ogni dubbio circa la validità della teoria della relatività generale. Prima di tutto, siamo sicuri che siano sufficienti le nostre conoscenze sulla natura della materia nelle condizioni di compressione estrema richieste per formare un buco nero, perché queste previsioni siano convincenti? Quale ruolo ha nella discussione l'ipotesi di un'esatta simmetria sferica? Fino a che punto questo modello di buco nero deve combaciare con le osservazioni astronomiche?"
Su un punto siamo d'accordo con Penrose: si tratta di comprendere "la natura della materia nelle condizioni di compressione estrema richieste per formare" il cosiddetto "buco nero". Inoltre, riteniamo che l'ipotesi di un'esatta simmetria sferica è una condizione necessaria a salvaguardare il modello teorico fondato sulla relatività generale, ma non ha alcun fondamento fisico. E' ciò che vedremo nei prossimi paragrafi.
* Roger Penrose: "Quasar e buchi neri", in "Le Scienze", Quaderni Aprile 1993.
** In questo capitolo potremo renderci conto che la teoria dei "buchi neri" si fonda sul concetto di spazio-tempo curvato dalla gravitazione. Ma lo spazio-tempo appartiene alla relatività ristretta e la curvatura gravitazionale alla relatività generale. Insomma, a dispetto della tanto decantata precisione assiomatica della matematica, i fisici relativistici non hanno mai compreso la differenza che passa tra le due forme di "relatività", scambiandole sempre l'una con l'altra.
*** Anche nel caso dei "buchi neri", i fisici relativistici dimenticano che il cosiddetto spazio-tempo quadrimensionale appartiene alla relatività ristretta, la quale non concepisce alcuna curvatura. La curvatura compare soltanto nel cosiddetto "continuo quadrimensionale immaginario" della relatività generale. Perciò, ogni volta che i fisici usano la locuzione "spazio-tempo curvo" mostrano di non avere compreso nulla della teoria di Einstein.
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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume Secondo Fisica" (1993-2002) Inedito
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