domenica 3 marzo 2013

E' un clown il vincitore della politica spettacolo, ma...

Per decenni la "società dello spettacolo" ha spettacolarizzato la politica: non si contano gli spettacoli che, nel frattempo, ogni rete televisiva ha creato per la politica, senza che i politici stessi si rendessero conto di essere ridotti al ruolo di servitori dello shopping, schiavi degli spot che letteralmente li ammutolivano.

E adesso ci si stupisce che non solo un uomo di spettacolo, ma persino un clown, abbia letteralmente vinto togliendo ogni potere alla politica parlamentare? Ma potevano i politici, assoggettati allo spettacolarismo della politica, mantenere quella dignità che, ad esempio, ostinatamente un capo di partito pretendeva per sé, pur afferrando metaforicamente spazzole per non pettinare i capelli delle bambole o per non smacchiare i giaguari?

Costretti a giocare con le regole dello spettacolo televisivo, i politici parlamentari hanno maldestramente maneggiato i suoi caustici strumenti corrodendo la propria immagine, mentre un clown del mestiere poteva maneggiare continuamente i carboni ardenti anche della più corrosiva delle satire, fino all'insulto più impietoso, senza scottarsi neppure un pò, anzi "riscaldando" i suoi futuri elettori (stando però fuori dalla politica spettacolo televisiva). 

Chi scrive sta navigando in rete e osserva una grande confusione. Tutto sembra così difficile da comprendere, quando, invece, lo è molto meno se si guarda al mondo intero, alla società della globalizzazione. Qui, chi domina è il capitale mondiale: le sue esigenze sono imperiose; ma questo capitale è vecchio e malato e la sua linfa vitale è in caduta libera. Marx aveva ragione sulla caduta tendenziale del saggio medio del profitto. Persino l'invenzione dei derivati, come cura, è risultata un palliativo di breve durata, con conseguenze controproducenti.

Ma per ogni malattia ci sono medici specialisti che intervengono. Non è quindi un caso, perciò, che, riguardo al capitale finanziario mondiale, la parola decisiva spetti ai grandi banchieri e finanzieri, e che per il governo dell'Italia fosse stato scelto uno del mestiere. Già, ma perché poi lo ieratico specialista si è lasciato convincere a improvvisarsi uomo di spettacolo, senza alcuna minima chance di successo? Ma perché questa è la "società dello spettacolo"! Che domina su tutti, perché funzionale allo shopping, a sua volta funzionale alla cieca necessità della sopravvivenza del capitalismo, nell'epoca della sua senescenza.

Ma, per quanto un clown si dia da fare, ce ne vuole perché comprenda il mondo in cui viviamo. Perciò, per quanto possa fare faville nel campo della politica nazionale spettacolarizzata, quando si tratta della vita reale del mercato mondiale (nel quale ogni nazione è inglobata), della vita reale del capitalismo senescente, infine del confronto tra le tre grandi entità continentali USA-UE-Cindia, può solo tacere.

Non è detto, però, che nel frattempo non trovi ulteriori spazi in altre nazioni-regioni della UE. Ciò perché neppure ai vertici della politica e della finanza si è ancora capito che, se la parossistica spettacolarizzazione della vita sociale e politica, finalizzata allo shopping, può essere un temporaneo balsamo per il capitalismo senescente, non lo è affatto, anzi è controproducente, nel campo della politica internazionale, la quale dovrà affrontare una questione molto seria per i prossimi decenni e forse secoli: che cosa sostituire a un capitalismo che non è eterno e mostra già i chiari segni della sua fine.

Insomma, per comprenderci: "evviva" le televisioni, la politica dello spettacolo, ecc. per dare sostegno al vecchio malato grazie agli spot, ma "abbasso" le televisioni, la politica dello spettacolo, ecc. quando si deve comprendere la realtà economica e politica della globalizzazione, quindi quando si tratta di economia, finanza e soprattutto politica.

Finché sono in tempo, i guru della politica e della finanza mondiale devono capire che è ora di scindere il legame tra programma televisivo e spot, soprattutto quando ci sono in ballo questioni politiche serie. Insomma, finché al politico lo spot toglierà la parola dalla bocca, egli sarà solo un clown dilettante, favorendo il clown professionista che, non a caso, da politico, ignora la politica spettacolo televisiva, twitta a suo piacimento e impazza nelle piazze.

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