lunedì 16 gennaio 2012

II] L'energia, la forza e... il bosone di Higgs

2. La repulsione (energia) primigenia genera il suo opposto polare: l'attrazione (massa)

(Continuazione) Alla base della possibilità che il bosone di Higgs ha di generare le masse, viene posto il concetto di campo, inteso in termini quantistici come manifestazione dello scambio di una particella mediatrice. Così, il campo elettromagnetico è quel campo nel quale il fotone rappresenta la particella mediatrice. La particella in questione, come già sappiamo, media anche la forza o interazione elettromagnetica.

Per pura analogia, e soltanto per coerenza con questo modello teorico, si attribuisce anche al campo gravitazionale una particella mediatrice: il gravitone. E così di seguito: i tre bosoni vettoriali W-, W+, Zo mediano la forza debole, e ben otto gluoni quella forte. E poi occorre considerare i rispettivi campi (uno per particella!). E così siamo arrivati al bosone di Higgs che media un'interazione nel campo di Higgs. Nulla di più convenzionale o fittizio poteva concepire la fisica delle particelle!

Partendo da questo modello si ipotizza che il campo di Higgs sia costante in tutto lo spazio. Ora, per usare le parole di Veltmann, l'ipotesi è che "il campo di Higgs generi massa accoppiandosi con le particelle". "A seconda dell'intensità dell'accoppiamento" una particella avrà nello spazio una certa energia potenziale. E così anche la materia inorganica nella sua forma primigenia e microscopica (le masse delle particelle), ha bisogno di una "copula" per essere generata.

Veltmann dice che, poiché E = mc2, l'energia di accoppiamento equivale a una massa. E con ciò egli pone in relazione energia e massa: la cosiddetta energia di accoppiamento non sarebbe altro che energia in attesa d'essere impacchettata in massa. Ma per copulare, come per peccare, occorre essere almeno in due. In questo caso, però, un oggetto è reale, l'energia, l'altro è puramente immaginario: la particella massiva che non può ancora esistere.

Insomma, in questo modello, si pretende che esistano due oggetti, contenitore e contenuto, separati e in attesa di congiungersi. Ma che cosa potrà mai essere fisicamente una particella priva di massa? Assolutamente nulla!* Nello spazio, originariamente, c'è un solo "oggetto": l'energia. Perciò ci si deve chiedere: come avviene che l'energia si massifichi? Veltmann fa l'esempio della carta assorbente: come questa assorbe inchiostro, così le particelle assorbono quantità variabili di energia "massificandosi". Quindi "la massa osservata di una particella dipende dalla capacità di "assorbimento di energia" della particella e dall'intensità del campo di Higgs".

Questo esempio ci pare proprio l'esatto opposto del comportamento delle particelle che si formano negli acceleratori dopo le collisioni. Infatti, mentre nell'esempio della carta assorbente, questa assorbe e trattiene l'inchiostro, nella realtà delle particelle che si formano negli acceleratori, queste rappresentano energia repulsiva, irrefrenabile se non per istanti infinitesimali. In secondo luogo, mentre nel primo caso esiste una cosa, la carta, che può assorbire un'altra cosa, l'inchiostro, nel secondo caso non esiste ancora la particella che può assorbire l'energia: esiste soltanto energia, come fosse inchiostro che si raggruma inizialmente per brevissimi istanti, e ogni volta di nuovo si scioglie, per raggrumarsi ancora per istanti sempre meno brevi, fino a dar luogo alle particelle massive stabili.

Originariamente, l'enorme calore del big bang permette l'esistenza della materia soltanto in forma di energia pura. Da questo inizio, in cui la massa è assente, alla formazione della massa relativamente stabile del protone e dell'elettrone, è tutto un susseguirsi di decadimenti, di passaggi a livelli energetici sempre più bassi, durante i quali l'originaria repulsione genera l'attrazione, generando, con il suo opposto, anche la successiva, reciproca, azione. A questo punto la questione è: come possiamo interpretare questa attrazione? Vediamo come se la cavano i fisici quantistici. Veltmann prende in considerazione la "forza" relativa al "campo di Higgs" e al "bosone di Higgs", per dire che deve trattarsi di una forza di tipo nuovo.

Abbiamo già visto che, al livello dell'energia richiesta per il "bosone di Higgs", la "forza" relativa deve essere necessariamente molto debole: ossia deve essere molto debole l'attrazione a causa del prevalere della repulsione. Se poi dovessimo dar credito ai fisici quantistici che ritengono l'energia relativa al "campo di Higgs" il livello nel quale si formano le masse delle particelle, allora la "forza", ossia l'attrazione, dovrebbe essere tanto debole che un piccolo incremento di energia dovrebbe farla scomparire del tutto. Ma questa conclusione, così come le premesse, non è del tutto soddisfacente.

Veltmann paragona la "nuova forza" alla "quinta forza" ipotizzata da Fishbach, però aggiunge che "l'ipotetica forza di Higgs è" "più debole e ha un raggio d'azione molto più limitato di quello della "quinta forza"". Insomma, più si sale la scala delle energie più le "forze" si indeboliscono. E questa è l'unica conclusione seria che si possa trarre. Ma allora quanti aggettivi diminutivi dovremmo aggiungere al sostantivo "forza" per star dietro agli incrementi dei Gev negli acceleratori o per "avvicinarci" alla "massa di Planck"?

In definitiva, l'ipotesi del bosone di Higgs non risolve la questione della formazione delle masse e della relativa attrazione (né quella interna al nucleo, al nucleone, ecc. né quella esterna, gravitazionale). Che siano in alto mare, alcuni fisici sembrano rendersene conto. Tra questi, Veltmann, il quale non fa che lamentarsi, nel suo scritto, degli espedienti, delle scappatoie matematiche. Egli arriva a dire che nel filone della "teoria matematica", "si presta poca attenzione al grado in cui la teoria corrisponde alle osservazioni sperimentali e ci si concentra invece sul contenuto matematico". Allora, quando fisicamente i conti non tornano, i matematici fanno aggiustamenti introducendo "particelle", "campi", "costanti", ecc.

Anche il "bosone di Higgs" e il "campo di Higgs" appartengono a questa tendenza convenzionalistica e fittizia della fisica teorica. In maniera insolitamente esplicita per un fisico teorico, Veltmann scrive: "Da un punto di vista fisico, vi sono pochi vantaggi nel proporre che il bosone di Higgs giustifichi la massa. Per esempio, non si sa perché il campo di Higgs dovrebbe accoppiarsi più fortemente con alcune particelle e non con altre. I ricercatori inoltre non capiscono come abbia origine la massa dello stesso bosone di Higgs (che non è nota), anche se è opinione comune che venga generata prevalentemente da un'autointerazione con il campo di Higgs. In questo senso l'ignoranza circa l'origine delle masse delle particelle è sostituita dall'ignoranza sugli accoppiamenti delle particelle con il campo di Higgs, e non si guadagna alcuna reale conoscenza".

Siamo assolutamente d'accordo: è l'origine delle masse che va compresa e non spostata su delle chimere, perché, se non si è chiarita l'origine delle masse, non si potrà capire nulla, e l'equivoco della "forza" continuerà a confondere un'altra generazione di scienziati.

Ma se, invece di collezionare espedienti matematici, per cercare poi chimeriche particelle, i fisici riconoscessero che un acceleratore è un'ottima macchina per ricostruire a ritroso il processo evolutivo della materia, noi ne sapremmo presto molto di più. Gli acceleratori mostrano un rilevante fenomeno: qualsiasi forma materiale esistente alle alte energie dura solo istanti infinitesimali, per decadere in forme materiali meno energetiche. Più elevata è l'energia, più energetica è la forma materiale ottenuta e più breve la sua esistenza, perché la repulsione prevale sull'attrazione. Insomma, più si sale la scala delle energie, più si scende la scala delle "forze". Perciò, la cosiddetta "forza unificata", ipotizzata al livello della "massa di Planck" non solo non può esistere, ma è anche un falso obiettivo, perché la tecnologia umana non arriverà mai, per fortuna, al limite supremo di energia, chiamata paradossalmente "massa di Planck".

Non potendo raggiungere la vetta, potremo però immaginarla sulla base dei picchi raggiunti negli acceleratori, e ciò sarà sufficiente per la comprensione dell'intero processo. Già fin d'ora è possibile affermare che a livelli estremamente alti di energia, persino a quelli oggi raggiunti negli acceleratori, la repulsione prevale sull'attrazione, non permettendo a questa di manifestarsi se non per attimi infinitesimali. Ma i decadimenti mostrano a loro volta che l'energia non può manifestarsi in maniera soltanto repulsiva, senza produrre all'istante il suo opposto: l'attrazione. E se ciò avviene è semplicemente perché la repulsione è movimento che consuma se stesso, ma questa riduzione di movimento non scompare nel nulla: essa si converte nel suo opposto, l'attrazione. Perciò anche la massa non può essere altro che energia convertita nel suo opposto. Si tratta di rendere conto di questa trasformazione.

* A proposito della strana concezione delle particelle originariamente prive di massa, Veltmann timidamente osserva: "Andrebbe forse notato che le particelle potrebbero avere una massa propria, oltre a quella che si pensa possano acquistare dal campo di Higgs. Stranamente (!), però, nel modello standard nessuna particella singola potrebbe avere una massa propria senza distruggere la completezza matematica della teoria". Del resto perché stupirsi: non è la "stranezza" l'emblema della fisica contemporanea?

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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume secondo  Fisica" (1993-2002) Inedito

Post Scriptum del 14 gennaio 2012: che cosa si può aggiungere oggi, quando tutti attendono dagli esperimenti di LHC, soprattutto, la conferma del bosone di Higgs? Si può aggiungere che almeno si sono dati una scadenza, un anno, per concludere la questione: anche se sono stati i pratici a stabilire questa scadenza, non i teorici che da tempo tacciono imbarazzati. Chi scrive ha più volte espresso il suo parere, sintetizzabile in una battuta: nessuno può scoprire un fantasma, almeno nel mondo reale.

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