sabato 13 agosto 2011

Il fallimento teorico-scientifico del Novecento

Prefazione generale ai tre volumi del libro "Il caso e la necessità - L'enigma svelato", scritta nel 2001

Il secolo che si è chiuso, apponendo il suo sigillo al secondo millennio dell'era cristiana, presenta un bilancio pesantemente negativo per la teoria della conoscenza. Secoli di sperimentazione del pensiero scientifico, dominato da difficoltà teoriche insormontabili, erano finalmente sfociati, nel XIX secolo, nell'idea del progresso che, nella sua più elevata espressione, si manifestò nell'obiettivo della conoscenza reale della natura. Ma, rovesciando le aspettative poste dall'Ottocento, il Novecento ha realizzato, in luogo della conoscenza reale, una costruzione convenzionale e fittizia della natura in ogni ramo della scienza.

La teoria scientifica dell'Ottocento aveva creduto nella possibilità della conoscenza reale della natura, nonostante si trascinasse ancora dietro tendenze teologiche che persistevano nel pretendere una conoscenza basata sull'utile convenzione, secondo le direttive suggerite dal teologo luterano Osiander al tempo di Copernico e imposte dal cardinale Bellarmino al tempo di Galileo. La scienza del Novecento ha invece chinato la testa a quelle pretese, negando la possibilità di una reale conoscenza della natura e ammettendo soltanto la conoscenza convenzionale e fittizia.

Perciò, se l'Ottocento è stato il secolo della verità, come aspirazione, il Novecento è stato il secolo della falsità, come realizzazione. La scienza del Novecento è stata una colossale impostura, ma non una truffa da "pignatte rotte" come talvolta vengono chiamati dalla scienza ufficiale i piccoli truffatori dilettanti, bensì una truffa in grande stile, che ha riguardato le principali scienze della natura, la fisica e la biologia, per non parlare della filosofia, ormai ridotta a un misero straccio se paragonata agli sfarzosi paludamenti della filosofia di Spinoza e Leibniz, di Kant ed Hegel.

Quando diciamo truffa in grande stile, non intendiamo dire che la scienza del secolo trascorso abbia prodotto grandiose falsificazioni della natura, tutt'altro: essa si è limitata al piccolo cabotaggio, coerentemente con la sua convinzione di non poter raggiungere alcuna reale conoscenza. La grandezza di cui parliamo riguarda l'estensione del fenomeno: non c'è campo della conoscenza che non sia stato inghiottito dal vortice dell'impostura.

Limitandoci alle scienze naturali, tre sono i fiori all'occhiello della comunità scientifica mondiale: si tratta della teoria della relatività generale, della teoria dei quanti, della teoria del codice genetico.

Con la prima teoria, Einstein ha preteso rendere ragione dell'universo senza aver compreso la gravitazione, semplicemente stabilendo una convenzionale geometria quadrimensionale immaginaria, curvata da una generica influenza gravitazionale.

Con la seconda teoria, i fisici hanno inventato di sana pianta una rappresentazione fittizia e convenzionale delle particelle materiali, le cui qualità fisiche hanno sostituito con qualità convenzionali come "sapori" e "colori".

Con la terza teoria, i biologi, presi per mano dai fisici quantistici non ancora del tutto appagati, hanno preteso che la materia vivente dovesse essere sottoposta a un ordine predeterminato da un codice inscritto nel DNA.

Certo, abituati da molti decenni all'incenso bruciato senza risparmio su queste tre mirabili dottrine, che neppure gli scienziati riescono a comprendere, così che la riverenza che esse incutono è tanto maggiore quanto minore è la comprensione, potrà apparire sorprendente che uno sconosciuto autodidatta possa permettersi di liquidarle con poche parole e per giunta sprezzanti. La brevità dipende solo dal luogo, la prefazione, ma in tre volumi non solo abbiamo approfondito queste teorie, bensì ne abbiamo mostrato le radici, ossia le reali difficili questioni che esse hanno eluso non sapendo come risolverle, cavandosela semplicemente con soluzioni convenzionali e fittizie, per quanto matematicamente più o meno brillanti.
   
Come vedremo in questo volume, dedicato alla teoria della conoscenza, le principali, difficili questioni non risolte sono, prima ancora che scientifiche, epistemologiche: è il modo di pensare la natura che va risolto, perché, se si ritiene che il pensiero umano non sia in grado di affrontare la conoscenza della realtà naturale, allora la fisica e la biologia non potranno fare altro che produrre soluzioni convenzionali e fittizie.

Per comprendere e confutare questo radicato modo di pensare è stato necessario approfondire il pensiero filosofico e scientifico dell'epoca moderna e la sua connessione con il pensiero filosofico dell'antica Grecia. Sulla scorta dei risultati raggiunti in questo studio, è stato possibile affrontare le scienze della natura per levare la maschera alla teoria della relatività generale, alla teoria quantistica e alla teoria del codice genetico, contrapponendo a questi tre "capolavori" del Novecento un nuovo modo di pensare e nuovi risultati.

Ci rendiamo conto che questa prefazione può far drizzare le orecchie e i capelli, rispettivamente, ai pochi insoddisfatti e ai molti soddisfatti di queste tre "straordinarie" dottrine, ma domandiamo: hanno esse prodotto qualcosa che realmente soddisfi le esigenze teoriche e pratiche della specie umana nel suo complesso, o almeno nella sua parte più privilegiata?

Forse che qualcuno ci può indicare una sola malattia genetica. che, dopo quasi mezzo secolo dalla pretesa scoperta del "codice genetico", possa essere curata con i metodi della cosiddetta ingegneria genetica, che si illude di applicare le "rigorose leggi" di questo codice? E, riguardo alla fisica delle particelle, i vari "abbagli" prodotti negli acceleratori, interpretati dalla teoria standard, hanno portato a una definitiva soluzione teorica? E la famosa teoria della relatività generale, oltre a risolvere il perielio di Mercurio, problema questo che può aver afflitto soltanto qualche pedante astronomo, ha forse fornito la soluzione della difficile questione cosmologica?

Se queste domande, sollevando dubbi, spingeranno il lettore a seguire con pazienza il lungo percorso di questi "studi e riflessioni di un autodidatta", egli è il benvenuto, perché quest'opera è stata scritta per lui. Il lettore che, invece, trovasse troppo sfacciato mettere in dubbio i risultati della scienza contemporanea, può anche richiudere il libro e dormire sonni tranquilli con la testa fra i tre cuscini che essa ha prodotto.

Infine, al lettore che fosse interessato a conoscere la realtà dei fatti secondo il motto del nipote di Rameau: "Ma non è per dire la verità, anzi è per dire bene la menzogna che ambisco alle vostre doti", possiamo solo augurare una grande pazienza e tanto tempo a disposizione per questo molto poco nobile scopo.
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