lunedì 15 agosto 2011

Il tragico Novecento e lo smarrimento del pensiero umano

Il Novecento è stato devastato da due guerre mondiali che hanno annichilito l'umanità intera e intere generazioni di studiosi. Come avrebbero potuto quegli studiosi che sono passati attraverso le distruzioni prodotte da due guerre mondiali e la successiva minaccia nucleare della "guerra fredda", esprimere lo stesso ottimismo e la stessa sicurezza intellettuale del secolo precedente? Le loro menti non hanno potuto usufruire di quella libertà che è la sola che conta per la conoscenza: la libertà dalla paura di pensare, ossia il coraggio dell'intelligenza. Il pensiero, serrato nella morsa della paura, è diventato un pensiero smarrito, arrendevole, condiscendente a qualsiasi fittizia convenzione e impostura. Su questa base si è potuta imporre definitivamente l'"utile finzione" e, con essa, ogni forma di inganno della mente.

Il Novecento è stato, soprattutto, la storia di una tragedia militare difficile da sopportare, che ha coinvolto l'intero globo e la maggior parte della specie umana. Gli orrori della seconda guerra mondiale non potevano essere sopportati dalle coscienze degli uomini che li hanno dovuti compiere e subire. Ne è derivato, come conseguenza naturale e spontanea, il desiderio di mascherare e dimenticare l'atroce realtà, resa ancor più insopportabile dal ricatto della "guerra fredda": la minaccia nucleare. Per rassicurare le coscienze si doveva solo pensare: nel futuro mai più una cosa del genere!

Una cosa del genere non era mai capitata nel passato. Ad esempio, la maggior parte del secolo precedente, dopo le cruenti guerre napoleoniche terminate nel 1815, e, fatta eccezione per la guerra civile americana (1860-65), fu contrassegnato dalla pace. Le generazioni di studiosi che si sono avvicendate nell'Ottocento hanno potuto usufruire di lunghi periodi pacifici, che non solo hanno incoraggiato lo sviluppo di ideali sociali, di movimenti politici progressisti e di brevi guerre democratiche di liberazione nazionale, ma hanno favorito la passione disinteressata per la conoscenza reale. Le menti dell'Ottocento furono, così, in grado di esprimere in tutti i campi della conoscenza un coraggio intellettuale che raggiunse la sua massima espressione nelle opere di Hegel, Darwin, Marx ed Engels.

Insomma, il contrassegno pacifico o moderatamente cruento del secolo della maturazione del modo di produzione capitalistico ha favorito una libertà di pensiero, un coraggio della intelligenza e una ricerca della verità scientifica che non hanno avuto eguali nella storia dell'uomo. La conseguenza fu una sicurezza di sé e un ottimismo nel progresso continuo della specie umana che il Novecento avrebbe definitivamente perduto.

All'ottimismo subentrò il cupo pessimismo: nonostante una infinità di scoperte empiriche e un grandioso sviluppo della tecnologia, il Novecento non è riuscito a generare menti paragonabili ai geni dell'Ottocento. Eppure il numero di studiosi e scienziati che hanno operato nel Novecento è stato di gran lunga superiore a quello del secolo precedente. Dunque, neppure la statistica ha potuto favorire ciò che le condizioni dell'epoca dovevano inevitabilmente avversare. A confronto con l'Ottocento, il secolo appena trascorso appare contrassegnato dall'insicurezza e dalla timidezza in ogni campo della conoscenza.

Come abbiamo cercato di dimostrare nel volume dedicato alla teoria della conoscenza, il Novecento ha abbandonato ogni fiducia nella conoscenza reale e si è abbandonato alla cupa rassegnazione della conoscenza solo convenzionale e fittizia, fondata sull'indeterminismo probabilistico, sul relativismo e sul pluralismo. Perduto completamente il coraggio dell'intelligenza, preferendo l'ignoranza rassicurante alla conoscenza reale inquietante, esso ha perduto definitivamente il coraggio di guardare in faccia la realtà.

Iniziava, così, la farsa della "società dello spettacolo", favorita dal nuovo strumento tecnologico televisivo. Le nuove generazioni, alle quali la "guerra fredda" continuerà ad additare, sempre più stancamente, la minaccia nucleare mai messa in atto, sono state in grado, soltanto, di sostituire alla reale tetraggine dei padri la fittizia giocondità degli show. Rapidamente, su un terreno così fertile, in maniera spontanea, ma funzionale alle nuove esigenze del capitale mondiale, poteva sorgere il grande "Truman show": la realtà della finzione assoluta della "Globalizzazione".


*Tratto da "Scritti sulla Globalizzazione" (2005-2007)

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