mercoledì 17 agosto 2011

Hegel: sul bisogno della conoscenza

Per Hegel, la conoscenza ha avuto il suo inizio quando le forme del pensiero sono state liberate dal condizionamento della materia, nel senso del desiderare e del volere. Citando Aristotele che aveva affermato: "Solo dopo che si ebbe quasi tutto il necessario e quello che appartiene alla comodità e all'ordinario commercio della vita, si cominciò ad affaticarsi attorno al conoscere filosofico", Hegel considera "il bisogno della conoscenza" come "il bisogno del già soddisfatto bisogno di necessità, il bisogno nascente dalla mancanza d'ogni bisogno, cui lo spirito dev'esser giunto...". "Nelle tranquille regioni del pensiero che è giunto a se stesso, ed è soltanto in sé, tacciono gli interessi che muovono la vita dei popoli e degli individui". "Da tanti lati -dice Aristotele nello stesso contesto- la natura dell'uomo è dipendente; ma questa scienza, che non viene cercata per un uso è, solo, la scienza libera in sé e per sé, che perciò non sembra un possesso umano"." ("Logica").

Analizzando, a nostra volta, Aristotele, in questo contesto, abbiamo però còlto una contraddizione, proprio in relazione al possesso di una scienza libera e indipendente da parte dell'uomo, considerando la sua reale dipendenza dalla teologia. La conoscenza umana, fin da Aristotele, è dipesa dalla teologia. E la scienza moderna si può dire nata e cresciuta in seno alla teologia cristiana.

Qui affrontiamo lo stesso tema, però, da un altro punto di vista: la conoscenza, in quanto scienza della necessità naturale e sociale, è conoscenza che non può avere a che fare con l'interesse personale, che non può esistere per l'uso e consumo personale. L'argomentazione di Hegel è pertanto valida solo se riguarda l'intera specie umana (sebbene la conoscenza sia nata in mezzo alle più estreme differenze di classi e sia stata privilegio di particolari e ristretti ceti sociali: prima i preti, poi i filosofi), e se si distingue l'interesse della specie dall'interesse dei singoli individui.

Così si può osservare che la scienza non è tanto disinteressata da essere solo scienza pura, astratta, non motivata da alcun interesse teorico e pratico per la specie umana. Tra il singolo uomo e il complesso di tutti gli uomini c'è sempre stato però un gran numero di complessi particolari, dalla generica società civile, alle classi, ai ceti sociali; dalle Chiese, agli Stati, con i loro specifici interessi che hanno condizionato la scienza fino a subordinarla. Così anche quei risultati della scienza, che possono essere considerati nell'interesse generale della intera specie umana, sono usciti fuori inconsapevolmente, come risultati casuali ed eccezionali di un grande dispendio di energie rivolte in tutte le direzioni, guidate dai più diversi interessi di parte.

Così, le "tranquille regioni del pensiero", "dove tacciono gli interessi dei popoli e degl'individui" sono state, al contrario, campi di battaglia dove si sono fronteggiate e continuano a fronteggiarsi concezioni funzionali a determinati interessi di classi, di ceti sociali, di Chiese e di Stati, nonché di gruppi di studiosi con i loro interessi personali e sociali, religiosi e nazionali. E' questo lo specifico dispendio della conoscenza umana.

La libertà e l'indipendenza della conoscenza appartiene solo alla specie, nel senso che è l'interesse della specie il metro di misura di questa libertà e indipendenza. Ma la specie non può realizzare i suoi interessi, se non mediante individui; e questi realizzano per lo più i propri interessi, sottoposti alle molteplici pressioni dei più diversi interessi particolari. Così la maggioranza degli studiosi subordina la propria conoscenza a restrizioni per scopi limitati e particolari, che nulla hanno a che fare con l'autentico bisogno di conoscenza della specie umana. Ecco la contraddizione che produce il dispendio nella conoscenza umana.

Ma se la libertà di conoscere, ossia l'indipendenza della conoscenza, consiste nella libertà del pensiero da ogni rendiconto personale e particolare, allora è solo un caso eccezionale che un determinato studioso, o un gruppo di studiosi, sia posto dalle circostanze in grado d'essere libero da ogni interesse, e quindi, in primo luogo, sia sottratto dalle pressioni degli interessi particolari, e, in secondo luogo, sia libero da ogni bisogno o la sua coscienza sia superiore al bisogno stesso, persino nelle restrizioni.

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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato Volume Primo Teoria della conoscenza" (1993-2002) Inedito
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