lunedì 30 maggio 2011

3° L'essenza del processo di differenziazione cellulare: l'involuzione della cellula eucariotica

Involuzione-degenerazione della cellula eucariotica nel cosiddetto processo di "maturazione" 

Potremmo dire che il differenziamento cellulare eredita dal processo di riproduzione sessuata due contrassegni: il primo è la dispendiosità del processo, il secondo è il carattere degenerativo della maggior parte dei tipi cellulari prodotti. Il processo di differenziazione è dispendioso perché si svolge in maniera ciecamente necessaria con l'eliminazione della maggior parte delle cellule coinvolte; è degenerativo, perché, come avviene nei gameti, il punto di arrivo è sempre un tipo cellulare più involuto della cellula capostipite di partenza. In sostanza, il cosiddetto processo di maturazione è in realtà un processo involutivo molto dispendioso. E', per così dire, un processo inverso rispetto a quello evolutivo, pur seguendo la stessa dinamica della selezione darwiniana.

Fino ad oggi, guidati dal concetto meccanicistico ed economico di "maturazione", i biologi non sono riusciti a concepire il reale processo di differenziazione cellulare, un processo complesso e continuo di proliferazione cellulare che comporta successive diversificazioni. In senso assoluto, l'unica reale cellula capostipite è lo zigote, dal quale inizia la divisione cellulare che dà luogo a differenziamenti in fasi successive: la discendenza dello zigote si differenzia in molte direzioni, nei diversi distretti dell'organismo in formazione. Perciò, le cellule staminali dei vari distretti sono già relativamente differenziate. Le cosiddette cellule multipotenti presentano diversi gradi di multipotenza, mentre le cellule unipotenti sono quelle che hanno raggiunto l'ultimo stadio, cui segue quello della cellula completamente differenziata.

Per comprendere un simile processo, occorre concepirlo come un processo selettivo darwiniano, guidato dalla dialettica di caso-necessità, che produce grande dispendio. All'inizio le variazioni sono molteplici in tutte le direzioni; poi, via, via, diminuiscono finché si fissano nel differenziamento definitivo. Si tratta, perciò, di cogliere l'essenza reale del processo di selezione delle cellule nei differenti tessuti. Per questo scopo possiamo prendere in considerazione alcuni tipi di cellule che mostrano con molta evidenza ciò che altri tipi di cellule al contrario oscurano o nascondono: e cioè che il prodotto finito, completamente differenziato, è il risultato di un processo involutivo molto dipendioso.

Com'è noto, i biologi molecolari chiamano, invece, "maturazione", come fosse un processo evolutivo, questo processo di differenziazione che a partire da cellule staminali giunge alle definitive cellule differenziate dei vari distetti dell'organismo. Ma prendiamo, ad esempio, la cellula ematopoietica, capostipite (e perciò definita multipotente) di tutte le cellule differenziate del sangue, e perciò anche dell'eritrocita, considerato un prodotto definitivo, completamente differenziato, in altre parole una cellula matura. E andiamo a vedere in che cosa consiste questa pretesa "maturità".

L'eritrocita è soltanto un serbatoio di emoglobina, privo di qualsiasi organulo tipico di ogni cellula eucariotica, ed è, persino, privo di nucleo! Insomma, l'eritrocita non è più neppure una forma cellulare. Allora, come dobbiamo interpretare il fatto che una cellula eucariotica, come quella ematopoietica, con tutto il suo corredo di nucleo, nucleolo, organuli, ecc., capace di sintetizzare migliaia di proteine, si riduca ad una forma così semplificata come quella dell'eritrocita, che è soltanto un semplice serbatoio di un unico tipo di proteina? Se noi lo interpretiamo come processo evolutivo di maturazione cadiamo in un vistoso controsenso.

A nostro avviso, occorre, invece, distinguere due momenti nel processo di differenziazione cellulare: il primo, che riguarda la differenziazione in cellule capostipite specifiche dei più diversi tessuti; il secondo, che riguarda il definitivo differenziamento di prodotti specifici quali gli eritrociti, i linfociti, i gameti, ecc. Ora, mentre la prima differenziazione non cambia la natura eucariotica delle cellule, la seconda differenziazione produce cellule che, dal punto di vista evolutivo, rappresentano una involuzione, una vera e propria degenerazione.

L'esempio dell'eritrocita è solo il più evidente: Il processo di involuzione ha, in questo caso, prodotto un oggetto organico che non è più una cellula, ma solo un contenitore di una particolare proteina, l'emoglobina, che è assolutamente necessaria alla vita dell'intero organismo. E l'organismo in questione, è il risultato della evoluzione delle specie. Ora, c'è da stupirsi che l'evoluzione delle specie avvenga a spese della involuzione di alcuni tipi fondamentali di cellule, come gli eritrociti?

Occorre mettersi bene in testa che anche l'organismo più maturo dal punto di vista evolutivo, l'uomo, è costituito di cellule che, nel loro necessario processo di differenziazione, degenerano, e danno il loro contributo vitale proprio a involuzione avvenuta. La dialettica della vita mostra questa reale contraddizione: che l'organismo maturo esiste proprio perché la cieca evoluzione crea tipi cellulari che tendono a regredire a condizioni di esistenza primitive. L'eritrocita, ad esempio, sembra regredire a uno stadio precedente la fusione degli acidi nucleici con le proteine.

L'evoluzione della vita, che nella sua fase eucariotica ha prodotto le specie, che cosa ha fatto se non creare organismi pluricellulari che sono contenitori di colonie di cellule, le quali a loro volta sono colonie di protocellule, ossia di mitocondri, ribosomi, lisosomi, ecc.? Il capostipite di queste colonie è lo zigote, cioè la cellula eucariotica più evoluta e matura. Ma la cieca necessità della evoluzione dell'intero organismo e della sua sopravvivenza ha imposto alle colonie, che sorgono dalla differenziazione delle cellule figlie dello zigote, di differenziarsi regredendo anche a stadi anteriori della evoluzione.

Del resto come avrebbe potuto l'organismo pluricellulare, con le sue cellule eucariotiche, sopravvivere all'attacco dei virus e dei batteri, se non avesse posseduto sistemi immunitari costituiti di cellule arcaiche, ossia capaci di mutare e dividersi con la stessa rapidità degli antigeni: virus, batteri, ecc.?

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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume terzo  Biologia" (1993-2002) Inedito
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