giovedì 19 maggio 2011

Sull'origine della vita: dispendio ed eccezione statistica

Prima parte

"Bisogna tener presente che l'origine della vita è un processo guidato dalla dispendiosa dialettica di caso e necessità, perciò in ogni momento di questo processo a tre fasi possono verificarsi degli stop, dei ritorni indietro, delle degenerazioni o degli aborti. Questo è il dispendio biologico che riguarda sempre i singoli organismi, e, nei tempi geologici, intere specie, generi, ordini, ecc. Allo stesso modo, nei tempi cosmologici, questo dispendio riguarda altri pianeti di altre galassie, nei quali la vita eccezionalmente può essere fecondata, può interrompersi oppure può attraversare lo stadio di gestazione e abortire; oppure, al contrario, nascere, come è avvenuto nel nostro pianeta, con quella necessità che ha per fondamento il caso che produce dispendio e rarità statistica.

La vita terrestre, evoluta fino alla sua forma cosciente: l'uomo, è una rarità eccezionale nel cosmo. Ma l'enorme numero di galassie ci permette di sostenere come ipotesi realistica l'esistenza di una vita extraterrestre in vari stadi di evoluzione: dalla fecondazione, alla gestazione, alla nascita e all'evoluzione verso la forma cosciente. In questa ipotesi, il raggiungimento della forma più evoluta, la forma cosciente, deve necessariamente rappresentare sempre e ovunque una straordinaria eccezione statistica, resa possibile solo dai grandi numeri di forme di vita estraterrestri.

In questa ipotesi, un'altra vita cosciente paragonabile all'uomo o anche superiore può esistere in qualche luogo, ma a distanze cosmologiche incolmabili; e ancora, può essere esistita o potrà ancora esistere in futuro, ora qui, ora là, con quella necessità che ha per fondamento solo la dialettica caso-necessità che si manifesta con la legge del dispendio e della eccezione statistica". 

[Tratta da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume terzo Biologia" (1993-2002) Inedito]

Seconda parte

"È un errore di metodo ritenere di poter risolvere la questione della evoluzione della materia alla forma vivente identificando la sua origine in un ipotetico primo essere vivente, previo accordo sul principale contrassegno della vita. È un limitato modo di pensare quello che imposta la questione delle origini della vita chiedendosi quale sia la prima manifestazione della materia che possa essere ritenuta vivente e stabilire il primo gradino della vita individuando il primo essere vivente.

Ciò che chiamiamo vita è una fase del processo della evoluzione della materia. E noi siamo ancora molto lontani dal riflettere realmente il processo evolutivo della materia alla forma vivente, anche perché ci manca ancora la riflessione del reale processo evolutivo della materia non vivente. Si tratta principalmente del processo di evoluzione molecolare, a partire dagli atomi. L'evoluzione dagli atomi alle molecole dà luogo a quei processi chimici che, su un terreno fertile come il nostro pianeta, rappresentano una fase della evoluzione delle forme materiali fino alla forma vivente.

Dalle piccole molecole inorganiche alle grandi molecole organiche: una tappa di questa evoluzione. Un altro passo avanti: le catene di nucleotidi e di aminoacidi. E siamo solo all'inizio del processo. Ma l'attenzione dei biologi molecolari è tutta concentrata in questa fase, dove ritengono di trovare il "segreto" della vita, intesa come atto unico della creazione. Questo limitato modo di pensare risente della vecchia influenza teologica, e non si rende conto di favorire le sue persistenti pretese.

La nostra tesi sostiene, invece, che la vita si è originata in un lungo e complesso processo, che, per comodità di sintesi, possiamo separare in tre fasi concatenate: l) la fecondazione, 2) la gestazione, 3) la vera e propria nascita.

Ciò che attrae l'attenzione dei biologi molecolari è la prima fase, quella della fecondazione, che non garantisce di per sé il successo della forma vivente, potendo risolversi anche in un "aborto". Non è un caso che, da questo punto di vista, si possano immaginare altri pianeti nei quali la vita non abbia attecchito, o si possa immaginare che anche nel nostro pianeta la "vita" abbia dovuto subire cadute, e quindi essersi fecondata più volte.

Una concezione evolutiva fondata sul dispendio non si stupisce di questo, ma lo ritiene inessenziale. Perché se le condizioni per l'evoluzione della vita esistono in un dato pianeta, è solo un caso che possano produrla; e un caso eccezionale. Occorrono molti mondi come il nostro perché la vita possa evolvere pienamente fino alla forma cosciente. E non c'è altro da sapere su questo. Invece, occorre sapere che la vita come processo evolutivo della materia ha delle fasi, e si compie interamente soltanto se tutte le fasi si succedono fino a originare la "coscienza della materia": l'uomo.

Per i biologi molecolari, quando la materia nella sua evoluzione ha raggiunto la fase dei batteri e dei virus, è già troppo avanti; così non ci permetterebbe di scoprire il segreto della vita sul nostro pianeta. La nostra tesi afferma invece che la fase dei batteri e dei virus è la fase della gestazione. Per attendere la vera e propria nascita della vita, occorre che i procarioti e i virus, nel loro lungo e contrastato rapporto, diano luogo agli eucarioti, costituiti di elementi procariotici e virali entrati in simbiosi.

In sostanza, non c'è alcun mistero da scoprire, e nessun atto di creazione, ma un lunghissimo processo evolutivo, per comprendere il quale occorre ricostruire i contrassegni delle tre fasi di fecondazione, gestazione e nascita e del loro passare l'una nell'altra. In altre parole, l'origine della vita si risolve nella ricostruzione della lunga serie di processi dispendiosi che cominciano con la fecondazione che ha prodotto batteri e virus, continuano con la gestazione, durante la quale dai batteri e virus è sorta la cellula eucariotica; infine la nascita, durante la quale gli eucarioti hanno cominciato a costituirsi in colonie e a evolvere in organismi pluricellularì di specie diverse: l'"esplosione del Cambriano".

E tutto questo è avvenuto con grande dispendio ad ogni fase, a ragione del caso e della conseguente cieca necessità della evoluzione della materia. Ora, a chi mostra stupore per il fatto che processi così dispendiosi e "probabilistici" abbiano avuto "successo" su questo pianeta, si può solo rispondere che la regola della eccezione statistica è la sola garanzia di questo successo, che noi possiamo apprezzare soltanto perché questo pianeta è riuscito a portare l'evoluzione della materia vivente fino alla vita cosciente. Ma una rarità così eccezionale può essere solo il risultato di un enorme dispendio grazie a un numero elevatissimo di pianeti come il nostro, nei quali la vita o non ha attecchito o si è fermata alla prima o seconda fase.

In conclusione: troppo banale e insulso sarebbe gridare vittoria per aver trovato ciò che non si troverà mai: e cioè il primordiale essere che possa essere chiamato vivente, risultato apparentemente economico e improvviso di una particolare combinazione della materia. Troppo banale dire, ad esempio, che l'RNA rappresenta la nascita della vita, oppure che sono le catene polipeptidiche a meritare questo onore, oppure che la nascita della vita coincide con il momento in cui una membrana racchiuse elementi metabolici, ecc. ecc. Perché di questi momenti il passato del nostro pianeta è stato ricco, ossia dispendioso; inoltre, tra i grandi numeri di pianeti nel cosmo, alcuni hanno avuto e avranno, come la terra, simili momenti.

Occuparsi della origine della vita non significa, perciò, rendere conto di momenti economici, improvvisi e imprecisati; significa, invece, ricostruire il lungo e dispendioso processo della evoluzione della materia, guidato dalla cieca dialettica di caso e necessità."

[Tratto da "Chi ha frainteso Darwin?", edito nel 2009]

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