lunedì 16 maggio 2011

La soluzione del mistero degli introni

Il fenomeno degli introni, come abbiamo visto, rappresenta una delle più difficili questioni della biologia molecolare, per risolvere la quale dovremo prendere un'altra strada, che gli stessi biologi molecolari hanno visto, ma hanno considerato come un puro dato di fatto sul quale non riflettere. Si tratta del fatto che l'esistenza degli introni ha a che fare con l'esistenza del nucleo negli eucarioti. Citiamo i De Robertis: "La formazione di un RNA messaggero funzionalmente attivo richiede negli eucarioti il susseguirsi di una complessa serie di tappe: (1) la trascrizione vera e propria del DNA in precursori dell'mRNA, (2) la rielaborazione di questi precursori all'interno del nucleo, e (3) il trasporto degli mRNA nel citoplasma e la loro associazione ai ribosomi con l'inzio conseguente del processo di traduzione, ossia la sintesi delle proteine". Ora, per "ottenere un mRNA funzionante si richiede l'eliminazione esatta (!) degli introni, seguita dalla rinsaldatura della molecola, giacché finanche l'errore di un unico nucleotide causerebbe la lettura sfasata del messaggio" ("Biologia della cellula e molecolare" 1994).

Ma perché il modello deterministico riduzionistico del "passaggio dall'ordine all'ordine", che Watson e Crick avevano creduto di vedere nella doppia elica di DNA, dovrebbe prima produrre un caos di inutili introni e poi essere costretto a rielaborarlo con precisione assoluta? Se non è stato capace di garantire la precisione al momento della trascrizione, perché dovrebbe esserne capace in seguito, poco prima che l'mRNA passi la barriera del nucleo? Chi può garantire questa precisione? Solo la parola dei biologi molecolari?

Il fatto, dato per scontato, che sta alla base del sorgere della teoria degli introni per i genomi eucariotici, è la presenza del nucleo e la conseguente scissione della sintesi delle proteine in due luoghi diversi: la "trascrizione" nel nucleo, la "traduzione" o "sintesi" nel citoplasma. Nei procarioti, al contrario, la mancanza del nucleo fa sì che non ci sia alcuna barriera spaziale e temporale tra la trascrizione degli RNA e la sintesi delle proteine: tutto avviene contemporaneamente, senza soluzioneone di continuità, a partire dalla duplicazione del DNA.

Occorre, quindi, concepire come fondamentale questo carattere peculiare della cellula eucariotica dotata di nucleo, e, cioè, la separazione della duplicazione del DNA e della trascrizione degli RNA, entro il nucleo, dalla sintesi delle proteine nel citoplasma. Questa separazione spaziale e temporale comporta, come conseguenza naturale e spontanea, la crescita di RNA sovrabbondanti. Ed è a causa di questi RNA, chiamati precursori, che vengono ridotti dagli enzimi prima di passare al citoplasma, che i biologi molecolari hanno attribuito al DNA gli introni come quella parte che non passa il nucleo e gli esoni come quella parte che si trova nell'mRNA maturo, nel citoplasma.

E' al nucleo che dobbiamo questa doppia azione contraddittoria e dispendiosa, che, prima favorisce la crescita di sequenze anche molto lunghe di cosiddetti introni, e poi li elimina. La cellula eucariotica è, perciò, dal punto di vista della efficienza, inferiore alla meno evoluta cellula procariotica. La cellula eucariotica, col suo nucleo "perdi tempo", rappresenta uno dei più chiari esempi di dispendio naturale, smentendo la pretesa economicità dei processi biomolecolari. Ed è per questo motivo che la cellula eucariotica è guardata con molto sospetto dai ricercatori, presso i quali non riscuote la stessa simpatia dei comuni batteri.

Ma ciò che la cellula eucariotica perde in efficienza, a causa del nucleo, guadagna in complessità e in molteplici possibilità di evoluzione in tutte le direzioni. La presenza del nucleo, allungando i tempi dei processi biomolecolari, ha permesso una crescita del numero dei nucleotidi, aumentando il cosiddetto disordine, o serbatoio casuale, che rappresenta la base per frequenze relative più stabili, ordinate, necessarie. E tutto questo è avvenuto in maniera ciecamente necessaria e da nessuno voluta: cosi, il sorgere del nucleo (che qui prendiamo come un dato di fatto, ma, quando tratteremo le cellule, dovremo giustificare) comporta conseguenze che solo per la mente umana sono senza senso, in quanto il risparmio appare a noi più sensato dello spreco. Ma, per i processi naturali, ha maggior senso il dispendio, senza il quale non ci sarebbe alcuna evoluzione della materia, della vita e delle specie.

Ciechi di fronte al dispendio naturale, oggettivo perché prodotto dalla dialettica caso-necessità, i biologi molecolari non rinunciano ad aggiustare le cose secondo criteri di economia, di efficienza, di utilità, ecc., persino quando sono costretti ad ammettere l'inutilità degli introni. A questo proposito è sufficiente riportare un brano molto significativo: "La presenza di geni interrotti che debbono sottostare a tagli e saldature estremamente esatti a livello della trascrizione del DNA nell'RNA onde poter funzionare, parrebbe una strategia assai complicata di organizzazione dell'espressione dei geni. Tuttavia (sic!) siffatto fenomeno è talmente diffuso e rigorosamente conservatosi attraverso tutte le fasi dell'evoluzione degli eucarioti che si vorrebbe dedurre che esso serva a qualche scopo utile, pur essendo noi tutt'ora all'oscuro dei dispositivi in cui esso consiste" (De Robertis, ibid)

Ma questa "strategia assai complicata", questo "fenomeno talmente diffuso e conservato" nei tempi lunghi dell'evoluzione altro non è che il dispendio: sono i processi dispendiosi della natura che si "conservano", perché i processi naturali non hanno altro modo di realizzarsi che quello dei grandi numeri casuali e delle conseguenti cieche frequenze statistiche. E' quindi giunto il momento di stabilire alcune frequenze statistiche relative alla trascrizione del DNA in RNA. In genere i biologi molecolari concepiscono alla stessa maniera i tre tipi di RNA (messaggero, transfer e ribosomiale), ma soltanto dell'mRNA essi forniscono dati statistici significativi. Quindi ci limiteremo qui a considerare l'RNA messaggero, anche se i risultati teorici che raggiungeremo potranno essere estesi all'RNA transfer e all'RNA ribosomiale.

Se tutto il DNA delle cellule eucariotiche, ad esempio quello dell'uomo, fosse impegnato nell'attività di codificazione, il numero di proteine diverse sarebbe attorno a 3 milioni. Ora "Nonostante la difficoltà a individuare il numero dei vari geni esistenti nel genoma umano, si può ritenere che essi non superino i 20.000-30.000" (ibid). Proprio per questa difficoltà, i vari autori forniscono dati diversi sulla frequenza statistica dei geni sul totale del DNA. Per comodità noi assumeremo 30.000 geni.

C'è un altro dato statistico da tenere presente, che riprendiamo da un testo già citato ("Biologia molecolare della cellula" Watson e altri, 1984): "L'eliminazione degli introni aiuta a spiegare il fatto che, mentre dal 7% a 10% di tutte le sequenze di DNA di una tipica cellula di mammifero sono trascritte in RNA nel nucleo, l'mRNA citoplasmatico corrisponde solo all'1-2% della sequenza di DNA".

Come interpretare questi dati? Avevamo già visto che la doppia elica è impacchettata dagli istoni in nucleosomi, e che questi ultimi non si aprono completamente alla trascrizione. Perciò, se soltanto il 10% circa del DNA viene trascritto nel nucleo nella forma di hnRNA (precursore), ciò significa che il 90% del DNA non viene trascritto, semplicemente perché non si è despiralizzato. E, se soltanto l'1% circa del DNA compare nell'mRNA trascritto che giunge al citoplasma, ciò significa che solo il 10% dell'hnRNA viene trasformato dagli enzimi in mRNA che partecipa alla sintesi delle proteine.

Esistono quindi due momenti nei quali il dispendio mostra la sua presenza: il primo, nel quale solo il 10% circa di DNA viene trascritto in precursore di mRNA, il secondo nel quale solo il 10% circa del precursore raggiunge il citoplasma per partecipare alla sintesi delle proteine. I biologi molecolari, guardando soltanto al risultato finale, hanno dedotto che il 99% del DNA non partecipa, attraverso l'mRNA, alla sintesi delle proteine, quindi hanno ritenuto che fosse inutile. Ma così può ragionare soltanto chi si affida ciecamente alla teoria del codice: se si ritiene che il DNA è solo un codice, un contenitore di informazioni, allora questo 99% può sembrare un inutile spreco proprio perché non porta informazioni alla sintesi delle proteine. Ma, se si comprende che i processi naturali sono dispendiosi, il dispendio non appare più inutile, essendo al contrario assolutamente necessario. In sostanza, questo 99% è la conferma del dispendio, ma di un dispendio utile, senza il quale non esisterebbe alcun processo biologico.

Siamo giunti così a un bivio, nel quale, se si vuol prendere la strada giusta, occorre cambiare totalmente il modo di pensare. Occorre concepire l'intero DNA come un serbatoio di materia prima (nucleotidi), della quale solo una minima parte si ritrova nel prodotto finito (sia pure modificata nei vari passaggi). In quest'ottica, però, le sequenze di nucleotidi che appartengono al 99% del DNA hanno lo stesso valore intrinseco di quell'1% che partecipa direttamente alla sintesi delle proteine. A priori nessuno può dire quali saranno i "fortunati" nucleotidi che in una percentuale così bassa finiranno nell'mRNA citoplasmatico.

Abbiamo già citato il lavoro di sartoria per esemplificare il dispendio naturale, ora lo citeremo per esemplificare il seguente concetto: qualsiasi nucleotide del DNA, come qualsiasi fibra di una tela di stoffa, ha, nel processo di lavorazione, una sorte puramente casuale e non predeterminata. Un sarto può fare un abito con tre metri di stoffa, ma una parte di stoffa deve essere sacrificata al lavoro di taglio e cucito, rappresentando lo scarto di lavorazione. Ora, non solo nessuno può stabilire a priori quali singole fibre finiranno nello scarto, ma nessuno può prevedere neppure quali finiranno nel panciotto, nella giacca, o nella tasca, nel colletto, ecc. La medesima cosa accade quando consideriamo il DNA come materia prima. L'unica differenza riguarda l'entità dello spreco: gigantesco quello della produzione naturale, se paragonato alla produzione umana. E ciò è la conseguenza del fatto che, diversamente dalla produzione umana, in natura nulla dirige la produzione se non il caso e la conseguente cieca necessità.

Da questo punto di vista, gli introni non sono sequenze di nucleotidi, fin dall'inizio, predeterminate ad essere inutili e senza senso. Non esiste perciò una parte di DNA destinata ad essere utile e sensata e una parte destinata ad essere inutile e insensata, ma esiste un DNA, serbatoio di materia prima indifferenziata, della quale alla fine solo l'1% partecipa alla fase della sintesi delle proteine. Di conseguenza non esiste alcun codice, alcun alfabeto, ma solo sequenze di nucleotidi, a basi A,G,T,C, che, presi singolarmente, sono dominati dal caso.

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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume terzo Biologia" (1993-2002) Inedito

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