Nell'"Enciclopedia", Hegel sostiene che ciò che ha molteplici "determinazioni" o "ragioni", in realtà non ne ha alcuna determinante. E' ciò che capita in campo giuridico con la "pena", in campo sociale con l'"impiego", in campo morale con i "motivi". Hegel produce i seguenti tre esempi per dimostrare che nella sfera d'azione dei singoli individui non si trova un unico fondamento, ma molteplici "ragioni" accidentali.
Primo esempio: la pena "ha molteplici determinazioni, di esser cioè una rappresaglia, e poi un esempio, una minaccia che la legge fa per intimorire, e quindi anche un mezzo per portare il delinquente al pentimento e all'ammenda. Ognuna di queste diverse determinazioni è stata considerata qual fondamento della pena,..." così che le altre "vengono determinate rispetto a lei solo come un che di accidentale". In realtà tutte sono un che di accidentale.
Primo esempio: la pena "ha molteplici determinazioni, di esser cioè una rappresaglia, e poi un esempio, una minaccia che la legge fa per intimorire, e quindi anche un mezzo per portare il delinquente al pentimento e all'ammenda. Ognuna di queste diverse determinazioni è stata considerata qual fondamento della pena,..." così che le altre "vengono determinate rispetto a lei solo come un che di accidentale". In realtà tutte sono un che di accidentale.
Possiamo aggiungere la seguente considerazione: la pena, come qualcosa che si applica al singolo individuo, va già bene se colpisce proprio il delinquente, perché non sta scritto da nessuna parte che la pena, per sua natura, si appiccichi soltanto ai criminali. La pena, solo apparentemente, rappresenta una necessità giuridica, in realtà è un'illusione del determinismo riduzionistico. La pena, come idea dalle molteplici determinazioni, è una illusione giuridica priva di necessità, perché rientra nella sfera della singolarità, dove l'arbitrio si può sbizzarrire all'infinito, anche perché è applicata da altri singoli individui, i giudici.*
Secondo esempio: "Così anche un impiegato ha una capacità per l'impiego, ha come individuo una parentela, ha questa o quella conoscenza, ha un carattere particolare, si trovò in queste o quelle circostanze ed occasioni di mostrarsi ecc. Ciascuna di queste circostanze può essere la ragione, e può riguardarsi come la ragione, ch'egli abbia questo certo impiego;..." Ma "Come stiano effettivamente, le cose, cioè nel caso singolo, questa è una determinazlone estrinseca..." e perciò accidentale.
Terzo esempio: "Così da un motivo morale un'azione può dunque sorgere, oppure no. Viceversa, un'azione morale può avere più sorta di motivi. Essendo un concreto, essa contiene molteplici determinazioni essenziali, ciasuna delle quali può essere assegnata come motivo". Di conseguenza: "di ogni cosa si possono portare una o parecchie buone ragioni, e così anche del suo opposto; e si possono avere ragioni in gran numero, senza che da esse venga fuori nulla. Quella che Socrate e Platone chiamano sofistica altro non è che l'argomentare in base a ragioni".
"Così in generale ogni esistere può avere più sorta di fondamenti o ragioni. Ciascuna delle sue determinazioni...si può quindi riguardare come essenziale. A cagione dell'accidentalità del collegamento [NB] è sempre aperta la porta ai più svariati riguardi, vale a dire a determinazioni che stanno fuori della cosa stessa. -Che un principio abbia questa o quella conseguenza, è pertanto parimenti accidentale".
"L'argomentare in base ragioni", metodo che ormai prevale in tutti i rami delle scienze della natura e della società umana, deriva dal fatto che si argomenta sulle circostanze della esistenza singolare, sia dell'esistenza delle singole cose che dei singoli individui. Ma nella sfera della singolarità, come tentiamo di dimostrare, non esiste una necessità determinante che possa rendere ragione di un fatto, un'azione, un risultato. Qui invece della realtà necessaria, troviamo le molteplici possibilità che diventano realtà solo in modo contingente per l'intervento del caso, al quale soltanto si può addebitare la ragione per cui si realizza solo una possibilità, invece di un'altra o del suo opposto.
Dalla sofistica attorno ai casi singoli, dunque, non viene fuori nulla di necessario. Per questo motivo non viene fuori nulla di necessario dalla morale, dal diritto e dalla religione, campi che pongono sotto la loro indagine (si potrebbe anche dire sotto sequestro) i singoli individui. E' la necessità del governo delle persone che, in questi campi, si rovescia nella casualità del "sequestro" delle singole persone.
Abbiamo già detto che è il fallimento del governo delle cose la ragione del governo delle persone. Ora possiamo essere più precisi, ponendo tra le "cose" anche i complessi umani: i popoli, le masse, le classi, i ceti sociali, le varie categorie, il cui governo, fino ad oggi, è stato una cieca necessità piuttosto che una necessità pianificata coscientemente per il benessere della società. Il fallimento della cieca necessità del governo dei complessi umani è dunque l'unica reale ragione del governo delle persone: così questo fallimento ricade sui singoli individui e sulle unità singole un poco più estese, le famiglie, nella forma dell'arbitrio, del caso più sfrenato e senza controllo.
E l'arbitrio peggiore non è quello del danno che un singolo individuo produce su un altro con un'azione illegale: peggiore è l'arbitrio che la morale, il diritto civile e penale, la religione producono su grandi numeri di singoli individui, fino a coinvolgerli su "ragioni" che non hanno neppure la scusante della cieca necessità capitalistica che domina il mondo.
Secondo esempio: "Così anche un impiegato ha una capacità per l'impiego, ha come individuo una parentela, ha questa o quella conoscenza, ha un carattere particolare, si trovò in queste o quelle circostanze ed occasioni di mostrarsi ecc. Ciascuna di queste circostanze può essere la ragione, e può riguardarsi come la ragione, ch'egli abbia questo certo impiego;..." Ma "Come stiano effettivamente, le cose, cioè nel caso singolo, questa è una determinazlone estrinseca..." e perciò accidentale.
Terzo esempio: "Così da un motivo morale un'azione può dunque sorgere, oppure no. Viceversa, un'azione morale può avere più sorta di motivi. Essendo un concreto, essa contiene molteplici determinazioni essenziali, ciasuna delle quali può essere assegnata come motivo". Di conseguenza: "di ogni cosa si possono portare una o parecchie buone ragioni, e così anche del suo opposto; e si possono avere ragioni in gran numero, senza che da esse venga fuori nulla. Quella che Socrate e Platone chiamano sofistica altro non è che l'argomentare in base a ragioni".
"Così in generale ogni esistere può avere più sorta di fondamenti o ragioni. Ciascuna delle sue determinazioni...si può quindi riguardare come essenziale. A cagione dell'accidentalità del collegamento [NB] è sempre aperta la porta ai più svariati riguardi, vale a dire a determinazioni che stanno fuori della cosa stessa. -Che un principio abbia questa o quella conseguenza, è pertanto parimenti accidentale".
"L'argomentare in base ragioni", metodo che ormai prevale in tutti i rami delle scienze della natura e della società umana, deriva dal fatto che si argomenta sulle circostanze della esistenza singolare, sia dell'esistenza delle singole cose che dei singoli individui. Ma nella sfera della singolarità, come tentiamo di dimostrare, non esiste una necessità determinante che possa rendere ragione di un fatto, un'azione, un risultato. Qui invece della realtà necessaria, troviamo le molteplici possibilità che diventano realtà solo in modo contingente per l'intervento del caso, al quale soltanto si può addebitare la ragione per cui si realizza solo una possibilità, invece di un'altra o del suo opposto.
Dalla sofistica attorno ai casi singoli, dunque, non viene fuori nulla di necessario. Per questo motivo non viene fuori nulla di necessario dalla morale, dal diritto e dalla religione, campi che pongono sotto la loro indagine (si potrebbe anche dire sotto sequestro) i singoli individui. E' la necessità del governo delle persone che, in questi campi, si rovescia nella casualità del "sequestro" delle singole persone.
Abbiamo già detto che è il fallimento del governo delle cose la ragione del governo delle persone. Ora possiamo essere più precisi, ponendo tra le "cose" anche i complessi umani: i popoli, le masse, le classi, i ceti sociali, le varie categorie, il cui governo, fino ad oggi, è stato una cieca necessità piuttosto che una necessità pianificata coscientemente per il benessere della società. Il fallimento della cieca necessità del governo dei complessi umani è dunque l'unica reale ragione del governo delle persone: così questo fallimento ricade sui singoli individui e sulle unità singole un poco più estese, le famiglie, nella forma dell'arbitrio, del caso più sfrenato e senza controllo.
E l'arbitrio peggiore non è quello del danno che un singolo individuo produce su un altro con un'azione illegale: peggiore è l'arbitrio che la morale, il diritto civile e penale, la religione producono su grandi numeri di singoli individui, fino a coinvolgerli su "ragioni" che non hanno neppure la scusante della cieca necessità capitalistica che domina il mondo.
* La pena, così come il suo opposto, la grazia, sono così capricciose e arbitrarie da giustificare qualsiasi farsa o dramma. Si può citare, a questo proposito, "Il rovescio della storia contemporanea" di Balzac, dove l'intensità del dramma scaturisce dal contrasto tra due casi individuali opposti: la pena di morte applicata a una giovane innocente, e la "grazia" di un aiuto filantropico che salva la vita di una donna malata, restituendole anche il benessere economico perduto. Uno dei personaggi di questo dramma, ad un certo punto, esclama: "non credevo che il bene fosse più piccante del vizio". E lo può esclamare a ragion veduta, sapendo che la madre della sventurata vittima di un errore giudiziario si stava adoperando per salvare la figlia del giudice che lo aveva commesso.
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