Mentre l'"affinità chimica" e il "legame" sono termini sorti come idee generiche, imprecisate, per rendere ragione delle combinazioni molecolari della chimica, la "catalisi" riguarda un fenomeno specifico: l'accelerazione di certe reazioni chimiche. Nel primo caso la difficoltà consiste nel fatto che il nome indica qualcosa di convenzionale per spiegare fenomeni reali, nel secondo la difficoltà non è nel nome, ma nel fenomeno stesso.
"Come rilevò Ostwald nel 1909, "prima della creazione della teoria della velocità di reazione non era possibile ricavare conclusioni utili sulla catalisi, dato che questa consiste nel cambiamento della velocità delle reazioni chimiche a seguito della presenza di sostanze che non figurano nei prodotti finali delle reazioni stesse"."* Si trattava, quindi, di rendere conto della peculiarità delle reazioni catalitiche: in parole povere, come avviene questo mutamento di velocità per la presenza di sostanze, dette catalitiche?
Per lo studio della catalisi, occorse l'introduzione in chimica del concetto di tempo che permise il nascere della cinetica chimica. Berzelius interpretò per primo il fenomeno catalitico come manifestazione delle reazioni elettrochimiche della materia: egli "chiamò forza catalitica "la causa dell'azione chimica e richiamò l'attenzione sulle "migliaia di reazioni catalitiche che si svolgono negli organismi"."
"Concezioni interessanti sviluppò Mayer che considerò la catalisi come un caso particolare di "scarica" (Auslosung)". "Il catalizzatore rappresenterebbe il 'grilletto' che pone in azione una grande quantuità di energia 'dormiente'. L'idea di Mayer della scarica applicata alla catalisi venne sviluppata da A. Rey e particolarmente da W. Ostwald. Rey considerava la catalisi come un caso particolare di scarica, e ne diede la definizione quale "liberazione di quantità relativamente grandi di energia disponibile, per mezzo di piccole quantità di energia"."
Solov'ev riassume così le varie interpretazioni sulla catalisi nell'Ottocento: "Concludendo, nel secolo XIX si possono distinguere le seguenti concezioni fondamentali sulla funzione della catalisi nelle trasformazioni chimiche. Il catalizzatore è la causa di una reazione chimica e la sua presenza è condizione indispensabile perché essa si svolga (Herforschung, secondo Berzelius); rottura dell'equilibrio della attrazione di un radicale verso altri elementi o radicali ai quali è legato (secondo Liebig); il catalizzatore ha la funzione di 'grilletto', premendo il quale la reazione si scatena (auslosung, secondo Mayr); e finalmente il catalizzatore accelera una reazione chimica che avverrebbe da sé, cioè il catalizzatore governa ma non provoca di per sé la trasformazione chimica (beschlkeunigung, secondo Ostwald)".
Anche l'interpretazione di un fatto, di un fenomeno non è semplice: si procede a tentoni, fino a quando si raggiunge la definizione più essenziale: nel 1907 "Ostwald avanzò l'importante ipotesi sull'essenza della catalisi: la catalisi è un modo di accelerare reazioni che già avvengono naturalmente, mediante l'introduzione, nel sistema di reazione, di particolari sostanze, i catalizzatori". "In base a ciò egli giunse alla conclusione che "tutte le reazioni che praticamente si compiono sono condizionate dalla presenza di quantità minime di sostanze estranee che agiscono cataliticamente"."
Ostwald pose la questione della catalisi nella sua essenza, ma la giusta definizione non era ancora la soluzione. Per la conoscenza di un fatto, di un fenomeno, ecc. il procedimento a tentoni sembra senza fine, anche se, spesso per stanchezza, la fine arriva quando si raggiunge una definizione convenzionale, accettata per consenso generale.
"Il primo tentativo di penetrare nel meccanismo degli atti elementari delle reazioni chimiche fu la teoria delle collisioni, che sviluppava la concezione di Arrhenius sull'applicazione della cibernetica chimica delle correlazioni termodinamiche. Uno dei creatori di questa teoria, il chimico fisico americano, V.C McC. Lewis, nel 1918, avendo calcolato le costanti di velocità delle reazioni biomolecolari in fase gassosa, mostrò che "la velocità è uguale al numero di collisioni nell'unità di tempo delle molecole in possesso di una certa energia critica". Dato che, secondo questa definizione, il fattore A della equazione di Arrhenius assume il significato della frequenza degli urti delle molecole reagenti nell'unità di tempo, lo studio della velocità degli atti elementari delle reazioni si sviluppò, nel quadro della teoria delle collisioni, in due direzioni: determinazione della efficacia delle collisioni (energia di attivazione) e determinazione della frequenza delle collisioni (fattore A)".
Questa era la via giusta, e giustamente Solov'ev afferma: "Con l'ausilio dei metodi statistici è possibile trovare la concentrazione dei complessi attivati e la frequenza del loro passaggio attraverso la barriera energetica, ossia i fattori principali che definiscono la costante di velocità di reazione...".
Rimaneva, però, un problema: dopo aver compreso che la catalisi è un fenomeno che riguarda un complesso di grandi numeri di molecole e la loro complessiva velocità di reazione, rimaneva da comprendere il ruolo dei catalizzatori: come fanno ad accelerare la velocità di una reazione chimica che, senza di essi, avverrebbe in maniera più lenta e perciò inefficace per le reazioni biomolecolari? Più interessati al lato pratico delle reazioni enzimatiche, i biochimici si accontentarono di una soluzione convenzionale: gli enzimi abbassano la soglia energetica, la barriera di attivazione. E per loro la facenda era chiusa.
"I chimici sempre più si rivolgono alla catalisi enzimatica non solo quale oggetto a sé stante di ricerca, ma anche come sorgente di nuove idee capaci di portare a processi chimici più vantaggiosi. La preparazione di nuovi catalizzatori altamente attivi può evidentemente essere realizzata come risultato della applicazione dei princìpi che determinano l'organizzazione strutturale degli enzimi, in presenza dei quali le reazioni procedono con velocità notevolmente superiori a quelle conseguibili con l'uso di catalizzatori sintetici e in condizioni assai più blande. Gli enzimi provocano la divisione del processo in stadi tali da assicurare un sostanziale abbassamento (!) delle barriere di attivazione e una più completa utilizzazione dell'energia degli stadi esotermici del processo stesso".
"Come rilevò Ostwald nel 1909, "prima della creazione della teoria della velocità di reazione non era possibile ricavare conclusioni utili sulla catalisi, dato che questa consiste nel cambiamento della velocità delle reazioni chimiche a seguito della presenza di sostanze che non figurano nei prodotti finali delle reazioni stesse"."* Si trattava, quindi, di rendere conto della peculiarità delle reazioni catalitiche: in parole povere, come avviene questo mutamento di velocità per la presenza di sostanze, dette catalitiche?
Per lo studio della catalisi, occorse l'introduzione in chimica del concetto di tempo che permise il nascere della cinetica chimica. Berzelius interpretò per primo il fenomeno catalitico come manifestazione delle reazioni elettrochimiche della materia: egli "chiamò forza catalitica "la causa dell'azione chimica e richiamò l'attenzione sulle "migliaia di reazioni catalitiche che si svolgono negli organismi"."
"Concezioni interessanti sviluppò Mayer che considerò la catalisi come un caso particolare di "scarica" (Auslosung)". "Il catalizzatore rappresenterebbe il 'grilletto' che pone in azione una grande quantuità di energia 'dormiente'. L'idea di Mayer della scarica applicata alla catalisi venne sviluppata da A. Rey e particolarmente da W. Ostwald. Rey considerava la catalisi come un caso particolare di scarica, e ne diede la definizione quale "liberazione di quantità relativamente grandi di energia disponibile, per mezzo di piccole quantità di energia"."
Solov'ev riassume così le varie interpretazioni sulla catalisi nell'Ottocento: "Concludendo, nel secolo XIX si possono distinguere le seguenti concezioni fondamentali sulla funzione della catalisi nelle trasformazioni chimiche. Il catalizzatore è la causa di una reazione chimica e la sua presenza è condizione indispensabile perché essa si svolga (Herforschung, secondo Berzelius); rottura dell'equilibrio della attrazione di un radicale verso altri elementi o radicali ai quali è legato (secondo Liebig); il catalizzatore ha la funzione di 'grilletto', premendo il quale la reazione si scatena (auslosung, secondo Mayr); e finalmente il catalizzatore accelera una reazione chimica che avverrebbe da sé, cioè il catalizzatore governa ma non provoca di per sé la trasformazione chimica (beschlkeunigung, secondo Ostwald)".
Anche l'interpretazione di un fatto, di un fenomeno non è semplice: si procede a tentoni, fino a quando si raggiunge la definizione più essenziale: nel 1907 "Ostwald avanzò l'importante ipotesi sull'essenza della catalisi: la catalisi è un modo di accelerare reazioni che già avvengono naturalmente, mediante l'introduzione, nel sistema di reazione, di particolari sostanze, i catalizzatori". "In base a ciò egli giunse alla conclusione che "tutte le reazioni che praticamente si compiono sono condizionate dalla presenza di quantità minime di sostanze estranee che agiscono cataliticamente"."
Ostwald pose la questione della catalisi nella sua essenza, ma la giusta definizione non era ancora la soluzione. Per la conoscenza di un fatto, di un fenomeno, ecc. il procedimento a tentoni sembra senza fine, anche se, spesso per stanchezza, la fine arriva quando si raggiunge una definizione convenzionale, accettata per consenso generale.
"Il primo tentativo di penetrare nel meccanismo degli atti elementari delle reazioni chimiche fu la teoria delle collisioni, che sviluppava la concezione di Arrhenius sull'applicazione della cibernetica chimica delle correlazioni termodinamiche. Uno dei creatori di questa teoria, il chimico fisico americano, V.C McC. Lewis, nel 1918, avendo calcolato le costanti di velocità delle reazioni biomolecolari in fase gassosa, mostrò che "la velocità è uguale al numero di collisioni nell'unità di tempo delle molecole in possesso di una certa energia critica". Dato che, secondo questa definizione, il fattore A della equazione di Arrhenius assume il significato della frequenza degli urti delle molecole reagenti nell'unità di tempo, lo studio della velocità degli atti elementari delle reazioni si sviluppò, nel quadro della teoria delle collisioni, in due direzioni: determinazione della efficacia delle collisioni (energia di attivazione) e determinazione della frequenza delle collisioni (fattore A)".
Questa era la via giusta, e giustamente Solov'ev afferma: "Con l'ausilio dei metodi statistici è possibile trovare la concentrazione dei complessi attivati e la frequenza del loro passaggio attraverso la barriera energetica, ossia i fattori principali che definiscono la costante di velocità di reazione...".
Rimaneva, però, un problema: dopo aver compreso che la catalisi è un fenomeno che riguarda un complesso di grandi numeri di molecole e la loro complessiva velocità di reazione, rimaneva da comprendere il ruolo dei catalizzatori: come fanno ad accelerare la velocità di una reazione chimica che, senza di essi, avverrebbe in maniera più lenta e perciò inefficace per le reazioni biomolecolari? Più interessati al lato pratico delle reazioni enzimatiche, i biochimici si accontentarono di una soluzione convenzionale: gli enzimi abbassano la soglia energetica, la barriera di attivazione. E per loro la facenda era chiusa.
"I chimici sempre più si rivolgono alla catalisi enzimatica non solo quale oggetto a sé stante di ricerca, ma anche come sorgente di nuove idee capaci di portare a processi chimici più vantaggiosi. La preparazione di nuovi catalizzatori altamente attivi può evidentemente essere realizzata come risultato della applicazione dei princìpi che determinano l'organizzazione strutturale degli enzimi, in presenza dei quali le reazioni procedono con velocità notevolmente superiori a quelle conseguibili con l'uso di catalizzatori sintetici e in condizioni assai più blande. Gli enzimi provocano la divisione del processo in stadi tali da assicurare un sostanziale abbassamento (!) delle barriere di attivazione e una più completa utilizzazione dell'energia degli stadi esotermici del processo stesso".
* Jurij I. Solov'ev: "L'evoluzione del pensiero chimico" (1971-76). Tutti gli estratti di questo post sono tratti da questo libro.
Tratto da: "La dialettica caso-necessità in biologia" (1993-2002)
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