giovedì 10 agosto 2017

1) Immunologia: vecchie intuizioni e idee da riconsiderare*

Lo scopo della nostra indagine è quello di ripercorrere la nascita e lo sviluppo delle principali teorie immunologiche, inizialmente fondate su intuizioni e idee spesso soltanto contingenti, ma talvolta profonde, sebbene viziate dall'abituale mancanza di dialettica. A un iniziale periodo caratterizzato da uno sviluppo teorico di elevato livello, fondato su limitate osservazioni sperimentali, fece seguito una fase, che dura ancora oggi, di piatto meccanicismo, con la formulazione di una terminologia puramente convenzionale, incapace di riflettere una realtà che l'abbondante messe di osservazioni sperimentali mostra sempre più aggrovigliata e complessa.

Se i primi teorici dell'immunologia cercavano faticosamente di spiegare l'oggetto della loro indagine, prima ancora d'essere in grado di descriverlo, i teorici più recenti, che hanno fin troppo materiale da descrivere, lo riducono a meccanismo credendo, in questo modo, di spiegarlo. Il loro limite consiste proprio in ciò, che pretendono ridurre una realtà aggrovigliata e complessa, come il sistema immunitario, a un insieme di meccanismi giustapposti, dimenticando, in questa operazione, vecchie intuizioni  e idee che andrebbero, invece, riconsiderate.

E' il caso, ad esempio, delle intuizioni di Metchnikoff**, espresse nel 1901 in un breve scritto dal titolo "L'immunità nelle malattie infettive". Un piccolo organismo può entrare in un organismo più grande provocando un'infezione. La contropartita dell'infezione da parte dell'organismo più grande, dice Metchnikoff, è l'isolamento dell'intruso mediante una membrana, oppure la sua distruzione mediante digestione. In questa semplice osservazione c'è un'intuizione che può essere così espressa: il fenomeno del confinamento entro una membrana e il fenomeno della digestione rappresentano i due poli opposti di una realtà contraddittoria: ciò che non è digerito è incluso e, viceversa, ciò che non è incluso è digerito. Dunque, si può stabilire che l'evoluzione degli organismi, a cominciare dagli unicellulari, consistette nell'includere ciò che non poteva essere digerito, ma, contraddittoriamente, ciò che veniva incluso poteva ancora venire digerito in qualsiasi momento, a seconda delle circostanze.

Metchnikoff cita l'esempio del Plasmodio che accidentalmente può ingerire batteri, i quali possono vivere per qualche tempo all'interno dei suoi vacuoli digestivi, prima di essere digeriti da fermenti solubili. E poi scrive: "I microbi infettivi, entrati nell'organismo indenni, vi restano più o meno a lungo, ma muoiono al suo interno, senza venire espulsi. Questa scomparsa dei microbi avviene mediante lo stesso processo per cui il plasmodio si sbarazza dei batteri che ha potuto inglobare nelle sue lente peregrinazioni su foglie morte e su legno marcio. I microbi sono riassorbiti nell'organismo refrattario in seguito a un vero e proprio atto di digestione".

Dopo aver intuìto che l'eliminazione di microbi ha il significato di semplice digestione, egli si stupisce che a questo compito non sia addetta la digestione gastrointestinale negli organismi pluricellulari, "così ben attrezzati per rendere solubili gli elementi più diversi". Al contrario, molti sono gli organismi microscopici, tra i quali soprattutto i batteri, che popolano l'organo della digestione. Così egli vede nei globuli bianchi i fagociti che, al pari del plasmodio, digeriscono i microorganismi: "La maggior parte dei fagociti circola nella linfa e nel sangue, e passa negli essudati. Questi globuli bianchi hanno una struttura più uniforme negli invertebrati e si presentano sotto forma di piccole cellule con un nucleo e un protoplasma capace di movimenti ameboidi".

Se dunque il singolo fagocita è come un'ameba che vive nell'ambiente interno di un organismo più grande, come un plasmodio vive sulle foglie morte, esso ingloba e digerisce. Dal punto di vista complessivo la semplice attività digestiva di ogni singola cellula fagocitaria si rovescia in qualcosa di diverso qualitativamente: la "risposta immunitaria". Non c'è nulla di misterioso in tutto questo. Già Erlich, un anno prima, aveva compreso l'essenza dei processi immunologici dissolvendo l'alone di mistero che li accompagnava: "la formazione di antitossine -egli scriveva- manca di tutte quelle caratteristiche, che sembrava possedere inizialmente, di processo straordinario guidato in modo intelligente e intenzionale, e questa produzione deve essere ritenuta semplicemente come un processo analogo a quello che costituisce una componente fondamentale del metabolismo normale dell'organismo".

Queste interessanti intuizioni non hanno potuto costituire la base di ulteriori sviluppi perché, come vedremo, verrà imposta molto presto una concezione empirica meccanicistica. Corbellini, che ha curato l'antologia di scritti di autori vari che utilizzeremo nella nostra indagine, riguardo a queste prime idee del pensiero immunologico di inizio Novecento, scrive: "Negli organismi pluricellulari, l'originaria attività fagocitica e digestiva degli unicellulari trovava la sua funzione adattativa nei processi infiammatori, che costituivano un meccanismo di difesa dell'organismo dagli "agenti infettivi"." Sebbene egli sembri accettare questa semplice ma realistica interpretazione, non solo introduce di soppiatto il termine di "meccanismo", ma aggiunge che Metchinkoff non si era reso conto della specificità della risposta immunitaria.

Corbellini, qui, si sbaglia di grosso: è la concezione della "specificità" che, come vedremo in seguito, non rende ragione dell'essenza della risposta immunitaria. Sono, invece, le idee informali dei teorici dell'inizio del Novecento (non ancora assoggettati al convenzionalismo fittizio di questo secolo, non ancora soffocati da una terminologia meccanicistico teleonomica) che permettono di stabilire alcuni semplici punti fermi tuttora validi: non potrebbero esistere organismi pluricellulari complessi in grado di difendersi dalle infezioni dei microorganismi, 1) se essi non fossero altro che complessi di colonie di unicellulari, la cui attività complessiva risulta un potenziamento, se paragonata alla somma delle singole attività degli unicellulari; 2) se gli unicellulari, di cui sono composti i pluricellulari, non continuassero ad esercitare una inconsapevole attività fagocitaria e digestiva; 3) se, infine, per alcuni tipi di cellule, questa attività fagocitaria e digestiva individuale non si rovesciasse complessivamente in un sistema ciecamente e inconsapevolmente necessario di difesa immunitaria dell'intero organismo pluricellulare.

Così, non riuscendo a concepire il fatto che qualcosa di puramente inconsapevole e casuale, quale l'attività fagocitaria e digestiva di ogni singola cellula, potesse rovesciarsi, come complesso di numerosissime cellule, in una necessità così qualitativamente diversa quale quella della risposta immunitaria, gli immunologi cercarono spiegazioni più complicate, finché non si convinsero che le cellule dell'immunità operano programmate singolarmente per difendere l'intero organismo. Ancora una volta il determinismo riduzionistico ha portato fuori strada un'ennesima disciplina scientifica.


*Metchnikoff, zoologo russo pioniere di immunologia.                                                                        
                                                                         
                                                                      
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Rileggendo il Capitolo XIV del mio Terzo volume inedito, "La dialettica caso-necessità in biologia" (1993-2002),  riguardante il pensiero immunologico, ho ritenuto che fosse ancora valido e che fosse arrivato il momento di pubblicarlo in 10 post, quanti sono i suoi paragrafi

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