venerdì 11 agosto 2017

2) Prime teorie sulla formazione degli anticorpi

Ancor prima della scoperta delle cellule linfocitarie, gli immunologi poterono fondare le proprie teorie soltanto sull'osservazione della reazione anticorpale. Inizialmente, s'imposero le teorie dello stampo antigenico, dette anche teorie informative o istruttive, che furono successivamente soppiantate dalle teorie selezioniste o selettive. Partendo dall'osservazione della specificità stereochimica, le prime teorie giunsero fino a supporre una perfetta specificità anticorpo-antigene, che venne visualizzata con l'immagine della chiave e della serratura.

Il principale esponente di questa concezione, Linus Pauling, era un estimatore della teoria dei quanti che introdusse nella biochimica. La sua visione riduzionistica e meccanicistica derivava proprio della fisica, come conferma il seguente brano tratto da un suo scritto del 1948*: "Vi sono ormai prove abbastanza convincenti che la specificità del potere di combinazione degli anticorpi può essere spiegata in termini di forze a breve raggio d'azione di natura sconosciuta, derivando, la specificità stessa, dalla complementarità di struttura della regione di combinazione dell'anticorpo e della superficie dell'antigene omologo. Non è impossibile che si possa spiegare in maniera simile la specificità biologica in generale, come conseguenza delle ordinarie forze specifiche, forze a breve raggio, che operano fra tutte le molecole".

Sebbene, all'inizio del saggio, Pauling scrivesse: "Progressi rilevanti sono stati effettuati recentemente nell'affrontare il problema che riguarda la natura delle forze biologiche specifiche e anche la questione, strettamente connessa, del meccanismo di produzione delle molecole biologiche complesse dotate di proprietà specifiche", il termine "meccanismo" non aveva ancora soppiantato nella sua prosa il termine "processo", come si può osservare nella seguente esposizione della teoria dello stampo: "Questa teoria della struttura del processo di formazione degli anticorpi si basa su due concetti fondamentali: a) che le forze di legame fra un anticorpo e il suo antigene omologo sono le normali forze a breve raggio d'azione, le quali, come sappiamo, intervengono tra le molecole più semplici; b) che la grande specificità è conseguenza di una precisa "complementarità, nella configurazione, che si estende sopra una superficie notevole della molecola di antigene e sulla corrispondente zona di combinazione della molecola di anticorpo".


Nell'assumere il concetto quantistico di "complementarità", per la spiegazione della specificità anticorpale, Pauling dimenticò, però, l'"indeterminazione" che, ad esempio, aveva "vietato" a Heisenberg ogni previsione del comportamento della singola particella e, prima ancora, aveva impedito a Boltzmann qualsiasi previsione sul comportamento della singola molecola di un gas. Così, si riprodusse in immunologia la stessa imbarazzante situazione della fisica quantistica: nonostante la pretesa di Pauling di determinare l'azione del singolo anticorpo sul singolo antigene omologo (contraddicendo i dettami della fisica quantistica), la specificità anticorpale non può essere spiegata per questa via. Infatti, il movimento delle singole molecole biologiche, al pari di quello delle singole particelle della fisica, è casuale e indeterminabile, essendo troppo numerose le molecole anticorpali, le molecole antigeniche e le pretese forze in campo.

Se ciò non è stato rilevato dipende dal fatto che la teoria dello stampo fu soppiantata dalla nuova teoria della selezione, la quale si dimenticò completamente dell'esistenza di forze e si limitò a descrivere il processo della produzione di anticorpi in termini di selezione darwiniana, applicata alla singola globulina: insomma, lo stesso errore riduzionistico per due vie diverse.

Il principale esponente di questa teoria, Jerne**, spiegò la faccenda nei seguenti termini: "Il ruolo dell'antigene non è quello di uno stampo, né quello di un enzima modificato. L'antigene è soltanto un vettore selettivo che trasporta l'anticorpo, spontaneamente circolante nel sangue o nella linfa, al sistema di cellule in grado di riprodurlo. Le molecole di globulina sono state continuamente sintetizzate in un'enorme varietà di configurazioni differenti. Tra le popolazioni di molecole di globulina circolanti saranno spontaneamente presenti frazioni di essa che sono dotate di affinità verso qualsiasi antigene a cui l'animale può rispondere. Questi sono i cosiddetti anticorpi "naturali". L'introduzione di un antigene nel sangue o nella linfa porta  al legame selettivo, sulla superficie dell'antigene, di quelle molecole globuliniche che si trovano ad avere una configurazione complementare. L'antigene che trasporta tali molecole può allora essere inglobato da una cellula fagocitaria..."

Da notare che Jerne conservò il concetto informativo-quantistico di "complementarità", ma solo per indicare il legame stereochimico antigene-anticorpo. Di fatto, la teoria della "selezione naturale" degli anticorpi si fondava sulla spontaneità, ovvero sulla casualità, della riproduzione delle molecole anticorpali: "errori di copia non saranno dannosi e potranno, occasionalmente, migliorare l'adattamento". In altre parole, il miglioramento dell'adattamento anticorpo-antigene dipendeva, nella teoria di Jerne, da occasionali errori di copia, ossia dal caso.

Ma, nella proposizione che segue, egli fu ancora più esplicito sul ruolo del caso nel processo di formazione degli anticorpi: nelle fasi iniziali di vita di un animale "deve avere luogo una produzione spontanea di specificità casuali. Le molecole di globulina prodotte spontaneamente possono essere formate solo in piccolo numero. Quelle, tra di esse, che si attacheranno alle strutture presenti nel corpo animale stesso saranno eliminate e quindi non saranno disponibile per la riproduzione. L'assenza di molecole globuliniche che trasportano questa specificità impedirà all'organismo di rispondere ad antigeni appartenenti a questi esemplari specifici".

Jerne attribuì, dunque, al caso la formazione di anticorpi "naturali", tra i quali quelli che sono specifici per le strutture dell'organismo vengono eliminati. Si tratta di una manifestazione della legge del dispendio: gli elementi non adatti vengono eliminati e ciò che rimane è, in un primo momento, soltanto neutrale. In questa intuizione non c'è alcun riferimento a una pretesa capacità di "riconoscimento", ma soltanto una spiegazione fondata sulla selezione mediante estinzione.

Mettiamo al posto degli anticorpi i linfociti che li producono e abbiamo una valida teoria, che avrebbe potuto rappresentare il punto di partenza per lo sviluppo di una realistica teoria immunologica. Ma, come spesso avviene nelle discipline scientifiche, la realtà appare in forma capovolta: così la concezione selettiva fu attribuita riduzionisticamente ai singoli antigeni e alle singole cellule immunitarie, non ai loro complessi.


* Linus Pauling, "Gli anticorpi e le forze biologiche specifiche".

** Immunologo danese

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Rileggendo il Capitolo XIV del mio Terzo volume inedito, "La dialettica caso-necessità in biologia" (1993-2002), capitolo riguardante il pensiero immunologico, ho ritenuto che fosse ancora valido e che fosse arrivato il momento di pubblicarlo in 10 post, quanti sono i suoi paragrafi.


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