Per questa disanima ci serviremo di un breve saggio dal titolo "La matematica e il calcolatore" (2004) di Milvio Capovani. La validità di quest'opera deriva dalla considerazione della matematica non solo come astrazione pura, ma anche come strumento di calcolo. Tra questi due poli sono sempre esistite differenze, le quali rappresentano l'oggetto della nostra indagine.
Le motivazioni del sorgere della matematica sono indicate dall'autore nel suo incipit: "Fin dall'antichità l'uomo ha cercato di realizzare strumenti per agevolare i calcoli e per questo nel tempo ha, via via, ideato e realizzato strumenti di calcolo sempre più potenti e raffinati, fino alla creazione dei calcolatori dei giorni nostri".
La matematica, dunque, come calcolo, ossia misura, del mondo esterno. Certo, Capovani è interessato soprattutto a rifare la storia dei calcolatori, a cominciare da Blaise Pascal "che ha realizzato la prima calcolatrice meccanica capace di eseguire somme e sottrazioni" e da Gottfried Leibniz "che ha progettato una macchina in grado di eseguire somme, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni". Questa storia ci racconta, appunto, la matematica applicata alle macchine.
La matematica, dunque, come calcolo, ossia misura, del mondo esterno. Certo, Capovani è interessato soprattutto a rifare la storia dei calcolatori, a cominciare da Blaise Pascal "che ha realizzato la prima calcolatrice meccanica capace di eseguire somme e sottrazioni" e da Gottfried Leibniz "che ha progettato una macchina in grado di eseguire somme, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni". Questa storia ci racconta, appunto, la matematica applicata alle macchine.
Importanti contributi alla evoluzione dei calcolatori vennero da George Boole che "gettò le basi del sistema binario" e dalla macchina di Turing o "modello di calcolatore astratto" "servito poi come base per la ideazione e progettazione dei calcolatori degli anni quaranta". "Infine John von Neumann, uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, ha avuto l'intuizione e il merito di capire la svolta epocale che si stava creando con il passaggio dall'operatore uomo al calcolatore".
Anticipando, potremmo sostenere, senza alcuna incertezza, che questo sviluppo tecnologico, realizzato in tempi storicamente brevissimi, rappresenta uno dei più grandi successi della matematica applicata alla scienza pratica umana; ma, paradossalmente, nel frattempo, la matematica applicata alla scienza teorica: alla fisica delle particelle, alla teoria quantistica, alla teoria della relatività, ecc. è rimasta bloccata al palo.
L'obiettivo principale di Capovani è compiere un excursus per mostrare i superlativi successi della matematica applicata alla tecnologia. Vediamoli in breve. Scrive l'autore: "Georg Cantor, David Hilbert, Kurt Godel, Alan Turing, Jhon von Neumann e Giuseppe Peano sono stati fra i più profondi pensatori del Novecento che hanno studiato a fondo l'aspetto logico del pensiero umano: è da questi pensatori che è gemmata la matrice culturale dalla quale è stato generato il calcolatori moderno, che è il risultato di un così grande intreccio di conoscenze logiche e di tecniche ingegneristiche che è praticamente impossibile identificarne un inventore".
Un'opera collettiva, dunque, come deve essere l'opera della specie umana! Ma qui entra anche, di soppiatto, un primo equivoco: l'idea che la matematica ad uso dei calcolatori abbia come fondamento la logica del pensiero umano. Se così fosse, i calcolatori possederebbero la nostra logica e, con essa, l'intelligenza umana. Chi scrive sostiene, invece, che i calcolatori possiedono soltanto la logica binaria: logica sulla quale fa molto affidamento, purtroppo, anche la mente matematica, portata a credere che l'uomo possa e debba pensare metafisicamente solo per antitesi: o vero o falso, o bianco o nero, o 0 o 1. Guai alla dialettica della contraddizione! Per avere conferma, chiedere al metafisico Oddifreddi!
I matematici puri soffrono di una forma di autismo* che li favorisce nella loro disciplina, ma li danneggia quando montano sui trampoli giudicando le contraddizioni come qualcosa da respingere, anche perché non le capiscono e ne vengono irritati profondamente. E' evidente che il cervello umano in se stesso soffre di questo antagonismo interiore: la logica filosofica (soprattutto quella dialettica) e la logica matematica stanno agli antipodi: così, chi si trova bene con la prima, detesta la seconda, e viceversa. Pochi sono gli studiosi che hanno saputo destreggiarsi in entrambi i campi come, ad esempio, Leibniz. Come abbiamo già osservato in altro luogo, ci vuole per la matematica una grande capacità di memorizzazione, specifica per quella materia, da non confondere con la memoria concettuale specifica dei filosofi.
I computer, sempre più avanzati, sono in grado di memorizzare grandissimi numeri, eseguendo miliardi di operazioni in tempi sempre più brevi. Ma questa loro qualità, che li rende molto utili alle attività pratiche dell'uomo, perché permette una rapidità di informazione impensabile solo qualche decina di anni fa, non ha nulla a che fare con l'intelligenza, perché è priva appunto della complessa logica umana. Dunque, a chi crede o finge di credere che la logica matematica sia superiore alla logica del complesso pensiero umano, e soprattutto alla logica dialettica, possiamo solo suggerire, per trovare suddisfazione alle proprie convinzioni, di gareggiare con la memoria dei computer, come fanno da tempo i campioni di scacchi. (continua)
*Post Scriptum del 16/01/13
Su "Le Scienze" di Gennaio 2013, compare un articolo di Simon Baron-Cohen sull'autismo, nel quale si ipotizza che "questo disturbo pervasivo dello sviluppo" sia collegato geneticamente alla capacità propria dei tecnologi e ingegneri di prestare particolare attenzione ai particolari. Alla base della malattia conclamata esisterebbe una tendenza di tipo (una volta si sarebbe detto un fenotipo) autistico: e cioè l'ossessione di memorizzare tutto ciò che è sistematizzabile, o, come scrive l'autore il "bisogno fondamentale di sistematizzare".
Ciò che, però, B-C non sottolinea è che, alla base di questo bisogno, c'è soprattutto il pensiero matematico astratto, la logica degli opposti diametrali, che non è in grado di sopportare il divenire e ha bisogno di trovare certezze nella immutabilità metafisica. Come scrive B-C: "Questo bisogno fondamentale di sistematizzare potrebbe spiegare perché le persone con autismo adorano ripetere azioni e parole, e resistono ai cambiamenti inattesi", dimenticandosi, però, di sottolineare in particolare l'autismo matematico con la sua ossessione di "calcolare" tutto.
*Post Scriptum del 16/01/13
Su "Le Scienze" di Gennaio 2013, compare un articolo di Simon Baron-Cohen sull'autismo, nel quale si ipotizza che "questo disturbo pervasivo dello sviluppo" sia collegato geneticamente alla capacità propria dei tecnologi e ingegneri di prestare particolare attenzione ai particolari. Alla base della malattia conclamata esisterebbe una tendenza di tipo (una volta si sarebbe detto un fenotipo) autistico: e cioè l'ossessione di memorizzare tutto ciò che è sistematizzabile, o, come scrive l'autore il "bisogno fondamentale di sistematizzare".
Ciò che, però, B-C non sottolinea è che, alla base di questo bisogno, c'è soprattutto il pensiero matematico astratto, la logica degli opposti diametrali, che non è in grado di sopportare il divenire e ha bisogno di trovare certezze nella immutabilità metafisica. Come scrive B-C: "Questo bisogno fondamentale di sistematizzare potrebbe spiegare perché le persone con autismo adorano ripetere azioni e parole, e resistono ai cambiamenti inattesi", dimenticandosi, però, di sottolineare in particolare l'autismo matematico con la sua ossessione di "calcolare" tutto.
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