lunedì 12 dicembre 2011

Seth Lloyd: l'universo a immagine e somiglianza del computer

Se la materia, secondo Zeilinger, è informazione, perché l'universo non potrebbe essere un computer? Seth Lloyd lo ipotizza chiaramente fin dal titolo del suo libro "IL PROGRAMMA DELL'UNIVERSO. Il cosmo come uno sconfinato computer"(2006). Ecco un chiaro esempio di realtà convenzionale, fittizia e metafisica, che traduce l'idea dell'identità realtà-informazione. Non sapendo come concepire realmente l'universo, lo si considera "come se" fosse uno sconfinato computer, così da utilizzare in cosmologia la nuova "scienza delle reti". Questo è il modo di procedere della scienza contemporanea: inventare nuovi paradigmi tratti dalle ultime novità della tecnologia umana.

Se Zeilinger ha detto: realtà e informazione sono la stessa cosa, Lloyd dice: "In principio era il bit". "Le cose nascono da pezzi di informazione, cioè dai bit". Murray Gell Mann ha obiettato all'autore che non tutti i bit sono uguali: "Ci sono bit preziosi e altri no". E alla domanda di uno studente: "c'è un modo preciso, matematico, di quantificare l'importanza dell'informazione contenuta in un bit?", l'autore non risponde, sprofondando nel più banale e semplicistico riduzionismo estremo.

Basta leggere il seguente passo: "Questo libro racconta la storia del bit e dell'universo. L'universo è la cosa più grande che ci sia e il bit è la più piccola quantità d'informazione possibile. L'universo è fatto di bit. Ogni singola molecola, ogni atomo, ogni particella elementare registra bit d'informazione". Per Lloyd la questione è "comprendere in che modo la realtà registra ed elabora informazioni. In altre parole, dobbiamo capire il legame intrinseco della natura", ricordandoci anche che "la vita, il sesso, il cervello, la civiltà non sono apparsi nel mondo per puro caso". Ecco, è così che il determinismo rialza la testa, proprio grazie alla "informazione"!

Ma che cosa è l'informazione? Come definirla? L'autore dice che nessuno sa definirla, però tutti sanno rispondere alla domanda: "che cosa è un bit?" Persino i suoi giovani studenti risposero a raffica: "0 o 1", "testa o croce", "si o no", "vero o falso", "la scelta tra due alternative". Per maggiore precisione, Lloyd ricorda che "Bit" è l'abbrevazione di binary digit, cioè "numero binario", il quale rappresenta "una possibilità su due, che tradizionalmente si indicano con O e 1, ma che potrebbe essere una qualsiasi coppia in opposizione (caldo-freddo, bianco-nero, dentro-fuori, ecc.)".

Il sistema binario non è stato creato, però, per esigenze della logica; è stato creato per far funzionare meccanismi tecnologici: "Visto che ci sono solo due simboli, è facile costruire circuiti elettronici elementari che eseguano operazioni di base; questi circuiti, a loro volta, sono le unità fondamentali dei computer. Forse non siamo bravi a definire l'informazione, ma di sicuro sappiamo usarla".

Ma, noi non siamo affatto bravi quando chiamiamo informazione qualcosa che serve a far funzionare dei meccanismi mediante circuiti elettronici, perché, in questo modo, noi abbassiamo il concetto di informazione a livello di "acceso-spento", a livello di ciò che fa muovere un meccanismo, di ciò che permette a un meccanismo di calcolare, fare operazioni, ecc. Insomma l'informazione di cui qui si parla è solo quella che ci permette di far viaggiare dati nei computer, ossia il bit.

Ora chi segue la logica binaria, riflesso matematico del pensiero metafisico "vero-falso", può anche ottenere calcoli rapidissimi ma non certo un'acuta intelligenza. I computer sono oggettivamente utili idioti, in grado di fare molto meglio dell'uomo e soprattutto molto più rapidamente, grazie alla più semplice forma di logica, quella matematica e metafisica del "vero-falso". Ma l'universo, ovvero l'evoluzione della materia nel cosmo, è talmente complesso che non può abbassarsi alla logica della non contraddizione e della semplificazione.

Uno studente, certamente più intelligente del suo computer, chiese perplesso all'autore: "Ma l'informazione non dovrebbe avere un contenuto, significare qualcosa?". La risposta che ottiene è reticente: "Certo quando si parla di informazione in genere si intende anche il suo contenuto. Ma è difficile (!) mettersi d'accordo (!) su cosa ciò voglia davvero dire (sic!)". E non contento Lloyd ripesca una delle assurde domande della logica formale: "Che cosa significa avere un significato?"

I logico formali non hanno mai capito, nel loro eccesso di astrazione, che la vera questione non è la difficoltà di mettersi d'accordo sul significato di questo o quello; la vera questione è che la realtà è contraddittoria, e, se dovessimo affidare all'informazione, che "muove" i computer, il compito di comprenderla, di rifletterla, questi si bloccherebbero perché non tollerano complicazioni. Per poter funzionare un computer deve affidarsi alla semplice logica binaria, quindi può digerire solo i bit.

Allora, non è affatto vero che "I bit sono in grado di registrare ogni tipo di informazione allo stesso modo in cui le parole rappresentano idee e oggetti". E non è affatto vero che stia "a noi dare ai bit (e alle parole) il giusto significato". I bit non sono in grado di registrare ogni tipo di informazione, bensì soltanto informazioni del tipo: bianco o nero, zero o uno. Non sono capaci di registrare oggettive contraddizioni. Ne consegue che i computer, potendo comprendere solo il linguaggio dei bit, dunque soltanto la metafisica degli opposti diametrali, sono stupidi quanto poteva esserlo un Simplicio: in conclusione, sono macchine che funzionano solo in modo metafisico e privo di intelligenza. Altro che informazione!

Ora, quando Lloyd dice che "Errare è umano, ma per fare grossi casini ci vuole un computer", dice bene, ma non si rende conto di ammettere finalmente l'inettitudine del computer, che non è una macchina intelligente, anche se appare "logica" perché obbedisce alla logica binaria. Ma poi egli pone in relazione la meccanica quantistica con i calcolatori digitali, affermando che l'universo si regge sulla meccanica quantistica, dovendo poi precisare che "i calcolatori digitali hanno enormi problemi a simulare i sistemi quantomeccanici: questa bizzarra teoria è indigesta per le macchine quanto lo è per gli esseri umani".

La bizzarra teoria permette, però, un originale escamotage. Lioyd prima afferma che occorrerebbe un computer quantistico, ma questo dovrebbe essere grande quanto l'universo. Ne consegue, secondo lui che, rovesciando l'assunto, "l'universo è anche in grado di agire come un computer quantistico, un computer che non può essere né più forte né più debole di un calcolatore universale".

Così salta fuori un altro paradigma-metafora: "Abbiamo un quadro teorico che ci permette di descrivere il funzionamento dell'universo in termini di elaborazione quantistica della informazione. Sappiamo (!) che un computer quantistico è in grado di simulare l'universo in modo efficiente (?!); anzi che i due oggetti (computer e universo) non sono distinguibili tramite l'osservazione (sic!)" Insomma: "Il fatto che l'universo sia un computer quantistico ci fornisce una spiegazione naturale della complessità del mondo (!?)".

Ecco come vengono creati i paradigmi-metafore: prima si parte dal "come se", da un'ipotesi convenzionale e metaforica, poi si capovolgono i termini anche più volte, fino a ottenere una realtà metaforica o meglio una metafora realizzata. Così Lloyd prima parte dall'idea del computer grande come l'universo, poi capovolge e concepisce l'universo come se fosse un computer; poi crede di scoprire l'identità tra computer e universo. Infine, il colpo di grazia: l'universo è realmente un computer quantistico.

Scritto nel 2009

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