mercoledì 21 dicembre 2011

II) Fox Keller: "Il meccanicismo metaforico della genetica"

(Continuazione) Così genetica ed embriologia si riavvicinarono, però nel senso che la prima inglobò la seconda. "Ma i termini di questo riavvicinamento sono risultati ben diversi da quelli immaginati dalla prima generazione di genetisti e di biologi molecolari. La ricerca attuale -traendo vantaggio dai successi tecnici inauditi della biologia molecolare e anche dalle informazioni giunte dai sequenziamenti del Progetto Genoma Umano- invita (con sempre maggior insistenza) a cambiar idioma (!), e a riconoscere al citoplasma la stessa probabilità del genoma di venir raffigurato quale locus del controllo. Com'è potuto accadere?"

Insomma, com'è potuto accadere che il "successo" della biologia molecolare sia risultato inutile, e si sia dovuto abbandonare la cosiddetta "azione del gene", a favore della cosiddetta "attivazione dei geni", passando da una metafora a un'altra? In sostanza, chi stabilisce, chi controlla i processi di differenziazione cellulare? Nel 1984, Sidney Brenner ammise che all'inizio si diceva che le risposte alle domande sullo sviluppo sarebbero venute dalla conoscenza dei meccanismi molecolari del controllo genico; ma questi meccanismi "sembrano noiosamente semplici e non ci dicono quello che vogliamo sapere". "Dobbiamo cercare di scoprire dei principi di organizzazione... Non credo che questi princìpi risulteranno incorporati in un semplice meccanismo chimico, come nel caso del codice genetico".


E così, dopo un lungo periodo riduzionistico tutto incentrato sulla biochimica e sulla informatizzazione del gene, i biologi riscoprono olisticamente l'organismo: dalla padella alla brace. Alla ricerca della determinazione dei processi di differenziazione non rimane loro altro che la metafora del "sistema complesso" sottoposto a regolazioni.

Scrive la Keller: "La nuova biologia dello sviluppo porta con sé una rinascita dell'interesse per molti dei problemi di organizzazione e di morfogenesi che avevano occupato una precedente generazione di embriologi..." "I loro risultati non indicano una determinazione citoplasmatica né nucleare ma piuttosto un sistema complesso e altamente (!) coordinato di dinamiche regolatrici che opera simultaneamente a tutti i livelli: dalla attivazione della trascrizione, dalla traduzione, dall'attivazione delle proteine e della comunicazione intercellulare, nel nucleo, nel citoplasma e addirittura nell'intero organismo".

L'autrice parla di "rivoluzione concettuale oggi in corso", che "ci richiederà d'imparare a pensare in modi radicalmente nuovi". Come vedremo, si tratta del solito nuovismo terminologico creato dalle nuove mode tecnologiche: oggi, quelle del computer, delle reti, ecc. E così, seguendo la moda, anche lei auspica lo sviluppo di modelli di reti di proteine che sostituiscano le reti genetiche. Insomma, dopo decenni di primato dei geni, del DNA, del genoma, tornano alla ribalta le proteine: dalla genomica, i cui successi sono lettera morta, si passa alla proteomica, ma ancora una volta senza avere una teoria guida appena decente.

La Keller si chiede: "Perché il discorso sull'azione del gene ha conservato per tanti anni una tale forza di persuasione? E perché ora la sta perdendo? (Oppure potremmo chiederci come mai l'embriologia sia languita per tanti anni e torni ora alla ribalta?)". E noi ci domandiamo: com'è stato possibile che simili domande siano sorte quando ancora il Progetto Genoma Umano era lontano dall'essere completato? Ma rispondere alla domanda della Keller non è difficile: se tutti credevano di risolvere la complessità dello sviluppo cellulare mediante il codice genetico, la mancanza di risultati ha spinto i biologi molecolari tra le braccia di un'embriologia, anch'essa in alto mare. Ma ciò che ha deluso i biologi molecolari non è stata la metafora dell'"azione del gene", bensì quella del "codice genetico" che ne rappresenta il fondamento teorico.

Ora, per rispondere alla propria domanda, l'autrice compie una sua personale ricostruzione storica, nella quale non solo si evidenzia il soggettivismo delle concezioni fondate sulle metafore, ma anche il fatto che questo soggettivismo è il prodotto di forme mentali distorte da processi sociali, politici e militari che, per quanto rilevanti in senso storico, nulla hanno a che vedere con i processi naturali biologici. Invece, per la Keller, le predilezioni degli scienziati, fondate sulle nostre particolari realtà sociali e politiche, sarebbero "l'unica guida che abbiamo" nell'affrontare i processi naturali. Allora, se Schrodinger ha preso l'idea del cromosoma come "codice cifrato" dalla realtà della guerra fredda tra USA e URSS, è scientificamente corretto applicarla alla realtà naturale? La risposta dell'autrice è affermativa!

Seguendo la sua ricostruzione storica, ci si rende conto che soltanto la confusione mentale attorno al "determinismo" e al "libero arbitrio" ha spinto Schrodinger ad abbracciare la metafora del "codice cifrato". Egli "ha raffigurato l'ordine arcaico del corpo come il prodotto di un servizio d'informazioni - i servizi segreti dell'esercito e dello Stato - e addirittura come un sistema molto affine a quello di "comando, controllo e comunicazioni" che Norbert Wiener e i suoi colleghi stavano proprio iniziando a sviluppare". Egli cercava "meccanismi ai quali ricorrere per svolgere la funzione di "concencentrare ordine"; gli agenti che devono fare il lavoro dei generali e dei dirigenti, non ne sono molto lontani. Devono essere piccolissimi, a dimensioni di molecole; anzi questi agenti intelligenti sono delle molecole. Nell'epilogo di Che cos'è la vita? -un epilogo talmente imbarazzante per i contemporanei che gli amici cercarono di convincerlo a non pubblicarlo e da allora la maggior parte dei lettori lo hanno ignorato- Schrodinger chiarisce molto meglio ciò che intende. Ritorna sulla questione più tradizionale e trascendente della mente, al problema del "determinismo e [del] libero arbitrio". "Che cos'è questo "io"? Si chiede!"

Come abbiamo visto nel primo volume di teoria della conoscenza, il limite di Schrodinger è stato l'"egocentrismo", che non sa farsi da parte neppure di fronte al "mondo esterno" indipendente dalla coscienza umana; che anzi, non riconoscendo l'indipendenza di questo mondo, egli considerava soltanto l'immagine che se ne fanno gli uomini, e non gli uomini nel loro complesso, ma i singoli "io", le singole sensazioni di ciascun individuo. Questo esagerato soggettivismo non può essere la strada maestra della conoscenza scientifica. Così come non potevano esserlo le metafore tratte dall'attività dei servizi segreti che neppure nella storia umana hanno gran peso.

La Keller dice giustamente che "in biologia i geni e i messaggeri sono stati a lungo associati"; ma, inizialmente, poterono esserlo soltanto in analogia con la semplice tecnologia del telegrafo. Dalla metà del XX secolo, il computer ha sostituito il telegrafo, trasformando termini come messaggio, informazione, organizzazione e persino organismo. E così lei si è messa a "esplorare l'impatto del computer sulla rappresentazione biologica dell'organismo in due discipline, la biologia molecolare e la biologia dello sviluppo". Così veniamo a sapere che la nascita della teoria della informazione, nella quale l'informazione viene definita l'inverso matematico dell'entropia, secondo J. Lacan, fu la conseguenza di un problema economico della Bell Telephone Company: quello di quantificare la comunicazione telefonica via filo, allo scopo di far passare il maggior numero possibile di comunicazioni attraverso il singolo filo, per ottenere un maggior vantaggio economico. Quindi si trattò di un problema di quantità d'informazione, non di qualità (di contenuti).

Ma la cibernetica ha cominciato a compiere i suoi primi passi in tempo di guerra: Norbert Wiener ha ricordato che la comunicazione è stata al servizio del controllo negli anni della seconda guerra mondiale; la cibernetica nacque direttamente dalle ricerche belliche di J. Biglow sull'artiglieria autoguidata. Infine, la prima teoria dell'informazione risale a C.E Shannon (1948), nel periodo più acuto della guerra fredda tra USA e URSS. (Continua)

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Tratto da "Chi ha frainteso Darwin?" Edito nel 2009.

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