(Continuazione) La storia ricostruita dalla Keller testimonia un complicato intreccio tra teoria dell'informazione, cibernetica, ecc. a tutti i livelli, militare, politico, sociale, biologico e fisico. "Molto hanno scritto gli storici della biologia moderna riguardo alla influenza della fisica e dei fisici sullo sviluppo della biologia molecolare e in particolare sui tentativi di controllare l'organismo a mo' di macchina (di meccanismo a orologio) tradizionali. Ma l'influenza è soltanto una parte della vicenda. Per capire i cambiamenti occorsi dalla seconda guerra mondiale in poi nella nostra comprensione di che cosa sia un organismo, dobbiamo disegnare una ragnatela di interazioni ben più complesse".
Si tratta, in primo luogo, di sottolineare l'influenza esercitata da un periodo storico che, in altro luogo, abbiamo definito così atroce (come è stata la Seconda guerra mondiale), da aver tolto a studiosi e scienziati dell'epoca il coraggio dell'intelligenza, e d'aver suggerito loro la comoda soluzione delle utili convenzioni. Si tratta allora di dipanare, nella "ragnatela di interazioni", ciò che è fondamentale per la teoria scientifica da ciò che è stato puramente contingente.
Per esempio, che cosa ci dice il fatto che i biologi molecolari si sono appropriati del termine cibernetico di "informazione", non nel senso della retroazione circolare di Wiener ma nel senso della determinazione lineare, stabilendo che l'informazione andava dal DNA alle proteine? Ci dice principalmente che questa scelta è stata fatta ad hoc: si è presa una metafora, suggerita da una novità tecnologica, adattandola però a un'esigenza irrisolta della biologia molecolare.
I campioni di queste operazioni ad hoc sono stati, oltre a Watson e Crick, anche Monod e Jacob, inventori di una terminologia convenzionale, come ad esempio il modello dell'operone, per introdurre una retroazione cibernetica nel senso di Wiener. Nel 1961, entrambi scrivevano: "La scoperta di geni regolatori e operatori, e della regolazione repressiva dell'attività dei geni strutturali, rivela che il genoma non solo contiene una serie di progetti, ma anche un programma coordinato per la sintesi proteinica e i mezzi per controllarne l'esecuzione". Ma che valore scientifico può avere questa specie di sociobiologia del potere cibernetica? Purtroppo, per la scienza attuale, ne ha molto!
La Keller afferma: "Proprio mentre i ricercatori in biologia molecolare e in Cyberscienza mostravano scarso interesse gli uni per il progresso epistemologico degli altri, l'informazione come metafora o come iscrizione materiale (o tecnologica) dilagava". Insomma, dilagava l'ultimo grido della moda tecnologica! Ma come può la scienza svilupparsi in un oceano di dati empirici e in un mare di metafore, di pseudo concetti, creati ad hoc per sopperire l'incapacità di stabilire una teoria che permetta la reale conoscenza dei processi naturali?
Interessante, a questo proposito, la seguente citazione: "Per citare Francisco Varela e Jean-Pierre Dupuy, la biologia molecolare era sembrata "un modello di grande successo nel ridurre la vita alla chimica macromolecolare, soprattutto attraverso la scoperta del codice genetico (...). Tuttavia, dopo una fase di infatuazione iniziale per questa idea, è diventato chiaro ... che se si prende il concetto di programma genetico alla lettera, si cade in una strana trappola circolare: si ha un programma che per essere eseguito ha bisogno del suo proprio prodotto. Infatti, ogni passo della manutenzione e della trascrizione del DNA è mediato da proteine, vale a dire proprio da ciò che è codificato. Per potersi svolgere il programma deve essere già stato eseguito!" È la logica circolare dell'uovo e della gallina, dice la Keller, che osserva: "ma avrebbero potuto invocare la logica circolare del paradigma cibernetico". Di male in peggio!
Secondo lei, "il vero decennio della svolta, nella biologia molecolare, è giunto negli anni ottanta. È stato negli anni ottanta che le brezze dell'informazione sono diventate tempeste e che il corpo classico dell'embriologia ma anche dell'universo materiale, ha mollato gli ormeggi ed è andato alla deriva". E ciò è avvenuto proprio quando, nel 1984, Gibson coniò il termine di cyberspazio: "è stato l'anno in cui il fisico John Wheler ha pubblicato il primo articolo sull'universo inteso come un computer. Che i fisici ci vedessero o meno un modello conveniente dell'universo, fra i biologi il computer si stava facendo strada come modello adeguato della cellula (o dell'organismo)".
Insomma, la metafora computeristica è stata adottata completamente in biologia molecolare, e soltanto come tentativo in cosmologia, fin dagli anni '80. (E un ventennio dopo, nel 2006, Seth Lloyd si è fatto di nuovo avanti con un libro dal titolo significativo: "IL PROGRAMMA DELL'UNIVERSO il cosmo come uno sconfinato computer". Segno di una cosmologia che non ha strumenti concettuali per conoscere realmente l'universo).
Per mostrare fino a che punto la metafora del computer sia stata adottata dalla biologia molecolare, la Keller cita uno dei manuali più diffusi alla fine degli anni '80: "La biologia della cellula" di Alberts e altri autori, dove si può leggere: "Per le cellule, come per i computer, la memoria rende possibile programmi complessi; e molte cellule insieme, ognuna passando attraverso il proprio programma complesso di controllo dello sviluppo, generano un corpo complesso ... Perciò le cellule dell'embrione si possono paragonare a una serie di computer (sic!) che operano in parallelo e si scambiano informazioni". Concepire le cellule come computer è, nella sostanza, il prodotto più recente del meccanicismo riduzionistico cartesiano. Sono trascorsi quattro secoli, eppure la scienza dell'uomo non è riuscita a liberarsi dal metodo di Cartesio!
Il passo conclusivo del libro che abbiamo preso in considerazione è interessante perché riassume, quasi fosse una virtù, il peggior vizio di una scienza che, bloccata dalla negazione teologica della conoscenza reale, ha coltivato soltanto utili finzioni, convenzionali metafore, diventando sempre più fittizia e falsa, fino al misticismo e alla fantascienza.
"Quanta ne abbiamo fatta di strada dall'epoca del meccanismo a orologeria, e anche dall'Ottocento e dai grandiosi sviluppi del motore elettrico o del motore a vapore, e dal telegrafo. L'elettricità ha lasciato il posto all'elettronica e la materia e l'energia all'informazione (!). Alla fine del Novecento è il computer a dominare la nostra immaginazione (!) e ci ha liberato da quella strana locuzione "l'uomo ha un corpo" (?!). Al suo posto abbiamo un gruppo di locuzioni ancora più strane. Oggi potrebbe essere corretto dire che il corpo - nel senso che la parola ha ora acquistato - ha un uomo (sic!). Quel corpo potrebbe racchiudere l'uomo in una morsa ben più stretta di quanto l'abbia mai fatto un corpo materno (sic!)".
Ma realmente, quanta strada abbiamo fatto dal meccanismo a orologeria? Il progresso tecnologico è indubbio: l'uomo ha prodotto meccanismi sempre più complicati e complessi. Ma sempre di meccanismi umani si tratta. La natura è, invece, rimasta un mistero impenetrabile, e la scienza umana non è riuscita a sottrarsi dal suo "peccato originale": ritenere i prodotti naturali a immagine e somiglianza dei prodotti artificiali.
Ciò che il movimento della materia ha creato, uomo compreso, è stato sempre concepito cartesianamente alla stregua dei meccanismi prodotti dall'uomo, solo più complicati: così, all'inizio la natura è apparsa semplice, perché semplici erano le macchine prodotte dall'uomo; ma, via via che l'uomo andava producendo meccanismi sempre più complicati, anche la natura appariva meccanicisticamente più complicata, tanto da far perdere la testa a intere generazioni di scienziati, dominati dal modo di pensare cartesiano.
Ogni volta che qualcuno tentava una via diversa veniva bloccato dal principio dell'utile convenzione. E, sebbene questo principio abbia spesso fornito sofisticati paradigmi grazie soltanto ai sofisticati modelli teorici matematici e ai sofisticati modelli tecnologici accompagnati da specifiche terminologie, nella sostanza non c'è stato alcun progresso nella teoria scientifica, rimasta a pié fermo attaccata al palo del meccanicismo cartesiano.
Quando cambieremo strada, riconoscendo il nostro "peccato originale", non contro Dio, ma contro la natura, e finalmente prenderemo la strada della conoscenza reale, sbarrata nel 1600 dal "caso Galileo"?
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Tratto da "Chi ha frainteso Darwin?", edito nel 2009
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