Se questa è scienza ...
Nella sua rubrica "scienza e filosofia", ("Le Scienze", settembre 2010), la professoressa Elena Castellani affronta il tema della "Emergenza e realtà", iniziando con la recentissima versione riduzionistica, il cui motto sembra essere: "Emergo, dunque non sono". Per illustrare questa bizzarra conclusione, l'autrice cita due esempi: 1) quello di Erik Verlinde, il quale, partendo dal presupposto che la gravità sia una proprietà emergente, ne deduce che la gravità non esiste, che sia solo un'illusione; 2) quello dell'approccio alla gravità quantistica, che, considerando il tempo una proprietà emergente, ne dichiara l'inesistenza. Di questo passo, si fa presto a concludere che "tutto ciò che ci circonda nella vita quotidiana non esisterebbe", perché esisterebbe in realtà "solo ciò che è davvero fondamentale, il livello delle cose che non sono emergenti".
La scuola, per così dire, classica dell'emergenza era arrivata alla conclusione opposta, antiriduzionistica, secondo la quale esiste realmente soltanto ciò che emerge con qualità proprie, indipendenti dai propri cosiddetti costituenti "fondamentali". Con l'esempio dell'acqua gli emergentisti antiriduzionisti avevano stabilito che la sua essenza, l'acquosità, è qualcosa che sorge come "proprietà emergente" che nulla ha a che fare con le molecole infiammabili che la costituiscono. Castellani, invece, riproponendo l'esempio dell'acqua, mantiene l'equivoco riduzionistico: "L'acqua è liquida a un certo livello di descrizione, ma non lo è più a un livello più fine (!) di descrizione, in cui si considerino le molecole. In altre parole, la proprietà di essere un liquido è emergente rispetto al livello molecolare di descrizione".
Nella sua rubrica "scienza e filosofia", ("Le Scienze", settembre 2010), la professoressa Elena Castellani affronta il tema della "Emergenza e realtà", iniziando con la recentissima versione riduzionistica, il cui motto sembra essere: "Emergo, dunque non sono". Per illustrare questa bizzarra conclusione, l'autrice cita due esempi: 1) quello di Erik Verlinde, il quale, partendo dal presupposto che la gravità sia una proprietà emergente, ne deduce che la gravità non esiste, che sia solo un'illusione; 2) quello dell'approccio alla gravità quantistica, che, considerando il tempo una proprietà emergente, ne dichiara l'inesistenza. Di questo passo, si fa presto a concludere che "tutto ciò che ci circonda nella vita quotidiana non esisterebbe", perché esisterebbe in realtà "solo ciò che è davvero fondamentale, il livello delle cose che non sono emergenti".
La scuola, per così dire, classica dell'emergenza era arrivata alla conclusione opposta, antiriduzionistica, secondo la quale esiste realmente soltanto ciò che emerge con qualità proprie, indipendenti dai propri cosiddetti costituenti "fondamentali". Con l'esempio dell'acqua gli emergentisti antiriduzionisti avevano stabilito che la sua essenza, l'acquosità, è qualcosa che sorge come "proprietà emergente" che nulla ha a che fare con le molecole infiammabili che la costituiscono. Castellani, invece, riproponendo l'esempio dell'acqua, mantiene l'equivoco riduzionistico: "L'acqua è liquida a un certo livello di descrizione, ma non lo è più a un livello più fine (!) di descrizione, in cui si considerino le molecole. In altre parole, la proprietà di essere un liquido è emergente rispetto al livello molecolare di descrizione".
Ciò che Castellani non sembra comprendere è che, al cosiddetto "livello più fine", l'acqua non esiste più, scompare, perché a quel livello esistono solo le molecole che, prese in se stesse, non hanno nulla a che vedere né con l'acquosità né con l'acqua. L'acqua è un fenomeno complessivo le cui qualità non dipendono dalle qualità dei suoi costituenti, semmai dipendono dai livelli di energia che le permettono di passare dallo stato liquido a quello solido o gassoso. Ma questo è un altro discorso. Quello di Castellani sembra, comunque, essere un fragile tentativo di salvare il riduzionismo dal crescente peso degli emergentisti antiriduzionisti. Infatti, afferma: "Sulla base del fatto incontestabile che ci siano proprietà emergenti rispetto a livelli più fini di descrizione del mondo fisico, si può poi discutere su questioni di natura filosofica come la validità o meno di un atteggiamento riduzionistico". Come si vede, l'autrice introduce di soppiatto i "livelli più fini di descrizione", ovvero il metodo riduzionistico, nella premessa all'emergentismo.
Ma l'idea stessa di "emergenza" presuppone che la descrizione o spiegazione non abbia nulla a che fare con i livelli sottostanti, bensì solo con ciò che emerge nel suo complesso, tralasciando completamente come ininfluente il livello sottostante considerato dal riduzionismo. Perciò, sembra un trucco per salvare il salvabile che Castellani introduca, nella definizione, i riduzionistici "livelli più fini di descrizione", per poter poi aggiungere che la validità dell'atteggiamento riduzionistico della scienza possa e debba essere ancora discusso.
Il fatto è che i "riduzionisti" hanno in comune con i loro antagonisti, gli "emergentisti", l'incapacità di concepire la scala dei livelli complessivi, nonostante che lo stesso esempio dell'acqua la ponga in evidenza. Infatti, se noi prendiamo l'acqua come il complesso superiore costituito di molecole di idrogeno e ossigeno, a loro volta idrogeno e ossigeno sono complessi superiori rispetto ai loro costituenti, ecc. ecc. Di fronte a questo quadro, come si può pensare di dover ancora discutere il ruolo del riduzionismo, ovvero di un metodo che rinvia ogni volta al livello inferiore, senza mai essere soddisfatto non trovando mai i "fondamenti ultimi"? Che, se anche li trovasse nella forma, ad esempio, delle stringhe, che cosa se ne farebbe?
Ma se il tentativo di mantenere in vita il riduzionismo è un errore fondamentale, anche il tentativo di risolvere il problema della descrizione o spiegazione scientifica con le proprietà emergenti è un grave errore, perché non tiene presente che queste "proprietà" sono considerate fatti incontestabili solo particolari, specifici, che -si dice- appartengono solo alla sfera della "complessità". Ma la scienza deve cercare proprietà generali della evoluzione della materia, che crea complessi di costituenti ai molteplici livelli (contenitori di contenitori) cosmici. Dunque ciò che gli emergentisti chiamano "proprietà emergenti" possono essere solo, ogni volta, le proprietà del complesso contenitore da indagare, sia esso l'intero universo o una galassia, un pianeta o l'acqua in esso contenuta.
Allora, l'unica vera questione di teoria della conoscenza è quella di chiarire una volta per tutte che il riduzionismo, nella sua pretesa di fare scienza fino a livelli sempre più "fondamentali", è stato un'illusione, un errore infantile di una scienza che, nata in epoca cartesiana, è ormai arrivata al suo capolinea.
Castellani, riassumendo, sostiene: "Tipicamente, il fatto dell'emergenza (intesa come irriducibilità) è stato usato per sostenere una posizione antiriduzionista; per cui le scienze relative a livelli più complessi di organizzazione della materia non sarebbero riducibili alle scienze relative a livelli meno complessi (come la biologia rispetto alla chimica, o la chimica rispetto alla fisica)". E fin qui nulla da eccepire o da aggiungere, se non che si tratta di un risultato particolare da attribuire meritoriamente agli emergentisti, ma che andrebbe però generalizzato a tutte le discipline scientifiche e a tutti i loro oggetti (ovviamente complessivi) d'indagine. Ma Castellani non è di questo avviso, come si evince dalla conclusione del precedente passo: "Ma si tratta di questioni filosofiche, non di questioni scientifiche".
E così la decisione di mandare in pensione il riduzionismo per scegliere una teoria della conoscenza più adeguata non sarebbe una questione, per giunta vitale, della scienza! Insomma, una filosofa della scienza separa le questioni scientifiche da quelle filosofiche nel momento stesso in cui tratta il riduzionismo che è prettamente un problema della scienza. E, non ancora soddisfatta, sentenzia: "A differenza di quella di emergenza, la nozione di esistenza è invece di natura metafisica, ed esula dal contesto scientifico strettamente inteso!"
Se abbiamo ben compreso il messaggio: a nessuno dovrebbe più importare se ciò che studia, concepisce, scopre ecc. esista o meno? Dunque, sostenere che la gravità non esiste o, all'opposto, che esiste solo la gravità come proprietà emergente, non avrebbe alcuna importanza per la scienza, perché non sarebbe un suo problema, ma un problema solo filosofico, che tra l'altro la filosofia non intende proprio risolvere! La conclusione è conseguente, anche se sembra più uno scioglilingua: "Che cosa davvero esiste è infatti una questione che riguarda l'interpretazione delle teorie scientifiche: come si crede (!) che il mondo sia per poter attribuire un valore di verità a quello che le teorie dicono su di esso. Il rapporto tra metafisica e descrizione fisica è complesso e molto discusso dai filosofi della scienza. Ma la metafisica, sebbene possa essere vincolata dalla descrizione fisica (per quanto riguarda quello che crediamo (!) esista nel mondo), non fa sicuramente parte della fisica".
P.S. Se qualcuno ha compreso qualcosa del precedente passo, lo supplico di spiegarmelo! A voler essere polemici, si potrebbe dire che se è una questione di "credere", la più competente in questo campo è la teologia. A voler essere, invece, sobriamente critici, possiamo dire che "non fa sicuramente parte della fisica", come vera scienza, ciò che oggi è la matematica fisica, dalla supersimmetria alle stringhe, perché i modelli puri in questo campo sono cercati nel più completo disinteresse nei confronti del mondo reale esistente. Se questa è scienza ..., se questa è la teoria scientifica attuale, non dobbiamo fare altro che attendere la sua dichiarazione di fallimento.
Scritto nel 2011
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