Dopo aver trattato ampiamente il caso e la necessità, la possibilità e la realtà, e aver fatto derivare la sostanza dal caso, Hegel pone la sostanza come causa. "La causa, come cosa originaria, ha carattere d'indipendenza assoluta e di sussistenza, che si mantiene di fronte all'effetto; ma, nella necessità, la cui identità è costituita da quella originarietà stessa, è soltanto passata nell'effetto. Non c'è nell'effetto alcun contenuto, -in quanto si può ancora parlare di un determinato contenuto,- che non sia nella causa". "La causa è perciò in sé e per sé causa sui".
Se Hegel aveva la possibilità di comprendere la necessità in relazione al caso, avendo posto la sostanza come causa ha compiuto un capovolgimento: la sostanza è già di per sé un "effetto", perché è il risultato di un processo la cui base è il caso relativo ai singoli elementi; ma se l'effetto, la sostanza, è concepito come causa, allora è l'effetto ad essere "causa sui"; quindi non c'è nella causa altro che non sia già nell'effetto. Affermare che "la pioggia, causa, e l'umidità, effetto, sono l'una e medesima acqua esistente", e che rispetto alla forma "nell'effetto (l'umidità) è sparita la causa (pioggia);" e che con ciò "sparisce insieme la determinazione di effetto, che non è niente senza la causa", e perciò "resta soltanto l'indifferente umidità", significa affermare che il rapporto causa-effetto è una tautologia.*
Allora, la sostanza è un risultato, ma se chiamiamo questo risultato causa (come, nel Dialogo di Galileo, fa Simplicio con la gravitazione), e poi consideriamo il passaggio a un'altra sostanza come effetto della precedente, in questo modo si pone una falsa connessione di cause ed effetti, per la quale ogni effetto è anche causa. La "causa è alternativamente determinata anche come qualcosa di posto, o come effetto: questo ha, a sua volta, un'altra causa, così nasce anche qui il progresso da effetti a cause all'infinito. E nasce ugualmente il regresso, giacché l'effetto per la sua identità con la causa, è determinato esso stesso come causa, come un'altra causa, la quale ha a sua volta effetti; e via all'infinito".
Se Hegel aveva la possibilità di comprendere la necessità in relazione al caso, avendo posto la sostanza come causa ha compiuto un capovolgimento: la sostanza è già di per sé un "effetto", perché è il risultato di un processo la cui base è il caso relativo ai singoli elementi; ma se l'effetto, la sostanza, è concepito come causa, allora è l'effetto ad essere "causa sui"; quindi non c'è nella causa altro che non sia già nell'effetto. Affermare che "la pioggia, causa, e l'umidità, effetto, sono l'una e medesima acqua esistente", e che rispetto alla forma "nell'effetto (l'umidità) è sparita la causa (pioggia);" e che con ciò "sparisce insieme la determinazione di effetto, che non è niente senza la causa", e perciò "resta soltanto l'indifferente umidità", significa affermare che il rapporto causa-effetto è una tautologia.*
Allora, la sostanza è un risultato, ma se chiamiamo questo risultato causa (come, nel Dialogo di Galileo, fa Simplicio con la gravitazione), e poi consideriamo il passaggio a un'altra sostanza come effetto della precedente, in questo modo si pone una falsa connessione di cause ed effetti, per la quale ogni effetto è anche causa. La "causa è alternativamente determinata anche come qualcosa di posto, o come effetto: questo ha, a sua volta, un'altra causa, così nasce anche qui il progresso da effetti a cause all'infinito. E nasce ugualmente il regresso, giacché l'effetto per la sua identità con la causa, è determinato esso stesso come causa, come un'altra causa, la quale ha a sua volta effetti; e via all'infinito".
Nel progresso e nel regresso all'inifinito, ogni causa produce il suo effetto, senza subirne conseguenze, ma, dice Hegel: "L"effetto può essere attivo, reagendo a sua volta sulla causa". "La causalità trapassa così nella relazione dell'azione reciproca". Vedremo, approfondendo questo aspetto nella Logica, che Hegel è molto critico nei confronti del progresso all'infinito di cause ed effetti, mentre è benevolo nei confronti dell'azione reciproca tra cause ed effetti. Qui egli si limita ad osservare: "Nell'azione reciproca" "il progresso di cause ed effetti all'infinito, in linea retta da cause ad effetti e da effetti a cause, è ripiegato e rientrato in sé. Questo ripiegamento del progresso infinito in una relazione chiusa in sé è, come dappertutto, la semplice riflessione: che in quella ripetizione priva di pensiero c'è una sola e medesima cosa, cioè una causa ed un'altra, e la loro relazione reciproca".
Può sembrare paradossale, ma Hegel, dopo aver fatto derivare la causa dall'effetto in quanto la sostanza è un risultato, rende indipendente la causa, facendo sparire l'effetto: così, nell'azione reciproca di causa ed effetto, egli vede solo una causa, mentre si potrebbe benissimo vedere solo un effetto: "La distinzione delle dette due cause è perciò vuota; e in sé si ha una causa sola, che si sopprime come sostanza nel suo effetto e, soltanto in questo operare, si fa causa indipendente". In sostanza, nell'azione reciproca, l'effetto si erge a causalità indipendente che agisce circolarmente.
Comunque la si voglia giudicare la relazione di causalità, diretta o circolare, una cosa è certa: dal momento in cui si prende in considerazione la causa, ogni processo naturale diviene un meccanismo deterministico. La connessione di causa-effetto è il risultato teorico cui perviene anche Hegel sulla base di una elaborazione che arriva prima a un altro risultato, quello della connessione di caso-necessità: il cosiddetto effetto, posto come sostanza e poi come causa, è in realtà il risultato di un processo ciecamente necessario, i cui singoli momenti appartengono alla sfera del caso, mentre la necessità riguarda unicamente la sostanza come totalità. Ma questa necessità complessiva, fondata sul caso, viene da Hegel separata dal suo fondamento casuale, per essere assunta nella relazione di causalità in due forme: quella della progressione all'infinito di cause ed effetti, che è una vuota tautologia, e quella dell'azione reciproca, che si chiude in un circolo.
Partiti dalla necessità di comprendere il rapporto possibilità-realtà, siamo pervenuti alla seguente conclusione: i concetti di possibilità e di realtà appartengono a due sfere distinte, quella del caso e quella della necessità; perciò solo la dialettica caso-necessità permette di risolvere il rapporto possibilità-realtà. L'intrusione del concetto di causa che diviene effetto, per cui causa ed effetto sono la medesima cosa, a tal punto da agire reciprocamente, è, anche nel pensiero hegeliano, un ostacolo alla dialettica: in primo luogo, perché il concetto di causa prende arbitrariamente il posto che spetta al caso; in secondo luogo, perché la relazione di causa ed effetto non è una polarità dialettica, ma una tautologia metafisica.
* Nell'Enciclopedia Hegel non sottopone alla sua sferzante critica il concetto tautologico di causalità, forse perchè era un compendio destinato ai corsi universitari, ma nella Logica, come vedremo, non gli risparmia rimproveri e sarcasmi.
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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume primo Teoria della conoscenza" (1993-2002) Inedito.
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