sabato 11 giugno 2011

IV) La litigiosa alternativa staminali embrionali - staminali adulte

A fondamento dell'alternativa tra staminali embrionali e staminali adulte c'è solo la difficoltà a far moltiplicare le seconde in provetta. Come abbiamo visto, le staminali adulte sono state definite "somatiche" e "tessuto specifiche", perché appartengono alla linea del soma e sono collocate nei diversi tessuti dell'organismo, mentre le staminali dello stadio embrionale dell'organismo sono ancora aspecifiche e potenzialmente possono dar luogo a un numero quasi illimitato di cellule differenziate di tutti i tipi. Perciò sono considerate da molti "le candidate ideali per lo sviluppo di terapie che rigenerino i tessuti" (Vescovi "La cura che viene da dentro", 2005, già citato). Il fatto è che, fino ad oggi, "esistono cure salvavita che utilizzano staminali somatiche (adulte), ma nessuna con staminali embrionali".

Secondo l'autore, sono le tre cellule embrionali staminali, che si formano nel nodo embrionale, ad essere le uniche totipotenti, potendo generare tutte le cellule dell'organismo. Esperimenti avrebbero dimostrato che queste tre cellule hanno un potenziale sbalorditivo. "E a doppio taglio: vantaggioso quando si desidera produrre cellule da utilizzare come pezzi di ricambio per il trapianto; pericoloso quando queste cellule si ritrovano in un tessuto adulto prima che la loro pulsione a moltiplicarsi sia stata disattivata (sic!)". "Il risultato del trapianto diretto di quelle cellule in tessuti adulti, prima che il potenziale moltiplicativo sia stato inattivato, è la formazione di gravi tumori maligni: i teratocarcinomi".

Come abbiamo già visto in precedenza, la totipotenza "a doppio taglio" rappresenta una contraddizione reale che non può essere risolta nei soliti termini convenzionali. Prendiamo come esempio la cura del morbo di Parkinson: ciò che deve essere rimpiazzato è il complesso dei neuroni dopaminergici che producono impulsi elettrici e dopamina, una sostanza essenziale per la loro attività complessiva. Quindi si passa a riprodurre milioni di staminali embrionali in vitro, cosa resa facile dalla loro totipotenza, dal loro potenziale moltiplicativo. Dopo di che non si sa che cosa fare, mentre ci si illude di poter "istruire" queste cellule a divenire neuroni dopaminergici trapiantabili senza gli elevati rischi proliferativi.

Dominati da questa illusione, i ricercatori credono di dover cercare i "fattori" che diano le "giuste istruzioni". Queste istruzioni dovrebbero guidare i molteplici passaggi del processo di differenziazione, che si conclude con la cellula cosiddetta matura: in questo caso il neurone dopaminergico. In questo modo, il reale processo di differenziazione (non ancora conosciuto) viene concepito nei termini della metafora istruzionistica. Il paradosso è che, invece di dichiarare semplicemente l'ignoranza di questo processo, si dichiara di non conoscere ancora un inesistente meccanismo "regolato da una serie di fattori esterni alla cellula che appaiono durante lo sviluppo embrionale e la cui natura è spesso completamente ignorata". In conclusione: "Attualmente, non siamo in grado di costringere le staminali embrionali a produrre cellule che ci servono e soltanto quelle" (Ibid).

Il punto principale che viene ignorato è che il processo di differenziazione avviene concretamente in ogni tessuto specifico perché è nell'ambiente specifico che si trovano le "condizioni" e le "circostanze" del processo stesso. E queste sono ignorate solo perché nessuno le cerca sperimentalmente. E perché nessuno le cerca sperimentalmente? Perché una scienza, che si fonda sulla metafora del meccanicismo istruttivo, si allontana dalla conoscenza reale e scade nella teleologia. Paradossalmente, il dibattito etico sulle staminali è una conseguenza spontanea dello scontro tra due opposte teleologie, quella della pseudo scienza teorica attuale e quella della teologia, che si litigano tra loro proprio perché non ne sanno niente.

La mancanza di conoscenza che accomuna la scienza convenzionale e fittizia e la teologia trova sbocco nella questione etica, formalizzando, a livelli istituzionali elevati, il ruolo dell'etica nella scienza. Così l'embriologa inglese, Ann McLaren, da presidente della commissione dell'Unione Europea sui problemi etici attorno all'uso delle staminali embrionali, ha dichiarato: "Dobbiamo saperne di più". Insomma, dobbiamo saperne di più per decidere su questioni etiche! Questo è il risultato dello scontro tra la scienza attuale e la teologia, che in comune hanno da sempre il disprezzo della reale conoscenza. Accomunate dalla loro ignoranza possono dedicarsi al confronto etico sull'utilizzo di risultati puramente sperimentali e poco affidabili. Il risultato è riassunto in questo brano di Vescovi:

"E' quindi falso affermare che le staminali embrionali rappresentano l'unico modo di ottenere cellule da trapianto perché le staminali adulte non sono moltiplicabili in vitro. La differenza in termini di potenziale terapeutico tra staminali embrionali e quelle tessuto specifiche, presentataci finora, non ha senso perché manca il terzo termine di paragone: le staminali tessuto specifiche fetali. Se si tiene conto anche di queste, la differenza tra gli altri due tipi di cellule si annulla. Per non dire si inverte. Le embrionali producono facilmente molte cellule, ma quelle fetali anche. Però, non abbiamo a disposizione staminali somatiche fetali per tutti i tessuti, ma nemmeno abbiamo le tecniche per ottenere cellule da tutti i tessuti staminali embrionali".

Infine, sostiene l'autore, a parte la questione etica, è un errore sponsorizzare le staminali embrionali citando malattie quali l'Alzheimer, la sclerosi laterale amiotrofica e il Parkinson, per fare alcuni esempi; perché, in questi casi, si tratta di malattie neurodegenerative, e, se esiste un organo-tessuto che può utilizzare le proprie staminali adulte, è proprio il cervello.

Le precisazioni di Vescovi fanno piazza pulita di molti equivoci, ma non possono fornire la soluzione definitiva perché l'autore, incapace di comprendere la dialettica evolutiva di caso e necessità, si è rifugiato nel vecchio e rassicurante meccanicismo metaforico della biologia istruzionistica. Eppure, nella sua attività, ha incontrato direttamente il caso avendo egli contribuito alla scoperta delle staminali nel cervello (1991) con un errore madornale: "Uno di quegli errori che a posteriori vengono chiamati, con eleganza, serendipity".

Questo termine inglese, in tempi recenti, è servito a indicare la scoperta di qualcosa di valore senza cercarla. Così la scoperta di qualcosa che non si cerca viene chiamata serendipity, termine con il quale in sostanza si viene a indicare il "caso" raro, come quando, ad esempio, scavando per piantare alberi si trova un tesoro. Questa idea e l'esempio del tesoro risalgono al vecchio Aristotele, il quale concepiva il caso, appunto, soltanto come rarità. Per Aristotele la natura era come una grande macchina guidata da cause finali, per la quale il caso poteva essere solo una rarità, una rara intersezione tra serie causali indipendenti.

Questo è stato, fin dal pensiero antico, l'espediente logico per minimizzare il caso. E tutti i meccanicisti di tutte le epoche lo hanno utilizzato, a cominciare da Aristotele. Nessuno ha voluto accettare che il caso raro è il risultato dei grandi numeri, dei numerosi casi dai quali salta fuori l'eccezione statistica, come nel caso della scoperta empirica rara ed eccezionale. Allora, chi sottolinea il caso raro compie due errori in uno: il primo, perché dimentica i numerosi casi (i numerosi tentativi falliti, quando si tratta della pratica sperimentale umana), il secondo, perché ciò che appare a torto un caso raro è in realtà una rara necessità statistica: il caso relativo ai grandi numeri si rovescia nella cieca necessità della rara frequenza statistica sulla base di un grande dispendio.

La serendidipity, limitandosi a definire il risultato statistico eccezionale, raro e da nessuno voluto, confonde tra loro i termini di caso e necessità, e continua a contrapporli. Ma risultati come quelli di Vescovi, i quali rappresentano il caso non voluto trasformato in una dispendiosa necessità, rappresentano soltanto piccole scoperte empiriche alle quali manca una teoria che permetta di comprenderle. Perciò il dispendio aumenta, perché ogni scoperta indirizzerà verso mille altre direzioni senza via d'uscita.

E' questa la ragione per la quale assistiamo al grande spreco di tentativi, ipotesi, esperimenti sulle staminali, esattamente come prima assistevamo a un analogo spreco nella sfera della genetica (o meglio, genomica). Insomma è semplicemente l'ignoranza teorica e quindi l'incapacità di utilizzare le casuali scoperte empiriche nella pratica umana che produce sia le attese miracolistiche sia le litigiose contrapposizioni etiche.

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Tratto da "Chi ha frainteso Darwin?", edito nel 2009.
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