mercoledì 22 giugno 2011

Complessità, caos e proprietà emergenti II

 L'equivoco delle "proprietà emergenti"

"Ma è giunto il momento
-scrive Greco nel suo Dizionario asimmetrico- di definire in modo più rigoroso cosa intendiamo per proprietà emergenti. Il biologo Herbert Simon sostiene che sono emergenti quelle caratteristiche dei sistemi nel loro insieme che "non possono (nemmeno in teoria) essere dedotte dalla più completa conoscenza delle componenti, prese separatamente o in altre condizioni parziali"." Insomma, sono "emergenti" quelle proprietà di un processo o di un fenomeno complesso che, per via riduzionistica, non può essere conosciuto. Questa idea avrebbe potuto costituire il fondamento epistemologico delle scienze della natura, se avesse stabilito come norma che i processi e i fenomeni naturali sono realmente delle totalità complessive, le cui proprietà non sono determinate dai loro costituenti. In questo modo, il riduzionismo avrebbe avuto il suo definitivo benservito dalle scienze naturali.

Invece, ciò che appartiene in generale all'intera natura è stato concepito come caso a parte riguardante strane proprietà mai viste prima, chiamate "proprietà emergenti". In questo modo l'"emergenza" è divenuta un'etichetta da affibbiare a ciò che non si può indagare riduzionisticamente, e del quale non si ha alcuna illusione di poterlo fare, neppure in "linea di principio". Così, soltanto saltuariamente e senza alcun tentativo di generalizzazione, si ammette l'esistenza di ciò che chi scrive ha definito come "serie di contenitori, a loro volta contenuti". Ad esempio, scrive Greco: "Le proprietà emergenti possono, naturalmente, essere parte di sistemi di livello più elevato e influire sulle proprietà delle componenti a livelli inferiori".

L'equivoco di considerare "emergente" ciò che è la norma dei processi naturali appartiene soprattutto alla fisica. Dice Greco che "Anche i fisici hanno cercato di definire le proprietà emergenti. Per Philip Anderson, per esempio, l'emergenza è una proprietà collettiva della materia che nessun componente del collettivo possiede singolarmente. Con l'esempio dell'acqua, ad esempio, dimostra che le "molecole hanno acquistato una proprietà collettiva: sono diventate un liquido"."

Come, si vede, anche qui non ci si rende conto che tutto ciò che appare come complesso naturale deve necessariamente avere proprietà "collettive", le quali del resto mutano con il variare della quantità e della qualità: così l'acqua può assumere la forma di liquido, ma anche di solido e di gas: stati della materia che possono essere compresi meglio con la dialettica quantità-qualità piuttosto che con il generico termine di "emergenza", soltanto un neologismo per coprire la nostra ignoranza sui complessi della natura.

Ora, dire che lo stato liquido è una proprietà emergente, che appartiene soltanto all'insieme delle molecole di idrogeno e ossigeno, è solo un primo, timido, passo (del resto già compiuto da Hegel nella prima metà dell'Ottocento), che non ci porta molto avanti con l'aggiunta che le "proprietà emergenti producono spesso comportamenti emergenti". Poiché la natura ci presenta un groviglio di processi e fenomeni complessivi, la lista delle "proprietà emergenti" non avrebbe mai fine. E infatti Greco osserva giustamente: "Così il tempo meteorologico è una proprietà emergente delle molecole che compongono l'atmosfera; la vita è una proprietà emergente delle molecole che compongono le cellule; la mente è una proprietà emergente delle molecole che compongono il cervello". Così dicendo, però, tutto diventa "proprietà emergente" di pretesi "composti" (meccanismi).

Ma tutte queste "emergenze" non aggiungono assolutamente nulla alla nostra capacità di conoscenza: sono semplici etichette che illudono di aver trovato qualcosa di nuovo su ciò che rappresenta da sempre la costituzione delle forme materiali naturali: a cominciare dall'universo e dai superammassi per continuare con gli ammassi, i gruppi locali, le galassie, le stelle, i pianeti, e tra questi il pianeta Terra, dove troviamo le molecole, i corpi e i processi fisici, i corpi e i processi biologici, ecc. Ebbene, tutto questo non è "emergenza": è realmente la forma materiale dei complessi, delle "totalitat" hegeliane, la cui necessità non si trova nella inesistente determinazione causale dei singoli elementi costituenti.

Non vedendo l'intero quadro generale, con il termine di "emergenza" si sono, per così dire, intravisti soltanto gli spiragli, quasi che la pudicizia riduzionistica abbia voluto nascondere l'intera, nuda realtà della natura. E' ciò che si può evincere anche dal passo che segue: "Le proprietà emergenti sono considerate una delle caratteristiche che rendono complesso un sistema. E, in particolare, sono le caratteristiche che rendono strutturalmente infondato ogni progetto di riduzionismo teoretico, ovvero ogni tentativo di spiegare il comportamento dei sistemi complessi con le leggi generali che governano il comportamento dei loro costituenti elementari".

Ecco una proposizione sulle caratteristiche del complesso, che, se generalizzata, coglierebbe la realtà del mondo naturale, divenendo la concezione (sostenuta da chi scrive) dei complessi necessari, costituiti da numerosi singoli elementi casuali. Ma, come gli emergentisti hanno avuto la vista corta, non vedendo che tra le mani hanno sempre avuto la soluzione di un enigma millenario, così i loro critici hanno avuto la vista ancora più corta, al limite della cecità: "Spesso i nemici della filosofia emergentista -scrive Greco- l'accusano di vitalismo. Ovvero di sostenere una specificità costitutiva, una specialità, dei sistemi complessi e, in particolare, dei sistemi biologici".

Questi critici compiono due errori. Il primo appartiene solo a loro e riguarda l'inesistente vitalismo. Il secondo lo condividono con gli stessi emergentisti: entrambi, infatti, credono che si tratti di fenomeni speciali, mentre tutta l'evoluzione materiale non vivente e vivente è contrassegnata dallo sviluppo di forme cosiddette "emergenti", ovvero di complessi contenitori, a loro volta, contenuti. Ciò che differisce è la modalità dell'evoluzione: 1) in fisica, la materia, dopo il big bang, evolve a scendere: dall'universo di particelle ai superammassi, agli ammassi e, infine, alle galassie; 2) in biologia, la materia evolve a salire: dagli atomi alle molecole chimiche, alle macromolecole biochimiche, alle cellule batteriche, ai virus; dai procarioti agli eucarioti unicellulari, agli organismi pluricellulari, e via di seguito, fino alle specie, ecc.

Ne consegue che, quando si dice, ad esempio, specie = pool di geni (Mayr, ecc.), si compie un grave errore gnoseologico, perché la specie è un contenitore di organismi animali, i quali sono contenitori di tessuti e organi, a loro volta contenitori di cellule. E queste ultime contengono, tra gli altri costituenti, i genomi, costituiti infine da segmenti di DNA (che dovrebbero esprimere i "geni"). Per correttezza, solo il genoma dovrebbe essere un pool di geni, ammettendo che esistano cose come i geni (contenitori di informazioni).

Ora, dispiace vedere qui di seguito un autore, in grado di compiere uno sforzo lodevole nella stesura di un dizionario così ampio e approfondito, cadere in un errore purtroppo tipico della nostra epoca: l'accettazione di un pluralismo privo di contraddizioni, cancellate solo a parole. "In realtà l'emergentismo è una filosofia strettamente materialistica, perché del tutto compatibile con il riduzionismo costitutivo (sic!). Le proprietà emergenti, infatti, non sono altro che proprietà collettive della materia. Che non possono essere pienamente studiate se non attraverso lo studio sia analitico che olistico [...], di quel determinato collettivo di materia".

Come si vede, qui Greco pensa di poter conciliare e far convivere pacificamente due metodi diametralmente opposti: il riduzionismo e l'olismo, sorti a suo tempo dalla contraddizione mai risolta, e raramente vista di sfuggita, esistente tra il caso relativo ai singoli costituenti e la necessità relativa ai loro complessi! D'altra parte, senza questa soluzione che vede il primo rovesciarsi dialetticamente nel secondo e viceversa, anche le persone più intelligenti non possono fare altro che aggiustare le cose con quello che hanno tra le mani. Così che cosa può fare Greco, se non ribadire: "L'emergentismo non è, dunque, una concezione neovitalista. Non invoca proprietà speciali della materia vivente. E non è neppure una concezione olista. L'emergentista non nega affatto l'utilità del riduzionismo esplicativo (sic!). Anzi, ritiene che esso sia necessario. Nega solo che esso sia, sempre, sufficiente" (?)

"Come dice Mayr: "i sistemi complessi devono essere studiati a ogni livello, poiché ogni livello ha proprietà che non si mostrano ai livelli inferiori"."
Citazione interessante questa, che comunque non risparmia Mayr dall'errore di aver definito la "popolazione" (parte di specie animale) come "pool di geni", quando, come abbiamo visto, tra la popolazione e i geni esiste una lunga serie di "sistemi complessi" le cui proprietà "non si mostrano ai livelli inferiori"!

Da buon dizionarista, Greco cerca di evitare le risse tra scuole opposte e in competizione, cercando forme di conciliazione; ma la sua conclusione segnala l'esistenza di una difficile questione da risolvere: "Di più. L'emergenza è ormai accettata da un numero così grande di scienziati, anche di cultura riduzionistica, da non essere più un elemento veramente discriminante tra la visione riduzionista del mondo e la visione olistico-organicistica o, più in generale, antiriduzionista".

Come tentiamo di dimostrare da quasi un ventennio, riduzionismo e olismo rappresentano una contrapposizione metafisica inevitabile, sorta dalla incomprensione del rapporto dialettico "caso-necessità" e "singolo-complesso", incomprensione che il seguente esempio conferma: "L'approccio emergentista -scrive Greco- non rompe, infatti, l'unità della natura. Né rompe la solidarietà  delle scienze. I vari livelli di organizzazione della materia sono strettamente interconnessi e, insieme, dotati di notevole indipendenza. L'organizzazione della materia a livello di un batterio non viola le leggi della chimica e della fisica. Ma ha una struttura e un comportamento che non sono legati al gran numero di parti diversamente interagenti, e quindi non sono interamente spiegabili, almeno in via di fatto, dalle leggi della fisica e della chimica. Se vogliamo studiare il batterio nel suo insieme, occorre un ulteriore livello di spiegazione, il livello di spiegazione propriamente biologico. Che tenga conto, tra l'altro, della vita".

Ma il livello di batterio è solo uno dei tanti livelli biologici, perché già un ceppo batterico è a un livello superiore, e la sua conoscenza non ha niente a che vedere con la conoscenza del singolo batterio. Lo stesso vale, ad esempio, per il singolo linfocita B e l'insieme dei cloni B del sistema immunitario complessivo. Da questo punto di vista la conclusione di Greco è insoddisfacente. Si potrebbe dire che, semplicemente, riflette quel groviglio naturale denunciato da Engels, senza poterlo risolvere, così da rinviare all'accozzaglia di Morin: "Né gli elementi di interconnessione, né gli elementi di indipendenza spiegano tutto (!) il batterio. In quest'ottica strettamente materialistica, e solo in quest'ottica (!), ha dunque ragione il fisico Murray Gell Mann quando sostiene che, in natura, "a ogni livello ci sono leggi da scoprire, importanti per se [...]. Le varie Scienze, pur occupando livelli diversi, fanno parte di una singola  struttura interconnessa"."

Occorre ribadire: i cosiddetti "livelli" altro non sono che i complessi materiali sorti con l'evoluzione della materia scandita da diverse fasi, complessi che contengono elementi costituenti molto numerosi, ciascuno dei quali a sua volta è un complesso (inferiore). La natura è un enorme contenitore di contenitori, a loro volta contenuti, per ognuno dei quali occorre una disciplina apposita, il cui fondamento deve essere il preciso riconoscimento di ciò che inerisce il caso e di ciò che vale come necessità: reale oggetto di conoscenza.

Allora che cosa rimane delle "proprietà emergenti", della "emergenza"? Nulla! Si tratta solo di un equivoco che può accecare chi già non vede che la realtà della natura è un groviglio di proprietà che emergono sempre nella forma di complessi, necessari in quanto tali, ma casuali in quanto, a loro volta, singoli costituenti di complessi superiori. Come, all'inizio degli anni Novanta, abbiamo definito nel primo volume di teoria della conoscenza: "esistono tre modi di esistenza di un oggetto naturale o sociale: 1) come singolo elemento di un genere universale, 2) come singolo elemento di una specie particolare, 3) come, a sua volta, una specie particolare". Così, ad esempio, una galassia è un singolo elemento del genere universale delle galassie, ma è anche un singolo costituente di un complesso particolare, ad esempio un ammasso, infine è un complesso costituito di stelle. Dunque che cosa è rilevante per la conoscenza di una galassia? L'essere un singolo, casuale costituente contenuto o un complesso contenitore necessario? Che cosa dunque "emerge" come necessità? La sua singola appartenenza casuale a un gruppo locale di un dato ammasso o la sua cieca necessità complessiva? La risposta la lasciamo agli astromi.                                                                                                                                                                                                                                                                          

Scritto nel 2011
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