giovedì 2 dicembre 2010

L'inevitabile fallimento della fisica teorica - parte seconda

Le ragioni della crisi della fisica teorica

Scrive Smolin (Sempre in "L'UNIVERSO SENZA STRINGHE" 2006) che "Negli ultimi trent'anni, i teorici hanno propo­sto almeno una dozzina di nuovi approcci, tutti motivati da ipotesi convincenti (sic!), ma finora nessuno ha avuto successo. Nel regno delle particelle questi approcci comprendono la teoria del technico­lor, i modelli basati sui preoni e la supersimmetria; nel dominio dello spazio-tempo (!), la teoria dei twistor, gli insiemi causali, la supergravità, le triangolazioni dinamiche e la gravità quantistica a loap. Alcune idee sono proprio bizzarre come sembrano".

Ma "Una teoria ha suscitato più attenzione di tutte le altre messe insieme: la teoria delle stringhe" che "pretende di spiegare il gran­de e il piccolo - la gravità e le particelle elementari - e a tale fine formula l'ipotesi più audace di tutte le teorie, postulando che il mondo contenga dimensioni finora inosservate e molte più particelle di quante ne conosciamo oggi. Allo stesso tempo, avanza la proposta che tutte le particelle elementari abbiano origine dalle vibrazioni di un'unica entità -una stringa- che obbedisce a leggi semplici e meravigliose. Sostiene di essere la sola teoria che unifica tutte le particelle e tutte le forze in natura e, come tale, permette di for­mulare previsioni chiare e inequivocabili per qualsiasi esperimento si sia mai fatto e che mai si potrà fare".


Questa certezza fideistica non è, però, giustificata da alcun ri­sultato né teorico né pratico, tanto che Smolin è  costretto a conclu­dere: "Sono vent'anni che i fisici dedicano molti sforzi alla teoria delle stringhe, ma ancora non sappiamo se è  vera". Eppure, negli Sta­ti Uniti essa domina ovunque, da Berkeley a Harvard, Princeton e Stan­ford. Essa "ha oggi una posizione così dominante nel mondo accademico che, se un giovane fisico teorico scegliesse di non occuparsene, dal punto di vista della carriera è  come se si suicidasse". "Negli ultimi quindici anni le università di ricerca del paese hanno nominato un totale di tre professori assistenti che sviluppano approcci diversi" dalla teoria delle stringhe. Insomma, anche se sul piano scientifico, questa teoria "avanza a stento, nell'ambito accademico ha trionfato".

Quali sono le ragioni di questa strana situazione? "Com'è possi­bile che la teoria delle stringhe, a cui si sono dedicati più di mil­le scienziati fra i più brillanti e colti, lavorando nelle migliori condizioni, corra il rischio di fare fiasco? E’ una domanda che mi ha sconcertato a lungo, ma ora penso di conoscere la risposta -dichiara Smolin-. Quello che sta facendo fiasco, secondo me, non è tanto una specifica teoria quanto un modo di fare scienza che era adeguato ai problemi che abbiamo affrontato intorno alla metà del Novecento, ma che mal si adatta ai problemi di oggi. Il modello standard della fi­sica delle particelle è stato il trionfo di un modo particolare di fare scienza che arrivò a dominare la fisica degli anni Quaranta del Novecento. E' uno stile pragmatico e aggressivo e favorisce il vir­tuosismo nel calcolo più che la riflessione su problemi concettuali difficili. E' profondamente diverso dal modo di fare scienza di Al­bert Einstein, Niels Bohr, Werner Heisenberg, Erwin Schrodinger e degli altri rivoluzionari dell'inizio del Novecento, … "

Può anche essere vero che i Feynman, i Dyson ecc. siano stati dei praticoni, ma occorre pensare che essi si sono formati nell'epoca della autarchia e della seconda guerra mondiale, epoca che pretende­va una scienza pratica e militarizzata. Quindi non ci dobbiamo stu­pire se "Nell'approccio alla fisica delle particelle sviluppato e insegnato da Richard Feynman, Freeman Dyson e altri, la riflessione su problemi fondazionali non aveva alcun posto nella ricerca". Anzi, all'epoca, un Einstein era considerato un vecchio d'altri tempi, or­mai superato. Possiamo, però, aggiungere che la pratica della guerra ha smascherato e ridimensionato superbe teorie matematiche irreali­stiche, puramente convenzionali, anche se non ha favorito una fisica della realtà, ma soltanto un nuovo meccanicismo tecnologico che con la conoscenza della natura ha poco a che fare.

Smolin crede di aver individuato il vero responsabile della "cri­si della fisica" nel vecchio stile pragmatico di fare scienza, e au­spica un ritorno indietro; insomma, egli vede una crisi della fisica teorica che non fa più progressi da oltre un quarto di secolo, dopo due secoli nei quali ogni quarto di secolo segnava un ulteriore pro­gresso, e attribuisce la responsabilità di questa interruzione a un modo di fare fisica non congeniale al progresso teorico. Perciò, vede la soluzione in un ritorno al modo di fare scienza di Einstein, Bohr, Heisenberg e Schrodinger: "Per continuare il progresso della scienza -egli scrive- dobbiamo di nuovo affrontare interrogativi pro­fondi sullo spazio e sul tempo, sulla meccanica quantistica e sulla cosmologia e abbiamo di nuovo bisogno di persone che sappiano inven­tare nuove soluzioni per gli annosi problemi fondazionali".

Ma se hanno ancora bisogno di risolvere problemi "fondazionali" della relatività generale e della meccanica quantistica, ciò signi­fica che nessuna teoria fisica del Novecento ha retto la prova del tempo. Ma che cosa è stata la fisica del Novecento? E' stata una scienza chiusa tra i due perni di una tenaglia: quello della teoria astratta imposta dalla matematica pura, che si è risolta in una fi­sica convenzionale e fittizia nelle due forme contrapposte e incon­ciliabili della relatività generale e della meccanica quantistica, e quello della pratica concreta, imposta dal periodo delle due guer­re mondiali, che si è risolta in un grandioso sviluppo tecnologico, dall'aeronautica alla missilistica, dagli acceleratori agli ordigni nucleari, dai computer a internet. E, mentre la fisica praticona pro­grediva continuamente in senso tecnologico, la fisica teorica finiva in un vicolo cieco, quello della impossibile unificazione di due teo­rie convenzionali e fittizie: relatività generale e meccanica quantistica. Al­lora, in questa situazione, le stringhe che cosa potevano rappresen­tare? Un estremo quanto inutile tentativo di salvare la fisica teo­rica dall'inevitabile fallimento.

Ma c'è un altro aspetto fondamentale da tutti ignorato, che ovvia­mente non compare nel libro di Smolin. Si tratta di questo: se la fi­sica teorica è ormai fallita e prima o poi questo fallimento dovrà essere ufficializzato, e se è vero che la fisica pratica ha prodotto uno sviluppo tecnologico senza precedenti, la conoscenza reale della natura è rimasta indietro comunque. Il successo tecnologico riguarda soltanto i prodotti dell'uomo non i prodotti della natura. L'unico vantaggio per la conoscenza della natura è il progresso di strumenti per la sperimentazione, prima fra tutti per grandiosità l'LHC. Ma niente di più.

Nonostante ciò qualcuno ci prova sempre a riproporre nuove finzio­ni utili, assimilando la natura agli ultimi ritrovati della tecnolo­gia, all'ultima metafora meccanicistica, come ad esempio "Il cosmo come uno sconfinato computer" di Seth Lloyd. Ma di ciò in altra occa­sione.

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scritto nel 2010

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