domenica 12 dicembre 2010

Il fenomeno e la legge scientifica

Possiamo affermare che la dialettica hegeliana ha in sé la soluzione del "rapporto del pensiero con la realtà", aspetto questo che, come abbiamo già visto, fu affrontato da Marx nel suo saggio giovanile sulla differenza tra la filosofia di Democrito e quella di Epicuro. In questo paragrafo ci occuperemo del rapporto del pensiero con la realtà nella forma del rapporto delle leggi scientifiche con il mondo reale. Hegel prima distingue il mondo riflesso in sé dal mondo dei fenomeni, poi considera la relazione dell'uno con l'altro. Poiché l'essenza deve apparire, "l'essenza che esiste è la cosa, e questa è apparenza o fenomeno". Ora, la cosa che esiste è diversa dalla cosa che è: "La cosa viene distinta dalla sua esistenza, come il qualcosa può venir distinto dal suo essere". Ne consegue "la differenza di cosa in sé e di esistenza esteriore". Semplificando, il fenomeno contiene in sé questa distinzione, la quale si presenta come differenza tra ciò che nel fenomeno è destinato al sorgere e al perire, e ciò che invece permane.

Riguardo al primo è "come un essere determinato accidentale, inessenziale"; riguardo al secondo si tratta della "semplice determinazione di contenuto sottratta a quell'avvicendamento". Il fenomeno contiene dunque una polarità (una contraddizione dialettica) tra il mutevole riferibile al caso e il permanente riferibile alla necessità. Ora, ciò che permane è, per Hegel, la legge del fenomeno: "Questo permanente sussistere, che il fenomeno ha nella legge, è così, secondo che si è determinato, primariamente opposto all'immediatezza dell'essere, che ha esistenza". La legge è dunque ciò che permane, ossia la necessità del fenomeno, a cui si trova opposto l'esistere immediato, mutevole, ossia la casualità del fenomeno stesso.

Il fenomeno e la legge "hanno un solo e medesimo contenuto. La legge è la riflessione del fenomeno nell'identità con sé". "La legge non sta quindi al di là del fenomeno, ma vi è immediatamente presente. Il regno delle leggi è l'immagine calma del mondo esistente o fenomenico". La legge, cioè,  rappresenta  la necessità, mentre non ha nulla a che vedere con l'irrequieta casualità."il fenomeno ha ancora un altro contenuto contro il contenuto della legge. Quello è bensì il contenuto inessenziale; Il fenomeno è una moltitudine di determinazioni più particolari, che appartengono al questo, ossia al concreto, e che non sono contenute nella legge, ma sono determinate da un altro". La moltitudine di determinazioni particolari, ecc. è ciò che abbiamo indicato come l'ampia base della casualità, e sembra proprio che Hegel sia dello stesso avviso se afferma: "Il regno delle leggi è il contenuto calmo del fenomeno. Il fenomeno è il medesimo contenuto, ma in quanto si presenta nell'inquieto avvicendamento ed è riflessione di altro". "La legge non contiene questo lato della forma inquieta, o della negatività. Quindi di fronte alla legge il fenomeno è la totalità, poiché contiene la legge ma anche di più, cioè il momento della forma che si muove".

Se il fenomeno è la totalità, che contiene la legge ma anche di più, e se la legge rappresenta "il contenuto calmo del fenomeno", la sua necessità, ma non il "lato della forma inquieta", occorreva soltanto concludere: questo lato è appunto il caso. Sembra perciò molto strano che Hegel non giunga alla conclusione che il fenomeno nella sua totalità contiene oltre alla necessità anche l'accidentale, il caso: infatti, l'anche di più, oltre la legge scientifica, ossia oltre la necessità, non può essere che il caso, che Hegel sostituisce con un giro di parole. Questa reticenza troverà la sua motivazione nel prossimo capitolo, dove dimostreremo che anche l'idealista Hegel non giungerà fino al punto di accettare il caso, nonostante il suo pensiero dialettico lo abbia ammesso fino ad un certo punto e l'abbia sostanzialmente compreso.

Hegel scopre che la relazione tra il mondo dei fenomeni e il mondo in sé e per sé consiste in un capovolgimento: "La relazione è dunque precisamente questa, che il mondo che è in sé e per sé è il rovescio del mondo che appare". Marx ha interpretato questo fatto alla stregua del capovolgimento delle immagini nella retina: la scienza doveva quindi rovesciare per avere il riflesso reale raddrizzato. Hegel si esprime con le seguenti parole: " I due mondi stanno dunque fra loro in un rapporto siffatto, che quello che nel mondo fenomenico è positivo, è negativo nel mondo che è in sé e per sé, e viceversa ciò che è negativo in quello è positivo in questo". "Quello che nell'esistere apparente è male, cattiva fortuna etc., è in sé e per sé un bene e una buona fortuna".

Ciò che appare alla coscienza riflettente come male, ossia il lato negativo dei fenomeni, è in realtà un bene, ossia il positivo della realtà, perché rappresenta la molla dell'evoluzione naturale, evoluzione che non segue quei criteri che l'egocentrismo umano predilige, ma segue la cieca dialettica caso-necessità. Come vedremo, quando tratteremo le scienze naturali, l'apparente lato negativo è la sfera del caso che rappresenta il fondamento della cieca necessità della evoluzione della materia, fondamento che il pensiero umano ha sistematicamente respinto o eluso.

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Tratto da "Caso e necessità - l'enigma svelato - Volume prmo Teoria della conoscenza" (1993-2002)

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