lunedì 13 dicembre 2010

Memoria della conoscenza e conoscenza della memoria: Hegel e Diderot

Per Hegel l'individuo è un "serbatoio" di sensazioni, conoscenze, pensieri "senza esistenza". Nell'enciclopedia, egli osserva: "Ogni individuo è una ricchezza infinita di sensazioni, rappresentazioni, conoscenze, pensieri ecc.; ma io sono, tuttavia, perciò affatto semplice: un fondo indeterminato, nel quale tutto ciò è serbato, senza esistere. Solo quando io richiamo alla mente una rappresentazione, io la porto fuori da quell'interno all'esistenza innanzi alla coscienza". Le conoscenze sono conservate senza esistere; ed esistono solo quando sono richiamate alla mente: "Così l'uomo non può mai sapere quante conoscenze egli di fatto serba in sé, quantunque le abbia dimenticate: -esse non appartengono alla sua attualità, alla sua soggettività come tale, ma soltanto al suo essere in quanto è in sé".

La questione del serbatoio di conoscenze, che non esiste se non è richiamato all'attualità della coscienza, viene semplicemente concepita come faccenda di memoria: così appare che il ricordare sia l'aspetto principale. Se così fosse, che cosa accadrebbe se, ad esempio, la conoscenza acquisita dallo studio di migliaia di volumi fosse sempre immediatamente presente alla coscienza? La risposta a questa domanda va cercata nel paradosso della cosiddetta memoria prodigiosa di rari individui nei quali il serbatoio di conoscenze è sempre immediatamente presente alla coscienza, essendo sempre appartenente alla loro attualità.

Il risultato è che questi individui ricordano tutto, ma proprio per questo sono incapaci di pensare, di riflettere, come spesso capita a certi talenti della matematica, per non parlare della predisposizione al calcolo numerico nell'autismo. Qui, l'eccesso della memoria, affollando la mente di dati d'ogni genere, danneggia il pensiero non meno della eccessiva smemoratezza. Il contrario avviene, invece, quando il "serbatoio" di conoscenze rimane silente nell'interiorità, ma la mente dello studioso è pronta a richiamarlo all'attualità ad ogni richiesta specifica del suo pensiero e della sua riflessione.

Se nessuno può affermare con certezza quale sia la giusta dose di memoria, tra i due estremi della memoria prodigiosa e della smemoratezza, un fatto è certo: l'eccessiva facilità ad avere presente mille particolari, nomi, date, luoghi ecc. non è affatto utile al pensiero, per il quale è necessario avere presenti immediatamente i contenuti, i nessi, le leggi inerenti i fenomeni e i processi complessivi. Per la conoscenza è vantaggioso soprattutto riuscire a fare mente locale, in breve tempo, sugli aspetti fondamentali di ogni fenomeno e processo naturale e sociale. E ciò diventa possibile solo se la mente non è affollata da infiniti aspetti, minuti e inessenziali.

Rileggendo alcuni estratti su Diderot, si possono ritrovare riflessioni analoghe su questa questione. Nella "Lettera sui sordomuti", egli scriveva: "Penso che sia questo il motivo per cui il giudizio e la notevole memoria sono così raramente accoppiati. Una grande memoria presuppone una notevole facilità ad avere insieme rapidamente numerose idee differenti; e tale facilità nuoce alla tranquilla comparazione di un piccolo numero di idee che la mente deve, per così dire, considerare con attenzione. Una testa ingombra di numerose cose disparate è abbastanza simile a una biblioteca di volumi scompagnati". "E' uno di questi empori riempiti di analisi e di giudizi su opere che l'analista non ha affatto compreso; empori di mercanzia alla rinfusa dove, di utile, c'è soltanto un inventario; è un commentario in cui si trova spesso ciò che non si cerca, raramente ciò che si cerca e, quasi sempre, le cose di cui si ha bisogno sono disperse fra la massa di cose inutili".
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