mercoledì 15 dicembre 2010

Due forme di memoria in reciproca contraddizione

Un argomento che vale la pena di approfondire, poco sviluppato nella teoria della conoscenza, è la contraddizione esistente tra la forma di pensiero filosofico-concettuale e la forma di pensiero matematico-fisica: forme polarmente opposte che derivano dalla fondamentale contraddizione esistente tra la memoria concettuale e la memoria visiva. Abbiamo già preso in considerazione la memoria straordinaria in senso generale. Come tutti i fenomeni la memoria si manifesta con minore o maggiore intensità fino ai due estremi opposti di esagerazione per difetto o per eccesso:  la smemoratezza o la memoria straordinaria.

Se ora consideriamo le due forme di memoria polarmente opposte, possiamo affermare che valgono per entrambe le situazioni estreme e quella intermedia. Avremo così non solo per la memoria visiva ma anche per quella concettuale individui molto o poco dotati. Hegel, ad esempio, era dotato di una memoria concettuale straordinaria, tanto da non riuscire a perdersi neppure nelle sue elucubrazioni più lambiccate e oscure. Al contrario, Fermi ha rappresentato un esempio di eccezionale memoria visiva, una memoria enciclopedica.

La nostra ipotesi sostiene che la memoria concettuale e quella visiva si contraddicono tra loro e solo raramente riescono a convivere, come nel caso di Leibniz, grande matematico-fisico ma anche pensatore profondo e geniale. E' necessario quindi mettere a confronto queste due forme di memoria polarmente opposte, che stanno a fondamento della ben nota idiosincrasia tra filosofi e matematici. E il primo aspetto da sottolineare è che la memoria visiva, tipica dei matematici, segue il principio di semplificazione e di non contraddizione. La complessità e la contraddizione ostacolano la memorizzazione visiva, meccanica, la quale trova solo in se stessa soddisfazione. Ricordare formule, memorizzare equazioni lunghe e complicate, ma anche numeri, elenchi d'ogni genere, ecc. richiede concentrazione e attrattiva notevoli. La memoria straordinaria si appaga di questo e trova soddisfazione in se stessa. Al contrario, una mente che rifletta sulle contraddizioni, che sia attratta da problemi complessi, sbadiglia al cospetto della memoria visiva: non trova soddisfazione nell'esercizio puramente mnemonico.

Per riflettere, per pensare attorno alla realtà contraddittoria, per trovare nessi profondi, concettualmente, occorre un processo mentale più lento di quello tipico della memoria straordinaria. Non è tanto una certa difficoltà a ricordare che favorisce questo processo mentale, è piuttosto la facilità a "dimenticare", nel senso di non avere sempre presenti alla coscienza le singole nozioni accumulate nello studio, le singole impressioni accumulate nella osservazione, come avviene invece nel caso estremo e patologico della supermemoria, che spesso neppure la disciplina universitaria riesce a frenare in certe menti matematiche.

Possiamo così stabilire un primo punto fermo: la memoria visiva, nella sua manifestazione più estrema, ostacola la memoria concettuale, ma è necessaria alle esigenze della matematica e della fisica matematica. Tutti i maggiori matematici e fisici dell'epoca moderna sono stati prodìgi di memoria visiva. E forse solo quelli un pò meno prodigiosi, sono riusciti a esprimere anche pensieri profondi. Basti pensare a Schrodinger. Fermi, invece, non sopportava le concettualizzazioni come quelle di Heisenberg ed era del tutto incurante delle implicazioni gnoseologiche della relatività generale, ma era in grado di destreggiarsi tra le equazioni della fisica quantistica e della relatività generale.

Se consideriamo la vastità della matematica e della fisica elaborate nel Novecento, risulta evidente che a un matematico fisico occorra una eccezionale memoria visiva per poter memorizzare tutta la vasta letteratura specialistica, ma occorra anche una forma mentale che non intralci questa memorizzazione, che non perda tempo a riflettere e, soprattutto, che non si ponga il problema del valore di ciò che sta assimilando: una forma mentale, perciò, che deve accettare i fondamenti, i teoremi, le equazioni, infine tutti i rompicapi da risolvere, senza discutere. Occupata in questa attività, la mente del matematico fisico sarà aliena a ogni preoccupazione di tipo gnoseologico. Ed è bene che sia così, perché quando sconfina nella concettualizzazione è come un pesce fuor d'acqua.

L'ipotesi della contraddizione tra le due forme di memoria, se confermata, risolverebbe la divisione dei compiti nella scienza. Come non si può pretendere che la mente adatta alla concettualizzazione sia in grado di valutare la matematica e la fisica matematica sul terreno del "calcolo", così non si puo pretendere dalla mente adatta alla memorizzazione di contribuire alla teoria della conoscenza. Chi tratta delle quantità, come il fisico matematico, non ha alcun diritto di disprezzare la qualità, come hanno fatto fin troppi fisici dall'inizio del Novecento, o, peggio ancora, di formulare qualità puramente matematiche, ossia convenzionali e fittizie, come ha fatto la fisica quantistica, la relatività generale e la teoria delle stringhe. Ma chi tratta delle qualità non può, a sua volta, disprezzare la quantità come un sottoprodotto della mente, come continuano a fare i filosofi astratti contemporanei.

La logica dei concetti deve produrre i fondamenti logici reali, qualità reali, sulle quali possa intervenire la pratica matematico-fisica che calcola. Bisogna tornare a considerare il "quanto" come misura del "qualitativo", e lasciare il resto al puro esercizio ludico di matematici impenitenti più che impertinenti. Quando la memoria visiva crede di poter contribuire alla teoria della conoscenza, favorita in questo dall'ignavia della filosofia contemporanea, chiusa anch'essa nella sua "cittadella della astrazione", non si rende conto di non poterlo fare perché tenderà sempre a semplificare qualità che non sono semplificabili. Così il risultato dell'illusorio contributo matematico-fisico alla teoria della conoscenza non va oltre una congerie di astruse teorie, banalità insulse, riduzionistiche semplificazioni, e una assoluta mancanza di pensiero.
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