giovedì 9 dicembre 2010

Passato e futuro: i tempi lunghi della necessità. Presente: il tempo breve della casualità

"Tutto, si dice, nasce e muore nel tempo, se si astrae da tutto, vale a dire dal riempimento del tempo, e anche dal riempimento dello spazio, restano il tempo vuoto e lo spazio vuoto, -cioè si pongono e si rappresentano allora codeste astrazioni dell'esteriorità come se esse fossero per sé. Ma non è già nel tempo che tutto nasce e muore; il tempo stesso è quel divenire, nascere e morire; è l'astrarre che insieme è; è Kronos, produttore di tutto e divoratore dei suoi prodotti". L'idealista Hegel pone in luogo della evoluzione della materia, dove le forme materiali nascono e muoiono, il tempo astratto, simile a Kronos. La maschera mitologica nasconde la dispendiosa evoluzione della materia che produce e divora tutti i suoi prodotti.

Per Hegel, "Il finito è passeggero e temporale". "Perciò solo le cose naturali sono soggette al tempo, essendo finite: il vero, per contrario, l'idea, lo spirito, è eterno". Le cose naturali sono le forme materiali passeggere e temporali. Come si vede, nel concetto di tempo è contenuta l'idea dell'inizio e del termine: tutto ciò che è temporale, è soggetto al nascere e al perire. L'eternità appartiene a ciò che non ha inizio né termine, ossia, che non ha tempo. Con buona pace di Hegel e di tutti gli idealisti, è la materia che non ha tempo ed è perciò eterna, mentre sono le forme materiali prodotte dalla evoluzione della materia in ogni ciclo universale che hanno un tempo e perciò sono finite. E lo spirito, il prodotto più elevato di una forma materiale: il cervello umano, è tra le cose più brevi e passeggere che l'evoluzione della materia eterna possa produrre ad ogni ciclo.

Hegel distingue tre dimensioni del tempo: il presente, il futuro e il passato che "sono il divenire" . Il presente, separato dai momenti astratti del passato e del futuro, "è l'istante". "Del resto, nella natura, dove il tempo è l'istante, non si perviene a differenziare quelle tre dimensioni in modo da dar loro sussistenza separata; esse sono necessarie soltanto nella rappresentazione soggettiva, nel ricordo, nel timore o nella speranza. Il passato e il futuro del tempo, in quanto sono nella natura, sono lo spazio...;"

Le dimensioni del tempo rappresentano un problema concettuale difficile, soprattutto a causa del presente. Del resto, sebbene tempo e spazio siano stati assunti da sempre come concetti fondamentali della conoscenza, solo il secondo ha avuto una elaborazione scientifica nella geometria. Hegel giustamente osserva che "Alla scienza dello spazio, alla geometria, non fa riscontro una scienza del tempo. Le differenze del tempo non hanno quella indifferenza dell'esteriorità, che costituisce l'immediata determinazione dello spazio, e perciò non sono capaci, come questo, di figurazioni. Siffatta capacità il principio del tempo l'ottiene solo quando viene paralizzato, ..." e cioè solo come calcolo aritmetico.

Il tempo, quindi, è più sfuggente dello spazio, e se il tempo può essere "acciuffato", lo dobbiamo proprio allo spazio, nel senso del movimento della materia, dapprima come semplice movimento di un oggetto: spazio percorso nel tempo. Ora, il movimento appare contraddittorio perché l'oggetto in movimento è nel contempo in un luogo e in un altro diverso. Se consideriamo il movimento puramente meccanico, abbiamo uno spazio già percorso, uno spazio ancora percorribile e uno spazio sfuggente, quello nel quale l'oggetto è in un luogo e nel contempo in un altro. Così abbiamo un tempo passato relativo allo spazio già percorso, un tempo futuro relativo allo spazio ancora da percorrere, e un tempo presente, sfuggente, che quando pone timidamente un piede nel futuro ha ancora l'altro nel passato.

Ma il movimento della materia non è solo movimento meccanico: il movimento, come vera essenza della materia, è l'evoluzione della materia nello spazio e nel tempo. Questo movimento crea e distrugge forme materiali, le più impensabili e varie. Ognuna di queste forme ha il suo specifico modo di sorgere, sviluppare e perire, ossia ha il suo specifico modo di muoversi nel tempo e nello spazio. Dal punto di vista della produzione delle forme materiali, ciò che conta come dimensione temporale non è il tempo breve ma il tempo lungo. Tempo lungo è il passato, nel quale la nuova forma materiale ha preso vita e si è sviluppata, tempo lungo è il futuro, nel quale la nuova forma materiale troverà il suo compimento. Il presente è, invece, il tempo breve, un momento che noi isoliamo nel fluire continuo del tempo.

Potremmo dire che i processi naturali sono indifferenti al tempo presente; così la scienza non può comprendere la natura confidando sull'attimo fuggente, nonostante esista una branca della fisica che crede di poter indagare la materia nell'attimo infinitesimale. Ma se la natura non è portata a tenere in alcun conto il tempo presente, l'uomo al contrario ne fa il suo feticcio, a tal punto che per la coscienza umana il passato è solo nel ricordo presente e il futuro è solo nel timore o nella speranza presenti*.

Parliamo ovviamente della coscienza individuale che è per sua struttura immediatista e coglie di preferenza le singole cose e i singoli avvenimenti. Per la coscienza della specie umana vale, invece, come per le forme naturali, il tempo passato della sua evoluzione e il tempo futuro del suo compimento. Per il singolo individuo il tempo passato e il tempo futuro sono, nel presente, l'angoscia dell'esistenza personale della quale non si occupa la scienza, ma bene che vada il romanzo**.

Poiché ciò che appartiene alla singolarità è casuale, possiamo dire che il presente è casuale, perciò non può appartenere alla scienza. Ad esempio, se consideriamo la cosmologia, noi ci occupiamo del passato per stabilire le distanze delle galassie, l'entità della loro espansione, l'essenza della loro formazione e della loro evoluzione. Qui l'istante è meno che niente, e il futuro riguarda il compimento di questa evoluzione, perciò è oggetto di ipotesi scientifica. In sostanza il passato e il futuro riguardano l'esistenza dei complessi, delle forme materiali complessive: rappresentano cioè i tempi lunghi della necessità, perciò sono oggetto della scienza.


*Ogni felicità si compone di due sentimenti dolorosi: il ricordo della privazione nel passato e il timore della perdita nell'avvenire" (da "Aforismi"di Alphonse Karr).

** Balzac nel suo romanzo, "La pelle di zigrino",  rappresenta in maniera allegorica questa angoscia della vita individuale: la pelle di zigrino, che si accorcia a ogni desiderio espresso dal suo possessore accorciandogli la vita, simboleggia il presente angoscioso che vede, con il trascorrere del tempo, accorciare il futuro, così che ogni desiderio e passione hanno davanti a sé un tempo sempre più breve per poter essere appagati.

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Tratto da "Caso e necessità - L'enigma svelato - volume secondo  Fisica". (1993-2002)

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