sabato 5 febbraio 2011

Realtà, realismo e realismo ingenuo IV

Il grido di allarme dell'irrealismo contro il "realismo ingenuo"

Già nel primo articolo della professoressa Elena Castellani nella nuova rubrica "Scienza e filosofia" ("Le Scienze", novembre 2008), che ha sostituito la rubrica di Enrico Bellone, "Il pensiero forte", incontriamo il problema del "realismo" scientifico, ma solo come cenno all'interno di generiche considerazioni sullo scopo della scienza. Legata alla questione del "realismo" c'è anche quella della "verità" di una teoria, ma in questo primo contributo l'autrice si limita soltanto a porle entrambe sul tappeto.

Nel secondo articolo ("Le Scienze", gennaio 2009), il titolo significativo "L'attualità del realismo scientifico" farebbe pensare a un rinnovato interesse per una scienza più realistica e meno convenzionale di quella attuale, ma così non è perché il contenuto si concentra solo sul problema particolare della verità delle "teorie di successo". E qui troviamo subito un'affermazione molto discutibile: "Se la realtà fisica sia davvero come le teorie di successo dicono che debba essere, non è una domanda che rientra nell'ambito delle scienze. Nel gergo filosofico si dice che si tratta di una domanda di natura "metafisica"."

Apriamo una breve parentesi: la coda di paglia della scienza fisica, dominata dai modelli convenzionali della matematica pura, ha creato una doppia barriera protettiva dall'accusa di irrealismo: 1) dichiarando che la questione della realtà appartiene alla metafisica (mai abbastanza disprezzata), 2) dichiarando che pretendere il realismo dalle teorie fisiche è "realismo ingenuo". E si sa che i fisici teorici detestano due cose principalmente: essere etichettati come metafisici ed essere considerati realisti ingenui. Chiusa parentesi.

Castellani è una filosofa della fisica e si può permettere di ricordare, come ha appreso dai manuali universitari, che esistono ben tre diverse versioni di "realismo scientifico", per indicare il quale si usa il semplice acronimo RS. Così scrive: "Ma perché sostenere il RS? Il principale argomento a favore è quello per cui il RS è la posizione che fornisce la migliore spiegazione del perché la scienza ha un incontestabile successo. Questo successo sarebbe un miracolo se le teorie sulle quali si basa non fossero vere (o almeno approssimativamente vere): è quello che sostengono i sostenitori del RS usando questo tipo di argomento (noto anche come l'argomento "nessun miracolo")".

Come si vede, qui non si dà una definizione di realismo scientifico; si pretende, invece, dare una patente di realismo (ovviamente, non ingenuo) alle teorie di successo. Ma l'argomento usato non dimostra la verità né tanto meno il realismo di una teoria di successo: dimostra, invece, che la comunità scientifica è molto compatta e unita sotto la bandiera del convenzionalismo fittizio, così da poter decretare il successo o almeno l'approvazione di ogni teoria convenzionale. Basta vedere come gli stringhisti siano riusciti col tempo ad occupare tutti i posti di potere all'interno della comunità dei fisici USA, sebbene la loro teoria non soddisfi nessuna condizione di realismo, neppure la più debole.

Castellani, dopo aver citato l'argomento "nessun miracolo", si limita a notare: "Ma la storia della scienza ci insegna che anche le teorie di successo possono in seguito venir abbandonate, e che a volte il cambiamento teorico può essere molto drastico (come nel caso delle cosiddette "rivoluzioni scientifiche")". Rivoluzioni che sono, però, sempre decretate dalla comunità scientifica del momento. Ne deriva così un'altra versione di "realismo scientifico": "Questo ci induce a essere pessimisti sul collegare il successo delle teorie con una loro presunta verità, controbattono quindi i critici del RS (usando quello che è noto come l'argomento di "meta-induzione pessimistica")".

Insomma, la questione del "realismo scientifico", trasformata in una questione completamente diversa, quella della verità delle "teorie di successo", non garantisce affatto la reale conoscenza scientifica, perché, come avviene da quasi un secolo in fisica, possono avere successo anche teorie completamente irrealistiche. Insomma, l'articolo di Castellani non mantiene le promesse contenute nel titolo: il "realismo scientifico" non è affatto attuale presso la comunità scientifica, soprattutto dei fisici, dove domina incontrastato il convenzionalismo matematico.

Sono, invece, sorti altri due problemi irrisolvibili e noti quasi soltanto agli addetti ai lavori. Il primo, che da oltre trentanni la fisica è bloccata da "teorie di successo" che sono come palle al piede, perché nessuno può confermarle o smentirle (o falsificarle alla Popper). Il secondo, che l'ultima teoria, quella delle stringhe, dopo decenni di lavori forzati di numerose equipe di matematici fisici, è ancora allo stadio di "promessa di una teoria"!

Nel terzo contributo che prendiamo in considerazione ("Le Scienze", marzo 2009), Castellani, senza aver ancora risposto alle domande concernenti il "realismo scientifico", chiama in causa quella che assicura essere "un'opinione accolta": e cioè che "per essere scientifica, una conoscenza" debba "essere "razionale", "oggettiva" (nel senso di valida intersoggettivamente) e "fondata" (sull'esperienza, se si occupa del mondo esterno, e dal punto di vista logico matematico, se usa un linguaggio formalizzato)". E poi conclude: "Chiarire che cosa s'intende esattamente con questi attributi e discutere se la conoscenza scientifica sia caratterizzabile in questi termini è uno dei compiti dei filosofi della scienza". Compiti svolti molto male se gli argomenti sono quelli suddetti, che tenteremo di smontare. 

Prendiamo ad esempio il termine "razionale", dato per ovvio e scontato da Castellani. Su questo termine sono stati scritti numerosi volumi da studiosi di ogni tempo, e se diamo retta a Hegel sulla identità tra "reale" e "razionale", non serve a nulla appellarsi al secondo per rendere conto del primo. Insomma, se la realtà presenta un problema di identificazione, lo stesso accadrà anche alla razionalità. Se poi crediamo di aver risolto qualcosa prendendo la cruda "oggettività" della conoscenza per ammorbidirla nel "senso di valida intersoggettivamente", non ci si rende conto che in questo modo si crea soltanto un ossimoro a tutto vantaggio del soggettivismo.

Castellani finge di non sapere che il pericolo maggiore per il convenzionalismo scientifico è sempre stato l'oggettivo riconoscimento del mondo esterno indipendente dalla coscienza umana. Ed è per eliminare questo pericolo, senza però cadere nel solipsisismo, che è stato coniato il termine "intersoggettivismo". In altre parole, per eliminare il pericolo dell'accusa di solipsisismo (o soggettivismo esasperato perché riferito al singolo individuo), senza però dover accettare l'odiata oggettività, si è concepito l'intersoggettivismo (o soggettivismo attenuato perché riferito a più individui).

Passiamo ora a considerare il "duplice fondamento", posto da Castellani: quello dell'esperienza se ci si occupa del mondo esterno, e quello del punto di vista logico matematico se si usa un linguaggio formalizzato. Poiché in fisica tutto è ormai formalizzato, dalla cosmologia relativistica alla meccanica quantistica e alla teoria delle stringhe, il cosiddetto duplice fondamento si dissolve nel primato della logica matematica. Ma è paradossale che, nel momento stesso in cui a decidere della sorte di una teoria matematica non è più la matematica pura ma la fisica sperimentale, che ha prodotto una macchina mastodontica come l'LHC, una filosofa della scienza citi ancora Dirac: "Il più potente metodo di avanzamento da suggerire al presente è impiegare tutte le risorse della matematica che forma la base esistente della fisica teorica, e dopo ogni successo in questa direzione provare a interpretare i nuovi aspetti matematici nei termini di entità fisiche".

Dirac parlava così "dopo ogni successo", non dopo ogni insuccesso! Sono, infatti, trascorsi quasi ottantanni dalla sua ricetta sul primato della teoria matematica, e sono trascorsi quasi trentanni da quando il suo preteso "potente metodo di avanzamento" ha creato le stringhe, e con esse il "più potente" inceppamento, dal quale la fisica teorica non sembra sapere come liberarsi. Possibile, allora, che a nessuno sia ancora venuto in mente che è forse venuto il momento di rovesciare il rapporto attuale -dalla teoria matematica a una pseudo-realtà fisica-, così da partire dal riconoscimento delle entità fisiche reali per arrivare a utilizzare la matematica come utile strumento? O questo pensiero verrebbe subito scacciato via per non incorrere nell'empio "realismo ingenuo"?

In questa complicata situazione Castellani si limita a proporre "la prova dei fatti", premettendo la seguente osservazione: "che una teoria che riteniamo scientifica permetta o no previsioni accurate in determinati ambiti del suo dominio dipende anche dal livello di raffinatezza raggiunto e dalla complessità del problema trattato" Se questa è la soluzione, la sua indeterminatezza si rivela per quello che è: un modo di tirare alle lunghe, di prendere tempo, in attesa che i risultati sperimentali dell'LHC siano interpretati e divulgati. Insomma, nonostante la rinomata ricetta di Dirac sul primato della teoria matematica, tutti attendono col fiato sospeso che sia il Large Hadron Collider, ovvero la sperimentazione, a risolvere la crisi della fisica. E questa è senz'altro una rivincita meritata dei fisici sperimentali. Ma senza una teoria realistica non si va da nessuna parte.

Ora, nonostante che Castellani non abbia mai nominato esplicitamente il "realismo ingenuo", tutta la sua elaborazione vi allude continuamente, soprattutto quando, citando Dirac, respinge ogni formulazione realistica sottratta al predominio del formalismo matematico. Potremmo dire che qui il grido di allarme dell'irrealismo delle teorie fisiche è soffocato da una filosofa della fisica, ma proprio per questo sembra fare più rumore.

Per concludere questa prima serie di post dedicati alla realtà della conoscenza in fisica, possiamo prevedere che la crisi dell'irrealismo della fisica teorica contemporanea non potrà essere risolta dai risultati dell'LHC, i quali contribuiranno invece a farla scoppiare. Perciò, contrastare la realtà e il realismo gridando contro il "realismo ingenuo" potrà solo frenare e ritardare la decisione, presto o tardi ineluttabile, di cambiare strada, di ripartire da cose reali, certe, sicure, con la modestia di chi è consapevole di dare l'assalto all'immenso e smisurato movimento della materia solo per ottenere conoscenze relative al grado di sviluppo scientifico della generazione del momento. Ogni generazione porterà il suo contributo reale: forse avremo meno pretesi geni alla Einstein e alla Dirac e senz'altro nessuna teorica unica, ma molti più risultati per la conoscenza umana.

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Scritto nel 2011

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