domenica 13 febbraio 2011

LHC e i tempi lunghi della conoscenza III

Ma quale conferma o smentita sperimentale si attende? 

Occorre qui considerare il ruolo degli acceleratori in relazione alle cosiddette predizioni della matematica fisica: ossia lo stridente contrasto esistente tra i modelli matematici della fisica delle particelle e le osservazioni della fisica sperimentale. Alla base di questo contrasto c'è la certezza che, per quanti capitali si possano investire, l'uomo non potrà mai produrre acceleratori in grado di generare l'energia "ultima", corrispondente alla lunghezza di Planck, 10^19 GeV, tanto mitizzata dalla fisica quantistica.

Per avere un'idea di questa impossibilità, ricaviamo i seguenti dati da Salam ("La nuova fisica" 1998): con un acceleratore che percorresse il perimetro della Terra, come immaginò Fermi, si potrebbero raggiungere i 10^10 GeV. Con un acceleratore che andasse dalla Terra  al Sole si otterrebbero 10^14 GeV. Infine, per raggiungere la massima energia di 10^19 GeV, occorrerebbe un acceleratore di 10 anni luce di lunghezza. In conclusione, la "distanza di Planck" è per noi infinitamente lontana. Di conseguenza, a che cosa serve concepire una "energia" irraggiungibile?

Per Salam, la questione sembra riguardare soltanto l'inadeguatezza degli acceleratori. Ad avviso di chi scrive, la questione riguarda invece la stessa "lunghezza di Planck": Lp. Innanzitutto, come è stata trovata? Essa nasce da una combinazione convenzionale fra tre costanti: la costante G di Newton, la costante h di Planck, la velocità della luce c di Einstein. Queste tre costanti sono state poste in rapporto tra loro secondo la formula Lp = (Gh/c^3)^1/2 che dà come risultato 10^-33 cm.

Ora, se Lp è stata ottenuta in maniera convenzionale, anche concepirla come minima lunghezza spaziale della materia non è altro che una convenzione. Si può dire di più: molti fisici, come ad esempio Eddington, hanno sempre avuto un atteggiamento mistico, pitagorico, nei confronti di certi numeri considerati quasi magici. Ebbene, è con questo atteggiamento che i fisici quantistici hanno "determinato" la "lunghezza di Planck". Ma quale significato reale possiamo dare a una lunghezza di 10^-33 cm e per di più corrispondente a una energia di 10^19 GeV? Solo per convenzione si può affermare che, raggiungendo una energia gigantesca come 10^19 GeV, si troverà la lunghezza di 10^-33 cm in un tempo di 10^-44 sec.

Ma chi garantisce che realmente questi tempi e spazi infinitesimali si accompagnino a un'energia praticamente infinita? E anche concedendo per assurdo che queste quantità misurino grandezze reali, che cosa mai potremmo conoscere di qualcosa che esista in condizioni così estreme? Ebbene i fisici risponderebbero candidamente che da tempo sperano di scoprire la"gravita quantistica"! Come se la gravità (attrazione) non fosse l'opposto polare dell'energia (repulsione), per cui crescendo l'una non diminuisse necessariamente l'altra!

A questo punto si possono porre alcune domande: l) che tipo di scienza ci si illude di fare a livello di Lp? 2) supponendo che l'energia iniziale sia di 10^19 GeV, si può stabilire la forma delle particelle iniziali? 3) si può stabilire una scala evolutiva delle particelle? 4) e in tal caso, ha senso concludere che l'atomo le contenga tutte, una dopo l'altra?

Per rispondere a quest'ultima domanda, occorre fare un passo indietro, al momento dei primi acceleratori che risolsero la struttura interna del nucleo, mostrando che esso è costituito di particelle di due tipi: il protone che ha carica elettrica positiva e il neutrone privo di carica. Ciò che, però, i fisici delle particelle dimenticarono di sottolineare fu che è l'energia fornita dagli acceleratori a far saltar fuori i protoni e i neutroni dal nucleo: essa corrisponde al loro "difetto di massa", cosicché non si vedono uscire fuori queste particelle come sono dentro il nucleo, ma come sono prima della formazione del nucleo stesso.

Trattandosi, comunque, di un "difetto di massa" relativamente modesto, possiamo anche accettare la convenzione che il nucleo sia costituito di protoni e neutroni. Si tratta di una inesattezza accettabile, di una concessione per comodità di sintesi. Ma quando si pretende sostenere che i protoni e i neutroni sono a loro volta costituiti di quark, in questo caso il "difetto di massa" è talmente elevato che non ha più senso parlare di costituenti, altrimenti avremmo una bambola cinese all'incontrario, e cioè atomi che contengono particelle a loro volta contenenti particelle, ecc. sempre più massive ed energetiche. Già i quark sembrano avere una energia così grande che gli attuali acceleratori non riescono a compensare il loro "difetto di massa", liberandoli dal nucleo. Eppure i fisici delle particelle già pensano di cercare i costituenti dei quark, i preoni.

Fatta una teoria standard convenzionale per il livello dei quark, se ne può fare una superstandard per il livello successivo, ma oltre non si può andare, mentre la regione dei costituenti ultimi è infinitamente lontana. Già al livello raggiunto dalla teoria standard, si osserva uno stop perché i quark rimangono "confinati" nei nucleoni e non ne vogliono sapere di uscir fuori. La conseguenza è che anche i fisici delle particelle non ne escono fuori. E questa è la principale ragione per cui molti hanno pensato bene di saltare a pié pari tutti i livelli energetici successivi per guardare direttamente negli occhi la famosa Lp e scoprire che essa cela i "veri" costituenti ultimi della materia: le stringhe! Ma che fatica rimanere seri quando si ha a che fare con simili fantasie di matematici fisici.

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