mercoledì 9 febbraio 2011

LHC e i tempi lunghi della conoscenza I

Sulla pretesa bellezza della teoria matematica 

I fisici hanno sempre preteso teorie che per la loro semplicità ed eleganza fossero belle, ma poi si sono ritrovati con qualcosa che assomiglia "molto più alla zoologia o alla botanica", come è costretto ad ammettere Susskind ("Il paesaggio cosmico" 2006), che rincara la dose: "Mi piacerebbe poter dire che [le leggi della fisica] sono eleganti. Ma la verità è che non lo sono. Ci sono troppe particelle, troppi diagrammi di vertice, troppe costanti di accoppiamento. E non ho ancora parlato dell'accozzaglia casuale che sono le masse che caratterizzano le particelle".

Dopo simili premesse, la conclusione suona però un pò strana: "Il tutto sarebbe un minestrone ben poco attraente se non fosse per una cosa: descrive le proprietà delle particelle elementari, dei nuclei, degli atomi e delle molecole con una precisione incredibile". Ma anche su questa pretesa precisione egli ha qualcosa da ridire: il prezzo che si deve pagare è l'aggiunta di ben 30 costanti. Insomma, la "precisione incredibile" altro non è che il risultato di aggiustamenti ad hoc. Infine, se aggiungiamo alla fisica quantistica anche la cosmologia, le costanti ad hoc arrivano al numero di 100. Così ci assicura Susskind.

Un altro aspetto della bellezza di una teoria, esaltato dai fisici, è l'essenzialità, frutto di un'estrema semplificazione. I fisici teorici tenderebbero a semplificare tutto, almeno nelle intenzioni, perché poi sono costretti a complicare quasi tutto. L'estrema semplificazione deriva dai modelli matematici. Come scrive Susskind: "Un sistema matematico, come ad esempio la geometria euclidea, deve essere fondato sul minor numero possibile di assiomi. I matematici amano abbreviare le loro argomentazioni, al punto da renderle talvolta incomprensibili". Per imitazione i fisici teorici, alias matematici fisici, tendono ad abbreviare le loro argomentazioni al punto da renderle sempre più banali e assurde. Per loro, "Per essere elegante una teoria dovrebbe potersi esprimere in termini di un piccolo numero di equazioni, tutte semplici da scrivere; equazioni lunghe o affollate di troppi simboli sono indice di una teoria rozza, o quanto meno formulata in modo maldestro".

Balzac, nel suo romanzo "La ricerca dell'assoluto", ha mostrato la tragica assurdità della ricerca della formula magica che risolve tutto; e Marx in più occasioni ha ridicolizzato la pretesa di poter racchiudere l'intera verità in un pugno. Ebbene, questo tipo di pretese domina da decenni la comunità dei fisici teorici e si manifesta nella ricerca della teoria finale, della "teoria del tutto". Scrive, infatti, Susskind: "Le teorie migliori sono quelle uniche, e unicità significa due cose. Innanzi tutto non devono esserci incertezze sulle conseguenze: la teoria deve prevedere tutto ciò che è possibile predire, e niente di più. Ma c'è anche un secondo tipo di unicità che sarebbe particolarmente apprezzata: quella che Steven Weinberg chiamerebbe una teoria finale. E' una sorta di inevitabilità, la sensazione che la teoria non potrebbe essere fatta in nessun altro modo. La teoria migliore non solo deve essere la teoria del tutto, ma dev'essere la sola teoria possibile del tutto".

L'assurdo è che, nella loro attività, la maggioranza dei fisici seguono la strada delle molteplici possibilità perché, essendo sempre più numerosi rispetto a 50-100 anni fa, preferiscono il pluralismo delle possibilità a vantaggio di tutti. Ma ancor più assurdo è immaginare di poter imporre alle future, numerosissime generazioni di numerosissimi fisici la formula geniale unica, da ammirare per il resto della loro esistenza.

Tornando al punto di vista estetico, secondo Susskind, tutti i fisici attribuirebbero la palma della vittoria alla relatività generale di Einstein. E poi aggiunge: "Se alla relatività generale va il primo premio al concorso di bellezza della fisica, la maglia nera andrebbe sicuramente alla fisica nucleare. Il problema della fisica nucleare non è la bruttezza dei reattori nucleari o del fungo atomico: quella non è fisica, è tecnologia. Il guaio è che le leggi della fisica nucleare non sono né chiare né concise". Questa teoria è incompleta, ha sempre bisogno dell'aggiunta di regole empiriche ad hoc per far quadrare i conti. E le cose stanno ancor peggio in chimica: "Qualche fisico direbbe che la chimica è brutta. Anche la chimica è piena di ricette ad hoc che non hanno validità universale". Basti pensare alla tabella degli elementi. Insomma, la realtà naturale, che la scienza dovrebbe riflettere, anche grazie ai suoi esperimenti, non è per nulla perfetta e non può essere costretta in una formula.

Susskind è costretto ad ammettere che negli anni Sessanta la fisica delle particelle era un'accozzaglia molto deprimente per i teorici. Negli anni Settanta, però, egli dice,  il panorama migliorò con la teoria Q.C.D., imperniata sui quark. Ma l'ultima arrivata, la teoria delle stringhe, "giudicata secondo i soliti criteri di unicità e di eleganza", "è passata dal ruolo della Bella a quello della Bestia". Ora, è proprio su questo terreno che l'autore fa una concessione che ribalta l'ideale di bellezza: "La mia personale previsione è che l'ineleganza e la mancanza di unicità saranno alla fine interpretate come punti forti, non deboli della teoria. Uno sguardo onesto e sincero al mondo reale non fa pensare a una struttura fondata sulla minimalità matematica".

Giusta osservazione, peccato che sia fatta al servizio di una ancor più grande assurdità matematica: la teoria della supersimmetria che ha tante particelle e costanti da assomigliare sempre più a una teoria alla Rube Goldeberg*. Insomma, l'autore, pur di non dover buttare nel cestino la maggior parte della fisica delle particelle dell'ultimo mezzo secolo, deve ammettere a malincuore: "Anziché seguire una configurazione matematicamente semplice o elegante, le leggi di natura sembrano confezionate su misura per la nostra esistenza. Come ho già ripetuto, i fisici detestano questa idea. Ma, come vedremo, la teoria delle stringhe sembra (sic!) uno schema ideale per spiegare perché il mondo è fatto in questo modo".

Niente affatto: la teoria delle stringhe, come abbiamo già osservato e come avremo ancora modo di osservare, è invece qualcosa di artefatto calato dall'alto, dalla torre d'avorio dell'astrazione matematica, sulla realtà: una realtà che non alcuna intenzione di farsi ingabbiare in  modelli astratti e convenzionali.

* "Negli anni Quaranta il fumettista americano Rube Goldberg si specializzò nel disegno di improbabili dispositivi -che da lui presero il nome di "macchine di Goldberg" -che offrivano soluzioni fantasiose e buffe a problemi ingegneristici". "Una macchina di Goldberg era un modo decisamente poco elegante di risolvere un problema" (Susskind). Si potrebbe anche aggiungere che i matematici fisici riescono a concepire soltanto o teorie estremamente semplificate che possono avvalersi delle matematiche pure, o teorie ridondanti alla Goldberg.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...