L'aspirazione alla predeterminazione e alla previsione dei risultati delle azioni individuali, allo scopo di garantirsi da insuccessi e fallimenti, è il principale motivo che spinge la maggior parte degli individui a temere il caso o a invocarlo, a seconda del temperamento: ciò che distingue i prudenti dai temerari. Ma né l'uno né l'altro atteggiamento ha un fondamento di necessità, perché il caso è tale, appunto, perché è indifferente alle conseguenze che esso produce sulle nostre azioni.
C'è però una ragione più profonda che non viene mai considerata. Vauvernagues ("Riflessioni e massime" 1746), dopo aver attribuito la maggior parte dei successi e degli insuccessi individuali ai capricci della fortuna, compie un'interessante osservazione: "Le nostre azioni più abili o i nostri errori sono ben lontani dal sortire il loro effetto! Tanto poche sono le cose che dipendono dalla nostra condotta". Quindi conclude con una esclamazione: "Quante virtù e quanti vizi sono senza conseguenze!"
C'è però una ragione più profonda che non viene mai considerata. Vauvernagues ("Riflessioni e massime" 1746), dopo aver attribuito la maggior parte dei successi e degli insuccessi individuali ai capricci della fortuna, compie un'interessante osservazione: "Le nostre azioni più abili o i nostri errori sono ben lontani dal sortire il loro effetto! Tanto poche sono le cose che dipendono dalla nostra condotta". Quindi conclude con una esclamazione: "Quante virtù e quanti vizi sono senza conseguenze!"
Le nostre azioni individuali rappresentano qualcosa di aleatorio e contingente che, a voler considerare la cosa con la dovuta modestia, produce di per sé ben poco, e per la maggior parte delle volte senza conseguenze, nonostante i mille timori di cadere in errore e le mille preoccupazioni di agire correttamente e giustamente.