martedì 1 gennaio 2019

Questioni di metodo dell'indagine storica: confronto tra determinismo riduzionistico e dialettica caso-necessità

In "L'Europa, l'Asia e la crisi" (2008), La Barbera, in un passo, combina insieme tre principi: 1) la legge dell'azione e della reazione reciproca di Hegel, ripresa successivamente da Engels, 2) il parallelogramma delle forze e la risultante non voluta di Engels, 3) la combinazione multiforme dei fattori di Cervetto. Questi tre principi vengono dall'autore connessi al principio di Clausewitz della guerra come continuazione della politica con altri mezzi, principio che fu fatto proprio dallo stesso Marx e tramandato dalla scuola marxista.

Il passo è il seguente: "Se la guerra prosegue la politica con altri mezzi, guerra e politica condividono sul piano generale le medesime leggi. Ciò vale in primo luogo per le regolarità della risultante non voluta e del carattere di processo proprio di ogni catena di eventi. L'esito di un confronto non coincide con l'intento di una singola volontà politica, ma scaturisce dal parallelogramma delle forze e dalle pluralità di volontà che si elidono o vi si combinano. Ogni caso politico è una dinamica, dunque muove lungo uno sviluppo che va analizzato nei nessi di una combinazione multiforme di fattori, nella loro azione e reazione reciproca".

Come si vede, il concetto di combinazione multiforme di fattori si aggiunge ai concetti della scuola marxista di derivazione engelsiana e marxiana. Occorre, però, osservare che questa idea di Cervetto si imperniava su fondamenti deterministici (fattore, regolarità) e riduzionistici (singoli eventi). Ma una "combinazione multiforme di fattori" è un ossimoro, perché comprende sia il termine deterministico di "fattore" sia la locuzione aleatoria di "combinazione multiforme".

Per comprendere questo punto occorre riprendere in considerazione la "determinazione economica della politica". Scrive, a questo proposito, La Barbera: "Per la teoria marxista, la verifica ultima della determinazione della politica è nei tempi lunghi e negli spazi del mercato mondiale, e ciò è portato a compimento dall'epoca dell'imperialismo". A questa premessa, che coglie perfettamente il primato del complesso economico e politico e dei suoi tempi lunghi, entrambi soggetti alla cieca necessità complessiva, segue un passo oscuro e involuto che conduce a una difficoltà storica rimasta irrisolta per oltre due millenni.

Il passo è il seguente: "Perché dalla valutazione all'ingrosso dell'ineguale sviluppo economico politico, occorre varcare la soglia del laboratorio scientifico dell'analisi marxista delle relazioni internazionali, affrontando l'ordine e la rottura dell'ordine a partire dal particolare utilizzo materialista della teoria dell'equilibrio". Paradossalmente questo passo, che chiarisce soltanto il richiamo all'esigenza primaria dell'analisi delle relazioni internazionali, precede una spiegazione che si avvicina molto alla questione fondamentale, anche se non la risolve come dialettica di caso e necessità: si tratta del rapporto singolo-complesso. Ma, andiamo con ordine in questo difficile passaggio.

Dapprima La Barbera afferma: "Nella bilancia globale, nel sistema mondiale di Stati in cui si rappresenta il capitale sociale mondiale, l'azione di ogni singola potenza può essere valutata assieme a tutti i nessi fondamentali con le altre potenze. Ma già la scelta di questi nessi è parte integrante dell'analisi scientifica". A questo punto, egli cita un passo di Lenin tratto da "Materialismo ed empiriocriticismo".

Seguendo l'impostazione riduzionistica della scienza della natura dell'epoca (dominata dal determinismo), Lenin partiva da ogni singolo produttore del sistema economico mondiale e da ogni singolo proprietario di merci, il primo che opera qualche cambiamento nella tecnica di produzione, il secondo che scambia certi prodotti con altri prodotti. Senza rendersi conto di trovarsi nella sfera individuale dominata dal caso, egli poi passava dai singoli cambiamenti alla loro somma affermando: "La somma di tutti questi cambiamenti nell'economia capitalistica non potrebbe essere afferrata, in tutta la sua complessità, neppure da Settanta Marx". Ben detto!

Qui Lenin ha colto perfettamente nel segno: la sua conclusione mostra che, anche senza conoscere la "Dialettica della natura", è riuscito a individuare la stessa difficoltà trovata da Engels, difficoltà che l'autore di questa indagine attribuisce al pensiero millenario della specie umana: ossia, all'incomprensione del nesso dialettico esistente tra il caso e la necessità.

Sebbene la potenza del pensiero politico di Lenin non potesse eguagliare la potenza del pensiero filosofico di Engels, non avendo potuto dedicare alla teoria della conoscenza il tempo concesso al compagno di Marx, sta di fatto che entrambi hanno dovuto ammettere che esiste una sfera nella quale neppure 70 Marx (come affermò Lenin) e neppure tutti gli scienziati del mondo (come affermò Engels) potevano rendere conto di tutti i singoli nessi. E questa è, appunto, la sfera del caso.

E' qui che possiamo, per così dire, toccare con mano l'esercizio del caso nelle sue diverse manifestazioni singole, imprevedibili e non correggibili: ad esempio, che Leibchenet fosse uno stupido era risaputo da Marx ed Engels, ma il fatto stesso che lo fosse fu un caso della storia, così come furono una serie di casi della storia quelli che lo portarono a tenere il manoscritto della "Dialettica della natura" di Engels nel cassetto (e tra questi casi, anche quello della stupidità gnoseologica del preteso genio Einstein che valutò quell'opera di Engels dignitosa, ma superata).

Così, come ieri, ancora oggi si può dire che neppure 70 La Barbera, con tutta la buona volontà e intelligenza, potrebbero ricostruire la catena senza fine dei singoli nessi intesi come cause, perché tali non sono, essendo infiniti casi. Ma se i casi sono infiniti e perciò non è possibile rendere ragione di essi in senso deterministico riduzionistico, ecco il punto risolutivo: essi si rovesciano dialetticamente nei loro opposti polari, nei complessi finiti ciecamente necessari, le cui leggi naturali, principalmente statistiche, possono essere conosciute.

Nella "Dialettica della natura" Engels considerò un errore di teoria della conoscenza l'idea di poter rendere conto degli infiniti nessi del singolo baccello di piselli. Lenin, al quale il sostegno teorico di quell'opera fu negato dal caso della stupidità di un capo della socialdemocrazia tedesca, pur invocando la logica dialettica obiettiva, non poté arrivare a concepire la necessità complessiva (come rovesciamento dialettico degli infiniti casi singoli nella necessità dei loro complessi), e ciò perché nella sua mente fu solo in grado di concepire i complessi come somma di tutti i singoli elementi.

A sua volta Cervetto, seguendo Lenin e privilegiando l'"AntiDuhring", nel quale Engels era ancora sotto l'influenza deterministica e riduzionistica della teoria della conoscenza ottocentesca, potè concepire l'idea delle guerre fatte di battaglie e di singoli, numerosi combattimenti da analizzare minuziosamente. Questo errore riduzionistico, che a partire da Democrito ha limitato il pensiero e la scienza dell'uomo, può essere superato soltanto con la dialettica caso-necessità.

Infine, è solo un caso che un erede della scuola marxista, provvisto di quella intelligenza che mancò a Liebchnect e di quel tempo (20 anni ininterrotti dedicati allo studio della teoria della conoscenza, della scienza della natura e della storia), che mancò parzialmente a Engels ma in gran parte a Lenin, sia riuscito e riprendere il filo della elaborazione teorica e, alla stregua di un testimone, portarlo fino alla meta nella forma definitiva della dialettica caso-necessità, risolvendo così la millenaria questione che ha incatenato la conoscenza umana al palo dell'erroneo determinismo riduzionistico

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