domenica 23 dicembre 2018

Sulle pretese basi statistiche del sentimento di fiducia

Nel 9 maggio 2011 usciva su "Le Scienze" un articolo che, all'epoca, presi in considerazione come prova delle beate illusioni sulla fiducia statistica nell'alta probabilità che si verifichi un determinato evento. Secondo gli autori: "Le nostre decisioni dipendono dalla fiducia che nutriamo in un certo corso degli eventi invece che in un altro. Questo sentimento si basa sull'incessante elaborazione statistica dei dati fatta dal nostro cervello secondo regole simili a quelle che userebbe un computer (sic!). A questo calcolo, sostanzialmente affidabile (?!), si sovrappongono però considerazioni di altro tipo che a volte modificano le scelte.

La nostra sensazione di fiducia nella possibilità che si verifichi un determinato evento nasce da un intenso lavoro di elaborazione statistica (!?) compiuto dal cervello. E questo lavoro sarebbe molto simile ai calcoli eseguiti da un computer applicando le formule definite dal matematico Thomas Bayes per valutare le probabilità a posteriori di un evento, secondo tre ricercatori del Cold Spring  Harbor Laboratory e dell'Accademia nazionale delle scienze ungherese che illustrano il loro studio in un articolo pubblicato su "Neuron".

E ancora: "La fiducia è un sentimento soggettivo collegato in qualche modo con l'idea che vi sia un'elevata probabilità che accada un certo evento o che una persona si comporti in un certo modo. Tuttavia, mentre un vero calcolo probabilistico si basa su dati oggettivi, il nostro sentimento di fiducia è spesso frutto di fattori molto più impalpabili. In altre parole, i sentimenti di fiducia, pur avendo una certa obiettività, sono molto più soggetti a errori rispetto a un vero calcolo statistico. Ma fino a che punto?"

In genere, osservano Adam Kepecs e colleghi, la nostra attenzione si focalizza su situazioni molto complesse, in cui sono coinvolte scelte rilevanti (lavoro, investimenti finanziari, ecc.), nelle quali è più facile che la fiducia venga tradita. Ma, in realtà, ci affidiamo ad essa perfino nelle più banali attività quotidiane; e se si basasse su semplici "intuizioni", e non su un calcolo, la fiducia sarebbe sistematicamente soggetta a errori, tanto da paralizzarci.

Per stabilire se il sentimento di fiducia è simile a, o è differente da, un calcolo oggettivo, Kepecs e colleghi hanno progettato degli esperimenti in cui i partecipanti dovevano valutare un flusso di dati controllato dai ricercatori per poi eseguire un'azione, esprimendo anche il livello della loro fiducia in ogni scelta compiuta su una scala da uno (supposizione casuale) a cinque (alta sicurezza). Quindi hanno "scoperto" che le risposte dei loro soggetti erano simili a quelle che si sarebbero ottenute sulla base di calcoli statistici.

Anche i punti di debolezza manifestati dalle scelte umane - come essere troppo sicuri di sé di fronte a scelte difficili in presenza di pochi dati, o troppo poco fiduciosi di fronte a scelte facili - sono apparsi in linea con quelli del modello matematico. Ovviamente, osservano i ricercatori, questo eccesso o difetto di fiducia si manifesta in particolare quando alla stima statistica operata dal cervello si sovrappongono considerazioni - gestite da altri circuiti cerebrali - di tipo differente, relative al contesto e a fattori sociali. E questo spiega perché proprio in situazioni che consideriamo particolarmente importanti (sociali) la fiducia in qualcosa o qualcuno si dimostri spesso mal riposta.

Il fatto è che nessuno, socialmente, opera pensando alla statistica, a meno di non essere uno studioso in questo campo. Del resto, nessuno crede, consapevolmente, di dovere qualcosa al rapporto probabilità-statistica, in quanto si affida semplicemente alle discussioni tra "operatori": "tu mi dici, io ti dico, tu mi accusi, io mi difendo e contrattacco, oppure sono arrendevole perché tu hai più potere di me", ecc. ecc. Insomma, le conseguenze statistiche s'impongono soltanto perché il comportamento di base è casuale e si rovescia nella cieca necessità complessiva. Dunque non è determinato. Altrimenti a farla da padrone sarebbe semplicemente il deterministico rapporto di causa-effetto.

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