domenica 13 gennaio 2019

La realtà fisica secondo Carlo Rovelli

"La scienza è questo. Il pensiero scientifico esplora e ridisegna il mondo, ce ne offre immagini via via migliori: ci insegna a pensarlo in modo più efficace. La scienza è un'esplorazione continua di forme di pensiero. La sua forza è la capacità visionaria di far crollare idee preconcette, svelare territori nuovi del reale e costruire nuove e più efficaci immagini del mondo". E l'autore vorrebbe poterlo fare amichevolmente, come rispondere alla domanda: "Ma tu, come pensi che stiano davvero le cose?" Insomma, la sincerità innanzi tutto...

Lasciamo perdere le leggende e prendiamo in considerazione Democrito con i suoi atomi, combattuto da Platone e Aristotele. Rovelli rifà brevemente tutta la storia a partire dall'antica Grecia e conclude: "Purtroppo ci è rimasto tutto Aristotele, sul quale si è poi ricostruito il pensiero occidentale, e niente Democrito. Forse, se ci fosse rimasto tutto Democrito e niente Aristotele, la storia intellettuale della nostra civiltà sarebbe stata migliore".  E' molto probabile.

Rovelli riprende brevemente la storia dell'atomismo antico e poi si ricollega a Einstein. Il "De rerum natura" di Lucrezio, riscoperto... "Einstein ha resuscitato la "prova viva" presentata da Lucrezio, e probabilmente concepita da Democrito, e l'ha resa solidissima traducendola in matematica, arrivando così a calcolare le dimensioni atomiche." "La Chiesa Cattolica tentò di fermare Lucrezio: nel dicembre 1516 il Sinodo fiorentino ne proibì la lettura nelle scuole. Nel 1551 il Concilio di Trento mise al bando l'opera di Lucrezio. Ma era troppo tardi."

Da Democrito a Newton. Insomma, questo di Rovelli è un breve saggio di storia della scienza scritta da un fisico teorico. Tutta la prima parte di storia antica della fisica non è interessante per me. Più importante  sarebbe  vedere come Rovelli l'ha messa col bosone di Higgs, con le stringhe, ecc. E, invece, la PARTE PRIMA del suo breve saggio si conclude dopo una delle tante banalità come la seguente: "Il colore come lo vediamo noi è la nostra reazione psicofisica ai segnali nervosi che vengono dai recettori dei nostri occhi, che sono in grado di distinguere onde elettromagnetiche di frequenze diverse". Banalità che si trovano in qualsiasi libricino di livello liceale.

E, infatti, arrivato a metà libro mi sembra di avere semplicemente letto un testo scolastico con l'aggiunta di argomenti atti a stupire. Per quanto riguarda, poi, i personaggi tutti "geniali" della fisica del Novecento, tra i quali è emerso il più geniale di tutti, quel capellone di Einstein, si tratta di materia che cominciai a studiare dal 1985, un terzo di secolo fa, e che dal 2010 ho cominciato a pubblicare nel mio blog. Senza alcuna enfasi, anzi criticando parecchio.

Non mi rimane, perciò, che concludere questo saggio del fisico Rovelli intrattenendo i miei scarsi lettori e le loro menti doviziose con l'ultimo paragrafo o capitoletto, il 13, dal titolo "IL MISTERO". Il primo capoverso è sorprendente: "Ho raccontato come penso che sia la natura delle cose alla luce di quanto fin qui abbiamo imparato. Ho ripercorso rapidamente il crescere di alcune idee chiave della fisica del Novecento e ho descritto l'immagine del mondo che sta apparendo nelle ricerche orientate alla gravità quantistica.
  
Siamo sicuri di tutto questo? No"

Come rassicurazione non c'è male. Ma per stroncare qualsiasi obiezione, Rovelli cita come esempi Platone che "riconosce i limiti del sapere del suo tempo. "Non sono sicuro", dice Socrate". E Rovelli commenta: "Questa acuta consapevolezza della nostra ignoranza è il cuore del pensiero scientifico. E' grazie a questa consapevolezza dei limiti del nostro sapere che abbiamo imparato così tanto sul mondo.* Oggi non siamo sicuri di quello che sospettiamo, come non lo era Socrate della sfericità della Terra, ma stiamo esplorando ciò che si trova sul bordo del nostro sapere".

Poiché le varie e contrastanti teorie della fisica, da decenni, non riescono a farsi riconoscere, ossia a prevalere l'una su l'altra, Rovelli è costretto a rimanere sul generico non permettendosi di dire che tutte sbagliano, per non dover scontentare nessuno. Anche se in un apparente sfogo di sincerità si domanda: "Se non siamo sicuri di nulla, come possiamo fare affidamento su quello che ci racconta la scienza? La risposta è semplice: non è che la scienza sia affidabile perché ci dà risposte certe. E' affidabile perché ci fornisce le risposte migliori che abbiamo al momento presente. Le migliori risposte trovate finora".

Questo, però, non è sempre vero, altrimenti non ci sarebbero in giro teorie d'ogni tipo, come quella delle stringhe, che cercano di imporsi senza riuscirci... per fortuna. Ma Rovelli ribadisce come in una litania: "Le risposte della scienza, quindi, non sono affidabili perché sono definitive. Sono affidabili perché sono le migliori disponibile al momento. E sono le migliori che abbiamo proprio perché non le consideriamo definitive, per cui siamo sempre aperti a migliorarle. E' la consapevolezza della nostra ignoranza che dà alla scienza la sua straordinaria affidabilità". 

Qui sembra proprio d'essere all'oratorio dove tutti pregano affratellati, ma la fisica teorica è sempre stata, e continua ad essere un campo di battaglia, anche se Rovelli tenta di rassicurare: "è di affidabilità che noi abbiamo bisogno, non di certezze. Perché di vere certezze non ne abbiamo e non ne avremo mai, a meno di accettare di credere ad occhi chiusi a una cosa qualunque. Le risposte più affidabili sono le risposte scientifiche perché la scienza è la ricerca delle risposte affidabili, non delle risposte certe".

E così, in fisica teorica non si deve più litigare sulla certezza di una teoria, ma sulla sua affidabilità: insomma, se non è zuppa è pan bagnato. E di questo passo, a forza di frasi rassicuranti sulla natura della conoscenza, l'autore continua: "La natura del pensiero scientifico è critica, ribelle, insofferente di ogni concezione a priori, a ogni riverenza, a ogni verità intoccabile. La ricerca della conoscenza non si nutre di certezze: si nutre di una radicale mancanza di certezze (sic!)".

Da qui in poi Rovelli esalta l'incertezza, in una maniera così metafisica e antidialettica da non comprendere che anche dichiarare un'assoluta incertezza, questa, a sua volta, è un certezza assoluta. Mentre crede, sono sue parole, che "Vivere nell'incertezza è difficile. C'è chi preferisce una certezza qualunque, anche se palesemente infondata, all'incertezza che viene dal rendersi conto dei propri limiti." Insomma, è la mancanza del coraggio della sincerità: "accettare che viviamo senza sapere tutto quello che vorremmo sapere".

A questo punto fa, però, sorridere la pretesa di conoscere la verità e qui l'autore s'imbarca in una polemica dimenticando che cosa sia diventata la fisica teorica... Ma alla fine conosce la risposta astratta al quesito della verità: "Il mondo svelato dalla gravità quantistica è un mondo nuovo, strano, ancora pieno di mistero, ma coerente nella sua semplice e limpida bellezza. E' un mondo che non esiste nello spazio e non evolve nel tempo. Un mondo fatto solamente di campi quatistici in interazione il cui pullulare di quanti genera, attraverso una fitta  rete di interazioni reciproche, spazio, tempo, particelle, onde e luce."

La conclusione, fra tante incertezze, stabilisce l'assoluta, seguente, certezza: "Un mondo senza infiniti, dove non esiste l'infinitamente piccolo perché c'è una scala minima per questo pullulare, sotto la quale non c'è nulla. Quanti di spazio si confondono nella schiuma dello spaziotempo e la struttura delle cose nasce dall'informazione reciproca che tessono le correlazioni fra le le regioni del mondo. Un mondo che sappiamo descrivere con un insieme di equazioni. Forse da correggere.

E' un vasto mondo ancora tutto da chiarire, da esplorare. Il mio sogno pù bello è che qualcuno, fra i più giovani lettori di questo libro, possa andare a navigarlo, illuminarlo, scoprirlo. Oltre la collina, ci sono altri mondi ancora più vasti, ancora inesplorati". Sarò banale, ma avrei preferito sapere da questo libricino quanto vale la teoria delle stringhe o quanto vale la scoperta del bosone di Higgs o quanto vale qualsiasi altra trovata dei colleghi di Carlo Rovelli.


* "La realtà non è come ci appare" 2014 di Carlo Rovelli

3 commenti:

  1. Lei che presume di conoscere, al punto di fare critica, molto, tanto, tutto-quasi (a vedere le etichette del suo vano blog), dello scibile umano può, in verità, discettare, forse tanto amabilmente, nella sua libreria di Marina di Massa, con persone altrettanto alto-sapienti... eppure, da quel che ho avuto il tempo (perso) di leggere, essendo capitato qui, non so più bene seguendo quali venti, è del tutto incapace di rendere contenuti non dico validi, basterebbero interessanti, non dico per l'umanità, ci si accontenterebbe per la comunità di Massa!
    Lei è così infarcito di se stesso che come un mantra oppone a tutto la (in)fondata verità della sua ridicola dialettica!
    Ignorante e presuntuoso, parla lei di fisica teorica, probabilmente essendo capace di sole tre operazioni razionali (la divisione, scommetterei 90 contro 1, avrebbe serie difficoltà ad eseguirla, carta e penna alla mano, per un divisore appena superiore di una sola cifra).
    Il suo è soltanto un castello di chiacchiere, neanche, non dico divertenti, almeno contigue al sorriso.
    Il blog del tutto indecente che tiene, il computer che usa, la linea di trasmissione, ahi noi, per condividere, e tutto il resto lo deve a quella scienza di cui Rovelli è serio promotore. Le ricerche di Rovelli offrono una visione entusiasmante, le sue parole appestano di presunzione, e ammorbano, chi, come me, si imbattesse nel CASO di leggerne qualche contenuto, caso che subito trasfonde nella NECESSITà di lasciare (non di mandare) in quel paese ignoranti come lei, e la sua combriccola della, già detta, libreria. Soltanto lì può tenere banco!!!
    Prima di criticare, provi a studiare soltanto, e se non conosce la matematica neanche si avvicini alla fisica!

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  2. Si è svegliato male questa mattina? Perché di tempo da dedicare alla critica del mio lavoro aveva a disposizione un decennio. Oramai è fuori tempo massimo.

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