Nella "Doppia elica" (1968), di James D. Watson, è stata la "candida franchezza di un enfant terrible" a presentare alcune delle personalità più eminenti del suo tempo, nel campo della biologia molecolare, come astuti ignoranti, ladri matricolati e utili idioti? Rispondere a questa domanda forse è irrilevante per la conoscenza scientifica; non lo è però per comprendere perché degli scienziati, impegnati in una ricerca di fondamentale importanza, siano divenuti oggetto e soggetto di sotterfugi, inganni, appropriazioni indebite di idee e di risultati. Il giudizio può apparire irrispettoso nei confronti della comunità scientifica, e in effetti lo è, ma il lettore avrà modo di verificare di persona sulla base del materiale che andiamo a presentare.
Scrive Watson: "Allora il DNA era ancora un mistero, in attesa che qualcuno strappasse il velo; e non si sapeva chi sarebbe stato il primo e se avrebbe meritato la vittoria, ammesso che la scoperta fosse davvero emozionante come ognuno credeva in cuor suo. Ma ora la gara era finita, ed io, uno dei vincitori, sapevo che la storia non era così semplice, e certo non come la raccontavano i giornali".
Con la candida franchezza di un "cacciatore di Nobel", soddisfatto di sé, Watson glorifica la ricerca scientifica nella forma della competizione tra scienziati che può terminare soltanto con vincitori e vinti. Ma questa gara tra scienziati, il cui scopo è la vittoria individuale, può favorire la collaborazione reciproca, lo scambio disinteressato di idee e risultati, o, non invece, il gioco a nascondino, il raggiro, la falsità?
La scoperta della doppia elica del DNA, scrive Watson, "era stata soprattutto opera di cinque persone, Maurice Wilkins, Rosalind Franklin, Linus Pauling, Francis Crick ed io". Questa affermazione sembrerebbe avvalorare la collaborazione reciproca. Invece, non solo, come vedremo, le cose sono andate nell'altra direzione, quella del gioco a nascondino, ma in questa stessa affermazione troviamo tre falsità: un nome in più e due in meno. Il nome in più è quello di Linus Pauling che, sulla struttura del DNA, non ne azzeccò una; i due nomi in meno sono quelli di Erwin Chargaff e Fredrick Griffith che concorsero alla scoperta della doppia elica del DNA con due contributi fondamentali.
Come dimostreremo, utilizzando il libro di Watson, l'autore ha citato come protagonisti cinque personaggi che si dettero molto da fare non cogliendo però, quasi mai, i nessi fondamentali, e compiendo in compenso molti errori, mentre ha dimenticato quelle sole due persone che scoprirono, senza gareggiare, con indifferenza e quasi per caso, i due nessi fondamentali che portarono alla scoperta della struttura a doppia elica del DNA: il rapporto tra le basi: A/T=l, G/C=l (Chargaff), e l'attrazione complementare fra A e T (Griffith).
Senza questi risultati ottenuti dai non citati Chargaff e Griffith, i cinque protagonisti di questa storia, narrata da Watson, chi per ubbie personali, chi per partito preso, chi per ottusità, non sarebbero riusciti a venire a capo dei vari enigmi che essi stessi andarono accumulando, e presto o tardi si sarebbero dovuti ritirare dalla gara scornati.
Come introduzione alla rielaborazione critica del materiale offerto dalla "Doppia elica" può essere interessante esibire al lettore la posizione di Watson nei confronti della conoscenza teorica, che a parer suo faceva difetto a molti, anche per l'abitudine di snobbare la "letteratura". Watson sembra talvolta preoccupato della sua e dell'altrui ignoranza, tal altra ci scherza sopra; raramente sembra convinto di doverci porre rimedio studiando, e l'unico libro che dice di aver studiato in quel periodo è "La natura dei legami chimici" di Pauling, dal quale trasse la seguente lezione:
"Così imparai che il successo (sic!) di Pauling era basato sul buon senso (!), e non su complicate elucubrazioni matematiche. Ogni tanto nei suoi ragionamenti si infilava qualche equazione, ma in generale bastavano le parole. La chiave del segreto di Linus era una fedele applicazione delle semplici leggi della strutturistica. L'elica**non era stata scoperta soltanto studiando le fotografie ottenute con la diffrazione dei raggi X: la trovata geniale era stata quella di domandarsi quali atomi tendevano a legarsi l'uno con l'altro. Anziché carta e matita, i principali strumenti di lavoro di Linus erano stati una serie di modelli molecolari, molto simili ai giocattoli di bambini per l'asilo".
Possibile che il mistero della vita attendesse di svelarsi agli occhi di pargoli che utilizzavano giocattoli da asilo infantile?*** Ma narriamo per ordine: la prima idea di Watson e Crick era giusta: il DNA doveva essere composto di nucleotidi che si succedono, contenenti il medesimo zucchero e gruppo fosfato ma quattro basi diverse. "Così nel costruire i modelli avremmo postulato che il supporto zucchero-fosfato fosse molto regolare, e l'ordine delle basi necessariamente molto irregolare. Se le sequenze delle basi fossero risultate sempre le stesse, tutte le molecole del DNA sarebbero risultate identiche, e non sarebbe esistita la variabilità che deve distinguere un gene dall'altro".
Scrive Watson: "Allora il DNA era ancora un mistero, in attesa che qualcuno strappasse il velo; e non si sapeva chi sarebbe stato il primo e se avrebbe meritato la vittoria, ammesso che la scoperta fosse davvero emozionante come ognuno credeva in cuor suo. Ma ora la gara era finita, ed io, uno dei vincitori, sapevo che la storia non era così semplice, e certo non come la raccontavano i giornali".
Con la candida franchezza di un "cacciatore di Nobel", soddisfatto di sé, Watson glorifica la ricerca scientifica nella forma della competizione tra scienziati che può terminare soltanto con vincitori e vinti. Ma questa gara tra scienziati, il cui scopo è la vittoria individuale, può favorire la collaborazione reciproca, lo scambio disinteressato di idee e risultati, o, non invece, il gioco a nascondino, il raggiro, la falsità?
La scoperta della doppia elica del DNA, scrive Watson, "era stata soprattutto opera di cinque persone, Maurice Wilkins, Rosalind Franklin, Linus Pauling, Francis Crick ed io". Questa affermazione sembrerebbe avvalorare la collaborazione reciproca. Invece, non solo, come vedremo, le cose sono andate nell'altra direzione, quella del gioco a nascondino, ma in questa stessa affermazione troviamo tre falsità: un nome in più e due in meno. Il nome in più è quello di Linus Pauling che, sulla struttura del DNA, non ne azzeccò una; i due nomi in meno sono quelli di Erwin Chargaff e Fredrick Griffith che concorsero alla scoperta della doppia elica del DNA con due contributi fondamentali.
Come dimostreremo, utilizzando il libro di Watson, l'autore ha citato come protagonisti cinque personaggi che si dettero molto da fare non cogliendo però, quasi mai, i nessi fondamentali, e compiendo in compenso molti errori, mentre ha dimenticato quelle sole due persone che scoprirono, senza gareggiare, con indifferenza e quasi per caso, i due nessi fondamentali che portarono alla scoperta della struttura a doppia elica del DNA: il rapporto tra le basi: A/T=l, G/C=l (Chargaff), e l'attrazione complementare fra A e T (Griffith).
Senza questi risultati ottenuti dai non citati Chargaff e Griffith, i cinque protagonisti di questa storia, narrata da Watson, chi per ubbie personali, chi per partito preso, chi per ottusità, non sarebbero riusciti a venire a capo dei vari enigmi che essi stessi andarono accumulando, e presto o tardi si sarebbero dovuti ritirare dalla gara scornati.
Come introduzione alla rielaborazione critica del materiale offerto dalla "Doppia elica" può essere interessante esibire al lettore la posizione di Watson nei confronti della conoscenza teorica, che a parer suo faceva difetto a molti, anche per l'abitudine di snobbare la "letteratura". Watson sembra talvolta preoccupato della sua e dell'altrui ignoranza, tal altra ci scherza sopra; raramente sembra convinto di doverci porre rimedio studiando, e l'unico libro che dice di aver studiato in quel periodo è "La natura dei legami chimici" di Pauling, dal quale trasse la seguente lezione:
"Così imparai che il successo (sic!) di Pauling era basato sul buon senso (!), e non su complicate elucubrazioni matematiche. Ogni tanto nei suoi ragionamenti si infilava qualche equazione, ma in generale bastavano le parole. La chiave del segreto di Linus era una fedele applicazione delle semplici leggi della strutturistica. L'elica**non era stata scoperta soltanto studiando le fotografie ottenute con la diffrazione dei raggi X: la trovata geniale era stata quella di domandarsi quali atomi tendevano a legarsi l'uno con l'altro. Anziché carta e matita, i principali strumenti di lavoro di Linus erano stati una serie di modelli molecolari, molto simili ai giocattoli di bambini per l'asilo".
Possibile che il mistero della vita attendesse di svelarsi agli occhi di pargoli che utilizzavano giocattoli da asilo infantile?*** Ma narriamo per ordine: la prima idea di Watson e Crick era giusta: il DNA doveva essere composto di nucleotidi che si succedono, contenenti il medesimo zucchero e gruppo fosfato ma quattro basi diverse. "Così nel costruire i modelli avremmo postulato che il supporto zucchero-fosfato fosse molto regolare, e l'ordine delle basi necessariamente molto irregolare. Se le sequenze delle basi fossero risultate sempre le stesse, tutte le molecole del DNA sarebbero risultate identiche, e non sarebbe esistita la variabilità che deve distinguere un gene dall'altro".
Seguirono, però, due madornali errori, dei quali soprattutto il secondo condizionò a lungo il comportamento di Watson in senso negativo, ossia nel senso di renderlo ottuso a qualsiasi soluzione, persino quando i nessi divennero ormai evidenti. Il primo errore fu compiuto nel tentativo di spiegare la regolarità della diffrazione cristallina osservata da Wilkins e dalla Franklin, ipotizzando modelli nei quali il supporto zucchero-fosfato fosse al centro della molecola di DNA.
Il secondo fu la proposta di un modello di elica a tre catene che provocò l'ira di Rosy Franklin e del suo assistente, Gosling, i quali protestarono per aver dovuto percorrere cinquanta miglia "per sentire delle chiacchiere da pivelli", e invitarono Watson e Crick a lasciar perdere il DNA. E così avvenne: il bruciante fallimento persuase Watson a dedicarsi al virus del mosaico del tabacco e Crick alla soluzione delle equazioni sulle spirali ripiegate, lasciando alla questione del DNA soltanto i ritagli di tempo. (Continua)
*Così, Lawrence Bragg, nella sua prefazione al libro di Watson, definisce, non senza imbarazzo, l'autore.
** Si tratta della scoperta della struttura ad alfa-elica delle proteine di Pauling.
*** Fra i "cinque" protagonisti ce n'era uno, però, che non apprezzava i "giocattoli": si trattava di Rosalind Franklin, detta Rosy: "Era ovvio ai suoi occhi "che l'unico modo per arrivare a scoprire la struttura del DNA era la via cristallografica pura". Il modellismo non l'attirava affatto, e quindi non citò mai nella sua relazione il successo ottenuto da Pauling con l'alfa-elica. Usare quelle trappole di modelli per analizzare strutture biologiche era l'ultima cosa che avrebbe fatto". Per Rosy si trattava di portare l'analisi cristallografica a uno stadio più avanzato.
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Tratto da "Il caso e la necessità - l'enigma svelato - Volume terzo Biologia" (1993-2002) Inedito
** Si tratta della scoperta della struttura ad alfa-elica delle proteine di Pauling.
*** Fra i "cinque" protagonisti ce n'era uno, però, che non apprezzava i "giocattoli": si trattava di Rosalind Franklin, detta Rosy: "Era ovvio ai suoi occhi "che l'unico modo per arrivare a scoprire la struttura del DNA era la via cristallografica pura". Il modellismo non l'attirava affatto, e quindi non citò mai nella sua relazione il successo ottenuto da Pauling con l'alfa-elica. Usare quelle trappole di modelli per analizzare strutture biologiche era l'ultima cosa che avrebbe fatto". Per Rosy si trattava di portare l'analisi cristallografica a uno stadio più avanzato.
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Tratto da "Il caso e la necessità - l'enigma svelato - Volume terzo Biologia" (1993-2002) Inedito
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