mercoledì 1 febbraio 2012

Il reale contrassegno della scienza moderna partorita dalla teologia

Se, a questo punto, facciamo un bilancio dei risultati fin qui raggiunti, possiamo rilevare l'esistenza di una profonda contraddizione nel pensiero scientifico moderno. Abbiamo visto che il vero oggetto della scienza è il complesso necessario, mentre il singolo individuo, sottoposto al dominio del caso, è divenuto oggetto della religione che lo ha concepito teologicamente come qualcosa di predeterminato, ossia necessario.

Ora, il pensiero riduzionistico (Cartesio, Leibniz, ecc.), riducendo il complesso al semplice (ossia riducendo ciò che considerava indeterminabile, il complesso, a ciò che considerava determinabile, il singolo oggetto o individuo) non ha fatto che ricalcare le orme della teologia: il riduzionismo, in questo senso, non rappresenta nient'altro che il metodo della scienza moderna che riduce il suo oggetto all'oggetto della teologia.

Questo paradosso si spiega soltanto mediante una contraddizione oggettiva così profonda che mai finora era emersa. Un fondamento del pensiero dialettico materialista è l'idea che l'uomo, il prodotto più elevato della natura, ne rappresenta la coscienza stessa, ovvero che l'uomo è in grado di riflettere i processi naturali. Ma la natura, ovvero l'insieme di tutti i processi complessivi della materia in movimento, può essere riflessa solo da una coscienza collettiva, la quale può essere espressa solo da una scienza capace di rendere ragione delle necessità naturali che si manifestano non nelle singole cose, nei singoli eventi, bensì nei complessi evolutivi.

Ma qui sorge una contraddizione reale, perché la coscienza umana si manifesta immediatamente come coscienza individuale, non collettiva. Ogni individuo pensante è un "Io penso", immediatamente cosciente solo di sé, del suo ristretto ambito, dei singoli oggetti e individui che lo circondano. Questa coscienza individuale è immediatamente, soltanto, riflessione di singoli oggetti e individui. Non stupisce quindi che essa abbia, fin dall'inizio, prodotto il pensiero religioso fondato su singole divinità, fino al dio unico della tradizione ebraico-cristiana.

Il pensiero religioso rappresenta, pertanto, la prima, immediata e spontanea manifestazione della coscienza umana, nella forma di coscienza individuale che ha per oggetto del suo interesse le singole cose, i singoli individui. Per conseguenza, questo pensiero è soggettivo, arbitrario, contingente, e nel contempo dogmatico perché pretende di poter determinare, come necessità, l'indeterminabile casuale singolarità.

La scienza moderna, nascendo nel Seicento sul terreno teologico, mantenne capovolto il rapporto caso-necessità, continuando a pensare casuali i complessi necessari della natura e necessari i singoli oggetti, individui, realmente casuali. Questa scienza, dominata dal dogmatismo teologico, fu però costretta dalla sua indagine della natura a prendere in considerazione i processi complessivi; ma non riuscì a farlo in altro modo che riducendoli a ciò che essa riteneva determinabile come necessità, cioè a oggetti semplici, ritornando così ai singoli oggetti, individui.

La sottomissione alla metafisica teologica e il conseguente riduzionismo deterministico sono stati dei vincoli che hanno impedito agli iniziatori della scienza moderna, i Cartesio, i Leibniz, ecc., di separare la loro scienza dalla religione. Questa scienza, ancora vincolata alla teologia, è stata una prescienza, e se consideriamo la situazione della scienza contemporanea, ancora fondata sul riduzionismo della fisica delle particelle e della biologia molecolare, per citare i due principali esempi, possiamo concludere che tutta la scienza della natura, fino ad oggi, è stata una prescienza, allo stesso modo in cui la storia dell'umanità è stata, fino ad oggi, una preistoria dell'umanità (Marx).

Il caso, separato dal suo nesso dialettico con la necessità, e contrapposto metafisicamente ad essa, è stato la bestia nera di questa prescienza, fin dalle sue origini. Il caso è stato sostituito arbitrariamente dalla connessione causale delle singole cose, garantita in un primo momento dal "creatore" di tutte le cose. Per la teologia, Dio è la causa suprema e assoluta del mondo: questo è il suo determinismo assoluto. E la scienza moderna, che ha elaborato i suoi fondamenti riduzionistici nel Seicento e nel Settecento, non ha fatto altro che accettare il determinismo assoluto della teologia.

In seguito, la scienza sperimentale, a forza di osservare la natura, ha finito spontaneamente con l'allontanare Dio dai particolari campi d'indagine (Engels), ma ha continuato a mantenere l'essenza astratta della determinazione divina: il concetto di causa assoluta, concetto che essa ha continuato a considerare valido per la determinazione delle singole cose. E così, il riduzionismo empirico, non avendo preso in considerazione la polarità singolo-complesso, grazie alla quale è possibile concepire la dialettica caso-necessità, è riuscito soltanto a tener fuori, dai suoi esperimenti sui singoli oggetti, il caso, e in quella maniera affatto artificiale che è propria dell'uomo, ma non della natura. In questo modo, non è stato in grado di comprendere la necessità relativa ai complessi naturali.

Con questa impostazione, la scienza moderna, ridotta a naturalismo empirico, ha dato luogo a una delle più lunghe e complicate controversie mai verificatesi nella filosofia della scienza: si tratta della questione dell'induzione, questione che soprattutto Hume ha messo in risalto.

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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume primo  Teoria della conoscenza" (1993-2002)  Inedito

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