mercoledì 22 febbraio 2012

II] L'apparente dualismo onda-corpuscolo

La reale contraddizione dialettica

(Continuazione) "Nel 1932 de Broglie dimostrò che se le radiazioni presentavano caratteristiche corpuscolari, le particelle materiali presentavano caratteristiche ondulatorie. Le onde "associate" alle particelle -come si cominciò a dire- dovevano avere una lunghezza d'onda inversamente proporzionale al prodotto della massa per la velocità, ossia della quantità di moto, delle particelle, e questa lunghezza d'onda, per elettroni di modesta velocità, doveva trovarsi nella regione dei raggi X, dove fu trovata sperimentalmente". De Broglie non fece altro che utilizzare la formula di Einstein e applicarla a un caso semplice, perché non fu bloccato dal pregiudizio che chiuse la mente a quest'ultimo; quanto a Planck, era troppo preoccupato di sbarazzarsi degli incomodi quanti, per aver tempo di sviluppare la sua stessa formula, E=hf, dalla quale erano uscite fuori facilmente le relazioni di Einstein e di de Broglie.

La conclusione teorica che ne trasse de Broglie fu che la materia (atomi, elettroni e ogni altro costituente elementare) si manifestava non soltanto nella forma di particelle, ma anche, contemporaneamente, come onde. Scrive Asimov ("Il libro della fisica" 1984): "Dunque, la relazione di Planck fra energia e frequenza, nonché quella di Einstein fra impulso e lunghezza d'onda valevano non soltanto per la luce, ma anche per gli elettroni. In seguito gli esperimenti furono ripetuti anche con altre particelle, atomi di idrogeno e atomi di elio, ed ogni volta si ritrovarono le frange rivelatrici". Si poté perciò concludere che "La materia era costituita contemporaneamente da corpuscoli e onde (sic!)".


Ancora due decenni più tardi Einstein, assieme a Infeld  ("L'evoluzione della fisica" 1960) si chiede in perfetto stile metafisico: "Abbiamo già avuto occasione di domandarci: che cosa è la luce? E' un getto di corpuscoli o un'onda? Ora dobbiamo chiederci: che cosa è la materia? Che cosa è un elettrone? E' una particella o un'onda?" La risposta è salomonica: "L'elettrone si comporta come una particella allorché si muove in un campo magnetico esterno; si comporta invece come un'onda allorché è difratto da un cristallo".

Poiché un campo magnetico determina la deflessione di un fascio di elettroni, mentre lo stesso fascio, passando attraverso un cristallo, viene difratto, ciò che appare è che l'elettrone si comporti in modo corpuscolare o ondulatorio a seconda della situazione sperimentale. Ma questo non può essere né una spiegazione, né una definizione, bensì il fenomeno che deve essere spiegato e definito. Se ciò non è stato fatto è perché la principale preoccupazione fu quella di "come conciliare i due opposti criteri di materia e onda".

Quando Schrodinger sviluppò matematicamente le nuove tesi di De Broglie, non considerò la materia come particelle e neppure come particelle accompagnate da onde, ma esclusivamente come onde, onde perfettamente lisce in astratti spazi matematici a molte dimensioni. Però non fu in grado di interpretare teoricamente l'equazione che aveva trovato. Ci pensò Born che riuscì a far accettare l'idea che "l'intensità dell'onda calcolata da Schrodinger doveva rappresentare la probabilità di trovare la particella". Poco dopo intervenne Heisenberg, che rinunciò alla determinazione delle orbite degli elettroni in quanto inosservabili per principio, e infine Bohr che sostenne la complementarità delle coppie di immagini concettuali apparentemente antagoniste, come onda e particella, posizione e velocità.

La principale preoccupazione della fisica teorica di quegli anni fu ancora una volta di tipo riduzionistico: scrive infatti Sexl: "Perché la meccanica quantistica può fornire solo valori di probabilità e non può prevedere il punto di arrivo e la traiettoria esatta di ogni particella? Si tratta soltanto di una temporanea insufficienza della teoria, oppure ci troviamo di fronte ad una nuova caratteristica essenziale della natura? E' veramente impossibile in linea di principio prevedere posizione e velocità degli atomi [ossia dei singoli atomi]?" Insomma, i fisici avevano in mano una prova empirica della impossibile determinazione del singolo oggetto, ossia una prova contro il determinismo riduzionistico, che era nel contempo una prova a favore del metodo statistico, ed esitavano a trarne le conseguenze.

"La discussione di queste domande e la problematica collegata ad esse scatenò uno sconquasso dell'immagine fisica del mondo"
. Sexl esagera: i fisici non sconquassarono nulla perché arrivarono a un compromesso senza dover rinunciare a niente, né al loro preferito modo di pensare metafisico, né a considerare in termini probabilistici ciò che respinsero per principio, e cioè la determinazione del singolo oggetto: non videro la statistica del complesso perché s'intestardirono sulla probabilità del singolo elettrone, fotone, ecc.

Il dibattito degli anni '20 sulle difficili questioni della fisica rappresenta un esempio eccellente del dispendio tipico della scienza umana: esso produsse infatti una enorme mole di congetture e riflessioni fittizie e superflue e neppure una mezza teoria valida. Quel che è peggio: esso indirizzò la fisica delle particelle su una via senza uscita. Dal punto di vista filosofico, il dibattito quasi non c'è stato, perché i fisici erano troppo impreparati per potersi permettere una discussione sufficientemente approfondita. Perciò tutto si risolse in domande e risposte speciose fondate su esperimenti soltanto ideali.

Incapaci di distinguere tra il singolo elettrone e un fascio di elettroni, non solo si limitarono a chiedersi come potevano gli elettroni essere simultaneamente onde e particelle, ma pretesero persino di immaginare l'esperimento cruciale che confermasse o l'una o l'altra ipotesi. E così si ideò l'esperimento delle due fenditure che si risolse in un'assurdità: il singolo elettrone passa attraverso due fenditure contemporaneamente.

Se per comodità di polemica accettiamo quell'esperimento, che cosa possiamo osservare? In primo luogo, che non è sperimentabile il passaggio di un solo elettrone ma si può soltanto sperimentare un fascio di elettroni. Ora, mentre solo una parte degli elettroni passa per l'una o l'altra fenditura, l'onda, e quindi il rilevamento delle frange caratteristiche, è il risultato del complesso degli elettroni. Ragionando in questi termini, la faccenda non si presenta in maniera così mistica come si è voluto far credere. Quanto poi a stabilire il passaggio di un singolo elettrone attraverso l'una o l'altra fenditura (o peggio ancora attraverso entrambe) non c'è esperimento reale o ideale che possa permetterlo. In definitiva, i paradossi della natura, che i fisici credettero di scoprire, dipesero soltanto dalla pretesa di poter giudicare in base all'oggetto singolo che è indeterminabile.

L'impossibilità di prevedere il movimento dell'elemento singolo, sia esso elettrone, fotone o altro rappresentò la conclusione alla quale i fisici arrivarono con Heisenberg, senza però alcuna soddisfazione teorica, e non tutti persuasi. Ciò perché l'inconoscibilità della singola particella dipende soltanto dal fatto che la sua traiettoria, la sua posizione in un certo istante, ecc. è puramente casuale e indeterminabile come necessità. La probabilità di trovare una particella in un certo luogo non risolve nulla, e aumenta l'incertezza. L'unica certezza può quindi essere trovata nella statistica complessiva. (Continua)

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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume secondo  Fisica" (1993-2002) Inedito
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