mercoledì 15 settembre 2010

Ogni cosa al suo posto, caro Hawking

Qual è il posto della scienza? E qual è quello della religione? La religione è forse il più antico prodotto storico sociale dell'umanità: un'esigenza di spiegare l'inspiegabile, di capire e nel contempo di trovare conforto dai mali del mondo, un'esigenza di protezione e anche di sollievo. La stessa esigenza ha dato origine alla scienza, che, per usare una metafora, è stata partorita dalla stessa teologia: dunque una figlia che, cresciuta, ha preteso camminare con le proprie gambe, inciampando però su un sacro divieto.

Il “caso Galileo” insegna! Come compromesso, che ha permesso una relativa e condizionata autonomia della figliola prodiga dalla severa madre, la scienza ha accolto il suggerimento di Osiander-Bellarmino: restare lontana dalla pericolosa conoscenza reale, diventando sempre più convenzionale e fittizia.

Può sembrare paradossale, ma è stata soprattutto la scienza del Novecento che più si è piegata al suggerimento di stare alla larga dalla conoscenza reale. Infatti, se Laplace aveva potuto ancora dire di non aver alcun bisogno dell'ipotesi divina a un imperatore che stava ripulendo il mondo della storia umana dai residui feudali, liberando la strada al giovane capitalismo, Einstein, dopo aver cambiato il mondo della fisica in termini solo convenzionali e fittizi, poté solo dichiarare: "Dio non gioca a dadi", riconfermando quel determinismo che, storicamente, si è sempre fondato sulla causa prima divina, aborrendo il caso e la conseguente cieca necessità.

Ora, perché nonostante questo vecchio patto secolare, ogni tanto escono fuori polemiche vivacissime tra scienza e religione? I motivi storici sono molti, alcuni dei quali anche comici, come il seguente:  il pluralismo relativistico, che domina l'attuale scienza nella forma della moltiplicazione dei più diversi paradigmi convenzionali, confermando così il vecchio consiglio di Osiander-Bellarmino, pretende però di farsene portavoce proprio nei confronti della teologia, accusata di essere troppo assolutistica. Insomma, la scienza pluralista e relativista si rivolta da tempo alla vecchia madre teologica pretendendo che valga anche per essa l'obbligo del pluralismo e del relativismo!

Se però vogliamo intendere l'evento che ha occasionato queste brevi riflessioni, ossia la presa di posizione ateistica di Hawking sull'origine dell'universo, la spiegazione sembra semplice e congeniale ai nostri tempi: si tratta di un voluto chiasso mediatico per sponsorizzare l'ultimo libro, scritto a quattro mani e pensato da due cervelli ... matematici. Per non creare polemiche -ma ben vengano se non se ne può fare a meno- accenniamo soltanto alla circostanza per la quale il pensiero matematico si fonda sulla logica metafisica del tipo: o-o, 0-1, bianco-nero, la quale non è adatta alla profonda riflessione concettuale, assai più congeniale al raffinato e avveduto pensiero teologico.

Ma se le cose stanno così, che cosa si dovrebbe fare? Approfittarne facendo comparsate sui quotidiani o farsi ricordare per qualche banale commento? Chi scrive ha pensato bene di approfittarne per "postare" le due seguenti pagine ad uso e consumo di chi voglia farsi un'idea reale sul rapporto che intercorre tra la scienza e la religione, senza tralasciare il rapporto tra la scienza e il capitale, dal quale essa dipende economicamente.
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