sabato 9 giugno 2018

3] Boncinelli: "La questione della coscienza"

"La coscienza: "la madre di tutti i problemi"."

"E veniamo alla questione della coscienza. Che cosa accade al vertice di tutto quanto abbiamo descritto e che ci fa talvolta percepire qualcosa o un intero mondo con grande evidenza e immediatezza?"  Boncinelli affronta la questione della coscienza, con le seguenti domande: "Che cosa ci fa dire: "penso questo", "credo questo", "sento questo", voglio questo"?"

Ma la coscienza dell'uomo non può avere a che fare con simili domande. Le domande devono essere poste sulla realtà del mondo esterno, perché se sono poste sul fittizio mondo della mente allora si finisce nel soggettivismo. Perciò, lo studioso che si pone simili domande non fa che partire da se stesso prevaricando la realtà del mondo. L'esaltazione dell'autocoscienza, se non si risolve nella conoscenza superiore dello studioso, dello scienziato che riflette la realtà del mondo, si risolve nella costruzione di un proprio mondo soggettivo.

Riguardo all'autocoscienza, Boncinelli afferma: "tendiamo a pensare che sia appannaggio esclusivo della nostra specie". Ma avrebbe dovuto affermare che soltanto la specie umana possiede una qualità della quale i singoli esseri umani non sempre fanno buon uso: la coscienza. Anzi, più spesso del dovuto, prevale il cattivo uso della coscienza e non soltanto nella politica, ma persino nell'attività scientifica . Invece, egli accarezza le tendenze fantascientifiche dell'uomo, quando, dopo aver scritto: "tendiamo a pensare che sia appannaggio esclusivo della nostra specie questa autocoscienza", avanza il dubbio che anche alcuni macchinari costruiti dall'uomo possano arrivare alla coscienza. E non è finita perché le coscienze aumentano di numero quando egli arriva a concepire "tre forme o tre livelli di coscienza".

"Le prime due -la consapevolezza e la coscienza esplicitabile condivisa-* possono essere studiate scientificamente, mentre non è chiaro se sia possibile per la coscienza fenomenica, qualunque essa sia. La scienza, infatti, studia ciò che è riproducibile, utilizzando un approccio intersoggettivo e non sappiamo ancora se ciò si possa applicare alla coscienza fenomenica".

Ma vediamo che significato possa avere la pretesa "nostra coscienza". Anche se ho seri dubbi sul fatto che la forma di coscienza di Boncinelli possa andare d'accordo con quella dell'autore di questo blog. Ma, più in generale ancora, se per "nostra coscienza", Boncinelli intendesse la coscienza di ogni uomo, allora si potrebbe dire che troppe sono le varietà delle coscienze, da quelle del tutto incoscienti a quelle che si contendono il primato di vera coscienza e non solo nel campo della scienza ufficiale, ma anche della politica.

"L'origine storica della nostra coscienza"

Qui sembra che Boncinelli abbia le idee piuttosto confuse sul problema dell'origine storica della coscienza umana.  Ad un certo punto, all'inizio del paragrafo intitolato "Un modello analogico della coscienza", compare la seguente proposizione"Nel tentativo di elaborare un'immagine mentale del fenomeno, qualche anno fa ho avanzato una proposta sul modo in cui possiamo pensare la coscienza. Non è in realtà molto di più di una metafora, ma una metafora, lo sappiamo, può aiutarci molto a inquadrare problemi particolarmente delicati. Si tratta di una metafora che attinge elementi dal mondo delle neuroscienze e da quello dei computer".

Come evitare la "computerizzazione" della coscienza e dell'intelligenza umana, quando va così di moda utilizzarla per ogni incombenza? Insomma, pretendere l'esistenza di un'analogia tra il comportamento del computer e il comportamento del cervello umano è la strada migliore per finire... fuori strada. Perciò non intendo, affatto, servirmi di frasi "computerizzate", nel senso che cerchino un'analogia tra il funzionamento del computer e il funzionamento del cervello umano. Ciò che si può fare è sottolineare l'errore riduzionistico di Boncinelli applicato al cervello umano. Un riduzionismo veramente estremo, come si può evincere dal seguente passo: "La creazione e il mantenimento degli atomi del presente che costituiscono la nostra vita mentale e la comprensione stessa degli eventi della nostra esistenza dipendono quindi dal gioco delle nostre aspettative, cioè dalla nostra capacità di anticipare il futuro, istante per istante (sic!), e di riconsiderare in continuazione gli esiti della verifica di tali anticipazioni."

E non è finita, perché Boncinelli pretende anche di rendere statica una dinamica sempre in evoluzione che il suo pensiero atomizza in istanti successivi, neppure si trattassero di marionette. "In quest'ottica, il presente si identifica istante per istante con un lavoro di spola, localmente bidirezionale fra il passato e il futuro che diviene passato. Con una certa, inevitabile asimmetria. Il passato vi figura infatti tanto come passato immediato, quanto come passato remoto o comunque registrato (?!); il futuro soltanto come futuro immediato, il futuro delle anticipazioni. Il passato metabolizzato, sedimentato e registrato genera, attraverso le conoscenze richiamate di volta in volta alla mente, le nostre aspettative e anticipazioni. Queste vengono confrontate con la realtà registrata transitoriamente come passato immediato, la cui contemplazione aggiorna, per così dire, le nostre anticipazioni e il gioco ricomincia". "Fino a che non si raggiunge la pace o ci si rassegna. Oppure si viene distratti e impegnati in un nuovo episodio e o in un nuovo lavoro di spola. Questo andirivieni, questo traghettare di momento in momento il possibile nel reale, ha tutte le caratteristiche che è logico attribuire alla percezione come finalizzata all'azione, almeno potenziale, e alla sua progettazione".

E, dopo questo lungo brano contorto e incomprensibile, si arriva alla conclusione che stigmatizza Boncinelli come sostenitore di un riduzionismo estremo, ossia di un riduzionismo che riduce ogni singolo uomo a una marionetta senza fili: "Quella che chiamiamo coscienza o vita interiore è dunque una collezione di atomi di presente. Ogni atomo di presente inizia, si mantiene per qualche istante e decade, per lasciare spazio mentale a un altro atomo di presente. Noi non abbiamo alcuna consapevolezza di una simile frammentazione della nostra coscienza, che ci appare, al contrario, come un continuo, anzi come un continuo presente in virtù di una delle funzioni principali della nostra corteccia cerebrale, quella di fornirci una visione sempre ragionevole, unitaria e continua dei contenuti della nostra vita mentale interiore".

Infine, la conclusione del paragrafo sui sogni, che riguardano la "seduta psicoteraupeutica", la lasciamo volentieri ai freudiani. Così come tutta la serie di paragrafi che chiudono la seconda parte del saggio di Boncinelli, prima di affrontare, la terza e ultima parte: "Il tramonto", che può interessare direttamente i vecchi, come lo sono lo stesso Boncinelli e l'autore di questo blog.


*  Ma è più facile, per l'uomo, condividere le più diverse forme di incoscienza.

  
 Da  "La vita della nostra mente" (2011)  di Edoardo Boncinelli

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