domenica 7 gennaio 2018

Hegel. La dialettica singolo-complesso 1. Introduzione

Abbiamo in più occasioni riferito la soluzione del rapporto caso-necessità al rapporto singolo-complesso che rappresenta un concetto polare nuovo, mai indagato nella teoria della conoscenza. Lo scopo di questo capitolo è di impostare e risolvere questo nuovo rapporto concettuale che permette la definitiva soluzione della dialettica caso-necessità.

Partiamo da una contraddizione che incontriamo nella "Logica"*, contraddizione relativa alla definizione di individuo: prima Hegel concepisce l'individuo come il "concreto", "come qualcosa avente molte qualità", "una cosa avente molteplici proprietà, un reale dalle molteplici possibilità, una sostanza avente appunto tali accidenti", poi afferma che "l'individuo è universale", nel senso che "questo è un universale essenziale". Ora, come intendere l'individuo universale? Come totalità complessiva o come sostanza semplice alla maniera di Leibniz?

Hegel distingue tra la totalità soggettiva, cioè la pluralità dei casi, "la totalità cioè dei casi giunti a conoscenza", dalla totalità oggettiva, che per lui consiste nel genere. Ad esempio, l'espressione "tutti gli uomini esprime primieramente il genere umano; in secondo luogo poi esprime questo genere nel suo smembramento, ma in modo tale che gli individui sono in pari tempo ampliati a universalità del genere;...". "Invece di tutti gli uomini si deve dire ormai: l'uomo". "L'universalità, che è sorta per questa via, è il genere". Così: "Ciò che conviene a tutti gli individui di un genere conviene per sua natura al genere". E questo è per Hegel il giudizio di necessità: la necessità riguarda l'individuo uomo inteso come genere, come totalità.

Dire "l'uomo" significa, perciò,. dire l'individuo complessivo, ovvero il complesso di tutti gli uomini o genere umano. Ed è a riguardo del complesso che possiamo dare un giudizio di necessità. La soluzione è dunque la seguente: l'individuo è universale solo in quanto è l'uomo-genere, ossia l'universo intero degli uomini per il quale vale la necessità. L'individuo singolo rimane, invece, un che di accidentale.

Hegel dice ancora che il genere "si rompe essenzialmente in specie", "e la specie è specie solo in quanto da un lato esiste in individui, e in quanto dall'altro lato è nel genere una universalità superiore". Ora, la distinzione tra universale, particolare e singolare (o genere, specie, individuo) non è così semplice come appare a prima vista, per definizione. In primo luogo, se è chiaro che la necessità riguarda l'universale (il genere) e il caso riguarda il singolare (l'individuo appartenente al genere), che cosa si può affermare attorno al particolare (alla specie)? In secondo luogo, se il genere rappresenta il complesso e l'individuo il singolo elemento del complesso, dove porre la specie particolare?

Si tratta di una questione complessa, la cui soluzione è d'importanza fondamentale per l'indagine scientifica e, quindi, per la teoria della conoscenza. Nei confronti del genere, del complesso universale, la specie appare come una singolarità, mentre nei confronti dei singoli individui la specie appare un complesso sia pure particolare. Così, nei confronti della necessità universale, la specie appare caso singolo, mentre, nei confronti del caso relativo ai singoli elementi in essa contenuti, appare necessità sia pure particolare.

Criticando il determinismo meccanicistico, Hegel, dopo aver attribuito la cieca sorte (la cieca necessità) al meccanismo, dice: "Per fare qualche osservazione a proposito, la sorte del vivente è in generale il genere, il quale si manifesta con la caducità degli individui viventi, che nella loro individualità non l'hanno come genere. In quanto semplici oggetti le nature viventi, come pure le rimanenti cose di grado più basso, non hanno sorte. Quello che capita loro è una accidentalità".

Qui è espresso perfettamente il fatto che la reale necessità riguarda il complesso, che si manifesta mediante la caducità dei singoli individui, ovvero mediante la loro reale casualità. E quando Hegel afferma: "Nel processo del genere tramontano le separate singolarità della vita individuale", fornisce l'espressione più esatta per rappresentare il fatto che nel complesso necessario scompaiono le singole vite individuali soggette al caso. Ciò che resta da chiarire e da risolvere è la situazione della specie particolare che s'interpone tra il complesso generale necessario e l'individuo singolo casuale. Insomma, la questione è: come dobbiamo considerare la specie all'interno della dialettica singolo-complesso e in relazione alla dialettica caso-necessità?

Hegel distingue tra "individuo universale" e "individuo particolare": il primo è l'individuo dalle infinite determinazioni, il secondo ha solo una o poche determinazioni; il primo coincide, quindi, con il genere, il secondo, allora, può essere, nei confronti del genere sia il singolo individuo che il complesso particolare. Ma occorre ancora distinguere, riguardo all'"individuo particolare". Occorre un esempio.

Prendiamo come genere universale l'umanità, la specie umana, per la quale i singoli uomini rappresentano i singoli elementi che la costituiscono. Ora consideriamo una particolare specie, ossia un particolare complesso di individui: ad esempio, la classe operaia. Avremo così la seguente distinzione: genere universale "uomo", specie particolare "classe operaia", singoli individui = singoli operai. Insomma, il genere uomo contiene la classe operaia, la quale contiene i singoli come suoi costituenti.

Ma se concepiamo la classe operaia, a sua volta, come genere universale (sia pure di grado inferiore), possiamo considerare, ad esempio, la classe operaria manufatturiera come specie particolare. Così avremo la seguente distinzione: universo della classe operaia, specie particolare classe operaia manifatturiera, singoli operai manifatturieri. E si può andare avanti così: ad esempio, prendendo come universo la classe operaia manifatturiera per trovare la specie particolare degli operai di fabbrica, ecc. Per concludere: tra il genere universale e i suoi singoli elementi possiamo trovare una serie di specie particolari, una sorta di contenitori di contenitori.

Allora, se consideriamo un determinato contenitore, a sua volta contenuto da, e contenente un, altro contenitore, quando cerchiamo le leggi di necessità, come dobbiamo operare? Risponderemo a questa domanda nei prossimi paragrafi. Nel frattempo dobbiamo sottolineare un'altra difficoltà riguardo al concetto di genere universale. Come abbiamo visto, ogni cosa singola appartiene al suo genere: così, ad esempio, un uomo appartiene al genere umano, una stella appartiene al genere delle stelle, un linfocita al genere dei linfociti. Ora, anche a prima vista, qui si evidenzia una differenza qualitativa: mentre nella realtà si dànno generi universali realmente esistenti come ad esempio il genere uomo, che esiste come specie umana, o il genere stella che esiste come galassie di stelle, quando si considera il genere dei linfociti l'astrazione genere universale si concretizza nei singoli sistemi immunitari di ogni singolo organismo di molte diverse specie animali.

Insomma, qui si tratta solo di un astratto contenitore che, sebbene non esista nella realtà materiale, fornisce, per così dire, la materia prima ai generi reali, ossia a quei complessi che sono il risultato reale della evoluzione delle forme materiali. Come vedremo in seguito ciò che occorre sottolineare, dal punto di vista di una corretta teoria della conoscenza, è il concetto di genere universale in quanto depositario della ineludibile necessità, ma anche in quanto fornitore della materia prima per l'evoluzione delle forme materiali non viventi e viventi.

La circostanza per la quale, per alcune forme materiali, il genere universale compaia realmente anche come primo contenitore della serie finita di contenitori, a loro volta contenuti, è una questione che vedremo in seguito, e che comunque si risolve indagando la specificità delle reali forme materiali nelle scienze della natura. seguente...

* Abbreviazione di "Scienza della Logica"


Tratto da "Il caso e la necessità. L'enigma svelato" Volume primo. Teoria della conoscenza (1993-2012)

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