Da "NATURA INCOMPLETA" (2013) di Terrence W. Deacon.
Dopo aver considerato brevemente, sulla questione della causalità, la posizione di pensatori e studiosi delle origini della scienza moderna (come Francis Bacon, René Descartes, Baruch Spinoza) l'autore, Deacon, conclude: "Ciascuno alla sua maniera, questi pensatori riconoscevano che fare appello a contenuti mentali come cause fisiche serve poco più che a indicare una scatola nera senza aprirla".
Ed è qui che egli si scontra con una questione che solo chi scrive ha finora sollevato, riguardo alla concezione degli organismi intesi come macchine: e cioè che si tratta di una pura e semplice metafora. Infatti scrive: "La metafora della macchina è una semplificazione eccessiva e fuorviante. La tacita impostazione di una visione modellata sugli artifici umani, con la sua implicita logica del progetto, nel quadro di una metafisica materialistica che restringe l'introduzione di ogni cosa che somigli a una relazione di causa finale, genera la necessità logica di un universo caratterizzato dal telos ex machina, ove cioè disegno e finalità possono essere soltanto imposti dall'esterno. In un mondo simile noi sembriamo accidentali robot in cui girano ciecamente programmi generati dal caso".
Dopo aver considerato brevemente, sulla questione della causalità, la posizione di pensatori e studiosi delle origini della scienza moderna (come Francis Bacon, René Descartes, Baruch Spinoza) l'autore, Deacon, conclude: "Ciascuno alla sua maniera, questi pensatori riconoscevano che fare appello a contenuti mentali come cause fisiche serve poco più che a indicare una scatola nera senza aprirla".
Ed è qui che egli si scontra con una questione che solo chi scrive ha finora sollevato, riguardo alla concezione degli organismi intesi come macchine: e cioè che si tratta di una pura e semplice metafora. Infatti scrive: "La metafora della macchina è una semplificazione eccessiva e fuorviante. La tacita impostazione di una visione modellata sugli artifici umani, con la sua implicita logica del progetto, nel quadro di una metafisica materialistica che restringe l'introduzione di ogni cosa che somigli a una relazione di causa finale, genera la necessità logica di un universo caratterizzato dal telos ex machina, ove cioè disegno e finalità possono essere soltanto imposti dall'esterno. In un mondo simile noi sembriamo accidentali robot in cui girano ciecamente programmi generati dal caso".
Deacon insiste giustamente sul seguente punto: "Le macchine sono semplificazioni del mondo delle cause. Astrattamente concepita una macchina è finita, e tutte le sue caratteristiche e tutti i suoi stati futuri sono interamente descrivibili". "La metafora del mondo come macchina richiede implicitamente un orologiaio, anche quando ne nega l'esistenza". Ma, solo apparentemente in disaccordo con la suddetta concezione meccanicista, egli introduce il concetto di "entenzionale"*. E a chi scrive pare proprio che il libro, che stiamo considerando, sembra riprendere l'indagine antideterministica degli "studi e riflessioni di un autodidatta", però, soltanto allo scopo di salvare il determinismo con un escamotage. Vediamolo. Intanto egli ritorna sui quattro tipi di causalità aristotelica, e si sofferma soprattutto sulla causa finale.
"Tutti gli oggetti fatti secondo un progetto, tutte le azioni eseguite di proposito, le funzioni, le cose prodotte per comunicare, e in ultima analisi tutti i pensieri e le idee sono fenomeni che presentano qualche forma di causalità finale" (precisiamo: ma solo perché riguardano attività e prodotti umani realizzati secondo un fine). E, infatti, Deacon ritiene che negli affari umani "dalla psicologia, all'antropologia, alla giurisprudenza, qualche versione della causazione finale è ancora ritenuta essere l'influenza fondamentale".
Ma in natura, la questione si presenta in tutt'altra maniera. Ad esempio, consideriamo il concetto di "emergenza", oggi di moda e che abbiamo già analizzato su questo blog: esso avrebbe dovuto risolvere la questione del passaggio dal singolo al complesso. Deacon cita l'eminente chimico-fisico Harold Morowitz, il quale "elenca e descrive più di 20 "emergenze" nella storia del cosmo, dalla formazione delle stelle all'apparizione del linguaggio".
Ma il termine "emergenza" è solo una parola che non descrive, né spiega il reale processo della materia nel cosmo: se è ovvio che, a partire dal big bang per arrivare alla coscienza sul pianeta Terra, di novità evolutive ne sono accadute parecchie, resta però il problema, per la coscienza umana, di renderne conto concettualmente. E ciò può avvenire soltanto o mediante il vecchio e mai morto determinismo di causa-effetto, oppure mediante la nuova dialettica caso-necessità che solo da poco tempo emette i suoi primi vagiti! Altre vie non ce ne sono per le scienze della natura.
Così, l'"emergenza" di per sé non risolve il problema, perché si limita a frapporsi tra le due suesposte concezioni, favorendo l'erroneo probabilismo indeterministico, che è una concezione a metà strada, intermedia tra le precedenti. Se le due concezioni sopraddette sono concezioni complete, valide però soltanto nei loro rispettivi campi, quello delle macchine e quello della natura, e se l'errore umano è stato pretendere che la prima concezione meccanicistica potesse valere anche per la natura, l'aver scoperto la sua insussistenza ha prodotto varie formulazioni di indeterminismo, delle quali l'"emergenza" è solo la più recente.
Riassumiamo: le due concezioni, sopraindicate, quella deterministica (causa-effetto) e quella dialettica (caso-necessità) sono entrambe completamente valide nei loro rispettivi campi: la prima appartiene alla sfera dei prodotti tecnologici dell'uomo, la seconda appartiene alla sfera dei prodotti naturali. Invece, la terza concezione, quella indeterministica (a cominciare dall'indeterminismo della fisica quantistica per finire con l'emergenza) è una concezione campata in aria.
Se poi passiamo alla teoria della evoluzione, per come la descrive Deacon, sembra quasi che la concezione dialettica cominci a fare breccia nelle strette maglie dei sostenitori, rispettivamente, del determinismo e dell'indeterminismo. Infatti, egli scrive: "La teoria della selezione naturale, tuttavia, non è esattamente una teoria meccanicistica. Il modo migliore di definirla è come una forma di inferenza statistica, in larga misura agnostica quanto al meccanismo [?] da cui dipende". Come si vede, anche Deacon, non riesce a togliersi dalla testa i meccanismi che sono pur sempre deterministici! Non si rende conto che il preteso "agnosticismo" è la conseguenza logica della inesistenza di qualsiasi meccanismo in natura.
Ma se vogliamo chiarire la posizione di Deacon, partendo proprio dall'"emergenza", non dobbiamo fare altro che prendere in considerazione quanto segue. Egli scrive: "Riformulando il problema in termini di processi e organizzazioni, invece che di parti e interi, il concetto di emergenza non incorre più nelle accuse di ridondanza causale e circolarità esplicativa. Dato che non vi sono entità materiali che non siano anche processi, e dato che i processi sono definiti dalla loro organizzazione, dobbiamo riconoscere la possibilità che l'organizzazione stessa sia un determinante fondamentale della causalità fisica".
Tutto questo discorso è un'assurdità perché collega tra loro due concetti che appartengono a sfere opposte: il primo, il "processo", è qualcosa che appartiene principalmente alla produzione naturale e anche all'uomo ma solo in quanto natura; il secondo, l'"organizzazione", appartiene soltanto alla sfera della produzione umana artificiale. E così Deacon può arrivare alla conclusione da lui voluta e preparata ad arte: "Ciò segnala anche un cambio di paradigma [!]. Un approccio in termini di processo ci costringe ad abbandonare i due pilastri delle teorie classiche dell'emergenza: sopravvenienza e mereologia".
Per sopravvenienza s'intende il rapporto delle proprietà emergenti con le proprietà sottostanti dalle quali hanno avuto origine. Si tratta cioè di sapere da dove "sopravvengono". Deacon scrive: "Dobbiamo insomma ancora chiederci se vi sia nella organizzazione di un processo qualcosa di causalmente rilevante al di sopra e al di là dei processi di livello inferiore e delle loro influenze causali". Ma così dicendo, egli non fa che ricondurre anche l'"emergenza" al rapporto di causa ed effetto; e può farlo perché a torto concepisce i processi naturali come organizzazioni! E quindi non è neppure un caso, se l'autore, a pagina 422, verso la fine del suo libro, si senta ormai libero di coniare l'ossimoro "emergenza deterministica".
Il suo specifico errore lo troviamo nel seguente passo conclusivo sul concetto di informazione: "Quello di informazione è un concetto unificante centrale nelle scienze. Svolge ruoli essenziali in fisica, nella teoria del calcolo e del controllo in biologia, nelle neuroscienze cognitive e nelle scienze psicologiche e sociali". Strano che manchino all'appello la storia delle potenze (dove molta importanza è stata data allo spionaggio, dal quale il pensiero anglosassone ha trasliterato il termine stesso di informazione) e la teoria della conoscenza (dove si sono rotti la testa per approfondirlo).
Giunti a questo punto, possiamo concludere citando un passo che conferma lo scadimento della teoria della conoscenza attuale, assoggettata al dominio di un concetto artificioso come l'informazione. Dopo aver osservato che il termine informazione ha preso piede da per tutto, Deacon scrive: "Ciò ha condotto alcuni autori a suggerire che l'universo sia fatto di informazione e non di materia". E se egli non si dichiara del tutto d'accordo, è solo perché preferisce proporre il concetto di organizzazione causale, ripristinando un rinnovato determinismo. In conclusione, gira e rigira, nessun appartenente alla comunità scientifica sembra avere il coraggio di sbarazzarsi del determinismo dalle scienze naturali!
"Tutti gli oggetti fatti secondo un progetto, tutte le azioni eseguite di proposito, le funzioni, le cose prodotte per comunicare, e in ultima analisi tutti i pensieri e le idee sono fenomeni che presentano qualche forma di causalità finale" (precisiamo: ma solo perché riguardano attività e prodotti umani realizzati secondo un fine). E, infatti, Deacon ritiene che negli affari umani "dalla psicologia, all'antropologia, alla giurisprudenza, qualche versione della causazione finale è ancora ritenuta essere l'influenza fondamentale".
Ma in natura, la questione si presenta in tutt'altra maniera. Ad esempio, consideriamo il concetto di "emergenza", oggi di moda e che abbiamo già analizzato su questo blog: esso avrebbe dovuto risolvere la questione del passaggio dal singolo al complesso. Deacon cita l'eminente chimico-fisico Harold Morowitz, il quale "elenca e descrive più di 20 "emergenze" nella storia del cosmo, dalla formazione delle stelle all'apparizione del linguaggio".
Ma il termine "emergenza" è solo una parola che non descrive, né spiega il reale processo della materia nel cosmo: se è ovvio che, a partire dal big bang per arrivare alla coscienza sul pianeta Terra, di novità evolutive ne sono accadute parecchie, resta però il problema, per la coscienza umana, di renderne conto concettualmente. E ciò può avvenire soltanto o mediante il vecchio e mai morto determinismo di causa-effetto, oppure mediante la nuova dialettica caso-necessità che solo da poco tempo emette i suoi primi vagiti! Altre vie non ce ne sono per le scienze della natura.
Così, l'"emergenza" di per sé non risolve il problema, perché si limita a frapporsi tra le due suesposte concezioni, favorendo l'erroneo probabilismo indeterministico, che è una concezione a metà strada, intermedia tra le precedenti. Se le due concezioni sopraddette sono concezioni complete, valide però soltanto nei loro rispettivi campi, quello delle macchine e quello della natura, e se l'errore umano è stato pretendere che la prima concezione meccanicistica potesse valere anche per la natura, l'aver scoperto la sua insussistenza ha prodotto varie formulazioni di indeterminismo, delle quali l'"emergenza" è solo la più recente.
Riassumiamo: le due concezioni, sopraindicate, quella deterministica (causa-effetto) e quella dialettica (caso-necessità) sono entrambe completamente valide nei loro rispettivi campi: la prima appartiene alla sfera dei prodotti tecnologici dell'uomo, la seconda appartiene alla sfera dei prodotti naturali. Invece, la terza concezione, quella indeterministica (a cominciare dall'indeterminismo della fisica quantistica per finire con l'emergenza) è una concezione campata in aria.
Se poi passiamo alla teoria della evoluzione, per come la descrive Deacon, sembra quasi che la concezione dialettica cominci a fare breccia nelle strette maglie dei sostenitori, rispettivamente, del determinismo e dell'indeterminismo. Infatti, egli scrive: "La teoria della selezione naturale, tuttavia, non è esattamente una teoria meccanicistica. Il modo migliore di definirla è come una forma di inferenza statistica, in larga misura agnostica quanto al meccanismo [?] da cui dipende". Come si vede, anche Deacon, non riesce a togliersi dalla testa i meccanismi che sono pur sempre deterministici! Non si rende conto che il preteso "agnosticismo" è la conseguenza logica della inesistenza di qualsiasi meccanismo in natura.
Ma se vogliamo chiarire la posizione di Deacon, partendo proprio dall'"emergenza", non dobbiamo fare altro che prendere in considerazione quanto segue. Egli scrive: "Riformulando il problema in termini di processi e organizzazioni, invece che di parti e interi, il concetto di emergenza non incorre più nelle accuse di ridondanza causale e circolarità esplicativa. Dato che non vi sono entità materiali che non siano anche processi, e dato che i processi sono definiti dalla loro organizzazione, dobbiamo riconoscere la possibilità che l'organizzazione stessa sia un determinante fondamentale della causalità fisica".
Tutto questo discorso è un'assurdità perché collega tra loro due concetti che appartengono a sfere opposte: il primo, il "processo", è qualcosa che appartiene principalmente alla produzione naturale e anche all'uomo ma solo in quanto natura; il secondo, l'"organizzazione", appartiene soltanto alla sfera della produzione umana artificiale. E così Deacon può arrivare alla conclusione da lui voluta e preparata ad arte: "Ciò segnala anche un cambio di paradigma [!]. Un approccio in termini di processo ci costringe ad abbandonare i due pilastri delle teorie classiche dell'emergenza: sopravvenienza e mereologia".
Per sopravvenienza s'intende il rapporto delle proprietà emergenti con le proprietà sottostanti dalle quali hanno avuto origine. Si tratta cioè di sapere da dove "sopravvengono". Deacon scrive: "Dobbiamo insomma ancora chiederci se vi sia nella organizzazione di un processo qualcosa di causalmente rilevante al di sopra e al di là dei processi di livello inferiore e delle loro influenze causali". Ma così dicendo, egli non fa che ricondurre anche l'"emergenza" al rapporto di causa ed effetto; e può farlo perché a torto concepisce i processi naturali come organizzazioni! E quindi non è neppure un caso, se l'autore, a pagina 422, verso la fine del suo libro, si senta ormai libero di coniare l'ossimoro "emergenza deterministica".
Il suo specifico errore lo troviamo nel seguente passo conclusivo sul concetto di informazione: "Quello di informazione è un concetto unificante centrale nelle scienze. Svolge ruoli essenziali in fisica, nella teoria del calcolo e del controllo in biologia, nelle neuroscienze cognitive e nelle scienze psicologiche e sociali". Strano che manchino all'appello la storia delle potenze (dove molta importanza è stata data allo spionaggio, dal quale il pensiero anglosassone ha trasliterato il termine stesso di informazione) e la teoria della conoscenza (dove si sono rotti la testa per approfondirlo).
Giunti a questo punto, possiamo concludere citando un passo che conferma lo scadimento della teoria della conoscenza attuale, assoggettata al dominio di un concetto artificioso come l'informazione. Dopo aver osservato che il termine informazione ha preso piede da per tutto, Deacon scrive: "Ciò ha condotto alcuni autori a suggerire che l'universo sia fatto di informazione e non di materia". E se egli non si dichiara del tutto d'accordo, è solo perché preferisce proporre il concetto di organizzazione causale, ripristinando un rinnovato determinismo. In conclusione, gira e rigira, nessun appartenente alla comunità scientifica sembra avere il coraggio di sbarazzarsi del determinismo dalle scienze naturali!
* Nel glossario del libro Deacon fornisce la seguente defininizione di "entenzionale": "aggettivo generale che descrive tutti i fenomeni che sono intrinsecamente incompleti nel senso di essere in relazione a, costituiti da, o organizzati per realizzare, qualcosa di non intrinseco ad essi. In esso sono inclusi funzione, formazione, significato, riferimento, rappresentazione, agenzia, finalità, sensibilità e valore". Quanta terminologia lambiccata e fittizia!
Nessun commento:
Posta un commento