venerdì 26 novembre 2010

Materia oscura: l'intuizione di un autodidatta

Dopo aver letto un brano tratto da "Origini" (2005) di N. de Grasse Tyson e D. Goldsmith, chi scrive ha deciso di ribadire sinteticamente la sua soluzione della materia oscura, basata su una concezione realistica della evoluzione della materia nel cosmo, senza alcuna concessione a fantascientifici universi paralleli o altre cose del genere.

Il brano è il seguente: "Non ci stiamo inventando la materia oscura dal nulla; al contrario, ne deduciamo l'esistenza dai dati sperimentali, e possiamo affermare che la sua realtà è pari a quella dei cento e più pianeti extrasolari […]. Il peggio che possa accadere è che i fisici (o chiunque altro abbia un'intuizione profonda) scoprano che la materia oscura non è affatto composta da materia, ma da qualcos'altro, e che non riescano a confutare la nuova interpretazione. Potrebbe trattarsi dell'effetto di forze provenienti da un'altra dimensione? Oppure di un universo parallelo venuto a intersecare il nostro? Anche se così fosse, nessuna di queste possibilità eliminerebbe la necessità di ricorrere all'effetto gravitazionale della materia oscura nelle equazioni di cui ci serviamo per comprendere la formazione e l'evoluzione dell'universo".

Non c'è affatto bisogno di scomodare la fantascienza, quando si ha a disposizione qualcosa di reale che non è, però, mai stato approfondito. Come dimostriamo in un paragrafo di un volume inedito, sulla densità della materia ci si è accontentati di calcolare la situazione delle nane bianche e delle stelle di neutroni, dimenticando di cercare quale sia la massima densità della materia, che esprima la massima attrazione gravitazionale, ovvero la massima perdita di energia repulsiva radiante. Il mancato approfondimento di questa proprietà della materia è stato una conseguenza inevitabile della irrealistica soluzione dei buchi neri. Ciò che è stato definito buco nero è in realtà la condizione di massima densità della materia, conseguenza di un collasso estremo.

Come abbiamo, inoltre, già affermato, essendo la gravitazione una conseguenza dell'aggregazione della materia ottenuta con perdita di energia, ne consegue che la massima densità della materia coincide con la massima privazione di energia elettromagnetica, convertita nella massima attrazione gravitazionale e nel massimo momento angolare raggiungibili dai corpi cosmici.

Altre conseguenze di questa ipotesi sono espresse nelle tesi del 1996. Tra queste, ricordiamo che ogni collasso estremo, a cominciare dal Big Bang per continuare con i collassi estremi che hanno dato vita ai superammassi, agli ammassi e alle galassie, oltre ai grandi numeri di "buchi neri" stellari, ha lasciato al centro di questi contenitori masse di materia oscura gigantesche, che i cosmologi hanno dovuto ammettere un po’ a malincuore e solo per il centro delle galassie, non cercandole altrove.

Chi scrive ritiene che i cosmologi farebbero bene a concentrarsi sulla materia oscura che si trova al centro dei grandi contenitori cosmici, tentando di osservarla grazie alle "lenti gravitazionali", dimenticando, invece, l'inesistente energia oscura, giacché le accelerazioni che hanno osservato, indietro nel tempo, sono attribuibili solo ai collassi estremi che proiettano all'esterno energia e materia luminosa. Sia detto per inciso: ma come si è potuto pensare che una sola spinta, quella del Big Bang, potesse garantire una così lunga espansione a relativamente poca materia ordinaria, nonostante la presenza della reciproca gravità, considerando anche il contributo della materia oscura alla gravitazione universale?

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