domenica 21 novembre 2010

La soluzione del mistero della gravitazione nello spazio vuoto, privo di dimensioni e geometria

Per Smolin ("L'universo senza stringhe" 2006), "lo spazio ha tre dimen­sioni e una particolare geometria che impariamo a scuola": questo è stato il punto di partenza per le successive concezioni che hanno au­mentato il numero delle dimensioni spaziali. Ma qui non c'interessa il numero delle dimensioni riferite allo spazio: qui ci occupiamo della apparente ovvietà che lo spazio abbia delle dimensioni e una o più geo­metrie.

Il fatto accertato è che la materia, costituendo corpi, può acqui­sire delle dimensioni e una geometria, giacché le figure geometriche sono proprio astrazioni di corpi. Così la geometria euclidea, fornendo tre coordinate, ha permesso di ricostruire forme e dimensioni corporee astratte. Allora, dire che un corpo ha dimensioni spaziali e una geo­metria, significa dire che ha questa o quella grandezza, questa o quella forma geometrica. Ma lo spazio è il vuoto che può essere occupato dai corpi materiali che si muovono in esso. In quanto tale, non ha alcuna dimensione e soprattutto non ha alcuna geometria. O meglio, non ce le ha in senso reale, perché in fisica teorica le ha sempre avute entrambe in senso convenzionale e fittizio.

Ora, quando Smolin dice che, adottando la geometria euclidea, pos­siamo dire: "i raggi di luce sono deviati dai campi gravitazionali, i quali, a loro volta, reagiscono alla presenza della materia", perciò "l'unica conclusione da trarre è che la presenza della materia in­fluenzi la geometria dello spazio", non fa che preparare il lettore alla relatività generale come comoda finzione.

Ma se la materia ha la proprietà di attrarre gravitazionalmente, dobbiamo capirne la ragione, come giustamente pretendeva Galileo. Non guadagniamo, però, nulla in conoscenza reale affermando che un corpo materiale crea un campo che agisce sulla materia e sulla luce, dando luogo a una particolare geometria dello spazio. Insomma, che cosa deve es­sere questa gravitazione? Una irreale geometria dello spazio o una rea­le proprietà della materia? Il pensiero convenzionale, alla maniera di Einstein, dopo aver sostanziato lo spazio vuoto attribuendogli qualità materiali quali dimensioni e geometria, ha preteso sostanziare anche l'attrazione gravitazionale.

Ma ogni corpo cosmico è il risultato di un processo di aggregazio­ne della materia, reso possibile soltanto dalla perdita parziale di energia repulsiva. E' questa perdita che si rovescia dialetticamente in attrazione gravitazionale. La gravitazione è perciò fisicamente (realmente) la conseguenza di una perdita di energia repulsiva. E ciò vale sia per i corpi di grandi dimensioni, sia per le molecole e per gli atomi. Insomma, ciò che tiene unite le forme materiali, dal mo­mento in cui si sono prodotte, è soltanto la privazione di quella parte di energia repulsiva che, per così dire, agitava la materia in­forme.

Per avere solo una parziale idea di questa proprietà fisica si può pensare alle famose due mezze sfere di acciaio che rimasero incollate tra loro soltanto a causa della privazione dell'aria, ottenuta con il "vuoto spinto". Allo stesso modo, ciò che si è sempre chiamata forza di attrazione o forza di legame nei vari rami della fisica e della chi­mica altro non è che privazione, maggiore o minore, di energia.

Il cosmo in se stesso è un contenitore che, seguendo la legge del dispendio, ha speso la maggior parte della energia originaria, e quindi contiene una infima quantità di materia luminosa (rispetto a quella degenerata in materia oscura), che occupa una porzione infima dello spazio che la circonda. Negli enormi vuoti del cosmo, la gravi­tazione non è affatto una "essenza" che permea lo spazio incurvando­lo; così, il cosiddetto campo gravitazionale è solo un'espressione matematica che permette di calcolare l'entità dell'attrazione intrinseca dei corpi cosmici, a tutti i livelli: dai superammassi alle stelle.

Insomma, la gravità non può essere disgiunta dai corpi materiali che la esprimono come loro proprietà fisica, siano essi semplici stelle o complessi di contenitori cosmici. La gravità in se stessa è conseguenza di una perdita: il risultato di una determinata quantità di energia repulsiva perduta nella formazione dei corpi stessi. E ciò è tanto ve­ro, quanto vero è che il corpo, che più ha perduto energia divenendo "buco nero", è anche quello che esercita la massima attrazione gravitazionale, avendo perduto la massima energia repulsiva (radiante), acqui­sendo così la massima densità della materia.

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Scritto nel 2009 

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