domenica 7 novembre 2010

Dispendio ed eccezione statistica in biologia

Nell'introduzione alla sua opera fondamentale, Darwin spiega "la lotta per l'esistenza fra tutti i viventi ed in tutto il mondo", facendola dipendere "dalla loro elevata capacità di moltiplicarsi in ragione geometrica", e crede che si tratti della conferma della dottrina di Malthus da parte del mondo vivente. Infatti scrive: "Gli individui di ciascuna specie, che nascono, sono molto più numerosi di quanti ne possono sopravvivere e quindi la lotta per l'esistenza si ripete di frequente".

Se Darwin avesse accettato il fondamento casuale della selezione naturale, avrebbe potuto comprendere il dispendio relativo all'eccesso di nascite rispetto alla sopravvivenza. Invece, dando per scontato il dispendio, cercò la determina­zione necessaria della selezione naturale, credendo di trovarla nella lotta per l'esistenza; ma anche la lotta per l’esistenza doveva essere spiegata e Darwin ne trovò la causa proprio nella elevata capacità di moltiplicazione degli organismi viventi, superiore alla loro capacità di sopravvivere. In questo modo egli ottenne una formulazione determinista, stabilendo una connessione di causa ed effetto.

L'oggettivo e assoluto dispendio, per Darwin, è il dato di fatto che costituisce il punto di partenza della selezione naturale: ma concependolo come causa della lotta per l'esistenza, quest'ultima risulta un effetto determinato. Di conseguenza, se di tanti nati, pochi sopravvivono, saranno quelli più avvantaggiati nella lotta, ossia più adatti, a sopravvivere. Questa soluzione, oltre a rappresen­tare una pura e semplice tautologia, maschera il reale nesso tra dispendio e selezione naturale.

Se Darwin non fosse stato ostacolato dalla concezione dominante del suo tempo, il determinismo assoluto, se egli non avesse di conseguenza perseguito la ricerca della con­nessione causale, avrebbe senz'altro trovato la reale solu­zione dell’enigmatico rapporto di caso e necessità nella dialettica probabilità-frequenza statistica. E' sufficiente riflettere sul passo che segue la sopracitata proposizione sulla lotta dell'esistenza: "Ne consegue che qualsiasi vivente, che sia variato sia pur di poco, ma in un senso a lui più favorevole nel­l'ambito delle condizioni di vita, che a loro volta sono complesse ed alquanto variabili, avrà maggiori probabilità di sopravvivere, quindi sarà selezionato naturalmente".

Darwin non si era reso conto che questa formulazione "probabilistica" contraddiceva la formulazione "deterministi­ca". Ragionando deterministicamente egli era arrivato ad una soluzione tautologica: la lotta per l'esistenza determina la sopravvivenza di ogni singolo individuo adatto (ossia sopravissuto); ma,  ragionando probabilisticamente, l'individuo favorito da casuali variazioni ha solo maggiori probabilità di sopravvivere. Poiché inoltre queste probabilità dipendono "dalle condizioni di vita, che a loro volta sono complesse ed alquanto variabili", ossia dipendono in larga parte dal caso, ecco che di nuovo si ripresenta il terribile pasticcio: da dove viene la necessità se i singoli individui sono soggetti al caso e alle probabilità?

Darwin non uscirà mai dal circolo vizioso, perché non comprese che la probabilità relativa ai singoli individui si rovescia in frequenza statistica quando si considerano grandi numeri di questi individui: perciò il caso relativo ai singoli individui o a pochi individui si rovescia nella necessità relativa a grandi numeri di individui. Questa idea, del resto, non gli doveva essere del tutto estranea, se consideriamo che l'aveva già espressa in maniera esplicita Russel Wallace, il naturalista con il quale aveva dovuto condividere il merito della scoperta della selezione naturale. Però, neppure Wallace aveva compreso il dispendio implicito in quella che possiamo chiamare selezione statistica delle specie.

Da questo punto di vista, il vantaggio delle variazioni casuali dei singoli individui è irrilevante rispetto al vantaggio statistico per la sopravvivenza delle specie che producono abbondante prole, la maggior parte della quale perisce nel "groviglio della natura". Risulta come conseguenza che la sopravvivenza individuale costituisce un'eccezione statistica. Sulla base casuale dei grandi numeri relativi alla rapida moltiplicazione e alla altrettanto rapida estinzione, la selezione altro non è che la sopravvivenza di organi­smi rari ed eccezionali in senso statistico. Ma solo nei tempi lunghi tutto ciò si manifesta come selezione naturale necessaria di specie, generi, ecc. La selezione naturale è soltanto un risultato statistico fondato sul dispendio.

Il dispendio rappresenta il fondamento del rapporto statistico naturale, secondo il quale l'enorme numero di organismi che nascono costituisce una specie di serbatoio casuale il quale garantisce ciecamente il necessario risultato statistico: l'eccezione o bassa frequenza degli organismi che sopravvivono. Perciò la casualità della selezione naturale di singoli individui si rovescia nella necessità della selezione delle specie soltanto in termini statistici, per la legge dei grandi numeri.

E' solo con grande dispendio che la natura ha creato inconsapevolmente, in maniera ciecamente necessaria, i suoi capolavori, tra i quali, soprattutto, l'organismo cosciente. Per giungere fino al sorgere della specie umana, sono occorsi miliardi di anni e uno spreco incommensurabile di energia e vita. Ovunque si guardi nel grandioso processo della vita, noi troveremo il dispendio e l'eccezione statisti­ca come legge assoluta. Ciò può sorprendere soltanto chi non è in grado di distinguere il modo di operare della natura dal modo di operare dell'uomo. I prodotti della natura sono sempre incoscienti, casuali e perciò ciecamente necessari. L'uomo, invece, produce sempre secondo uno scopo cosciente, anche se è lontano da realizzare risultati voluti. Ma questa è un'altra storia: è la storia dell'uomo.

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Tratto da "Caso e necessità -l'enigma svelato -Volume terzo Biologia" (1993-2002) Inedito

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